sembra un film che parla dell'oggi, eppure racconta un massacro di due
secoli fa.
la città è Manchester, quella che è l'oggetto, venti anni dopo, de La situazione della classe operaia in Inghilterra, di Engels.
due ore e mezze necessarie, per preparare il terribile finale.
cosa rende il film attuale sono le parole (le facce non sono più quelle,
solo Mike Leigh e Ken Loach sanno trovarle ancora), quelle di allora sono le
stesse di oggi, legge e ordine, anarchia e disordine, il potere, che è
economico, e militare, quando serve, è sempre lo stesso, in due secoli non è
cambiato niente, ma forse sì, quelli che vogliono cambiare il mondo adesso sono
molti di meno.
I versi di Percy Shelley
Sollevatevi, come leoni dopo il torpore
In numero invincibile!
Fate cadere le vostre catene a terra, come
rugiada
Che in sonno sia caduta su di voi:
Voi siete molti – loro sono pochi!
sembrano versi d'altri tempi, e solo d'altri tempi, purtroppo.
Peterloo non mancherà di farvi soffrire, è sicuro, come è sicuro che
ringrazierete Mike Leigh per il Cinema che non si stanca di offrire -
Ismaele
ps: magari potete cercare Il giovane Karl Marx, se vi era sfuggito.
…La regia di Mike Leigh è monumentale.
Per la durata del racconto (più di due ore e mezza). Per l’afflato epico che lo
attraversa. Per la quantità di personaggi e di comparse coinvolti. Sembra
un film d’altri tempo, Peterloo. Corale,
stratificato, sontuoso. Storicamente accurato. Senza vistosi errori di
contesto. Con una rigorosa ricostruzione del clima sociale che
portò a quel tragico epilogo: la miseria del popolo, una tassa sul grano che
riduceva alla fame buona parte della popolazione, una tensione palpabile ed
esplosiva.
Ma a colpire è soprattutto il realismo
dei dettagli: il fango delle strade, l’erba alta nelle campagne, l’aria gelida,
gli oggetti di uso quotidiano. E poi – vero cuore del film – il massacro: quasi
30 minuti, quasi senza sangue, quasi da togliere il fiato. Inquadrature
gremite all’inverosimile, la calca, la “marmaglia” riunita in piazza, la
cavalleria che fende la folla, la polvere, le urla, il disordine, il panico, la
morte, il silenzio. Cinema da brivido. Cinema furente. Cinema
raggelante. Cinema come ormai non lo si fa quasi più.
…La ricostruzione fedele del fatto documentato
passa soprattutto per una vera e propria retorica del racconto
storico: l’attualità di Peterloo non sta
solo nella messa in scena, a rivoluzione industriale avviata e a pochi decenni
dall’industrializzazione dell’Inghilterra, dell’eterno scontro fra governatori
e governati, ricchezza e miseria, sfruttamento e lavoro, ma nel costruire tali
dinamiche – sempre uguali e sempre pertinenti a un preciso momento della Storia
– a partire dalle parole usate dalle parti in campo. È un film
sulla retorica del discorso politico, sull’importanza e la difficoltà
di trovare le parole giuste per l’azione politica.
Le 2 ore e 54 minuti del film – che possono
spaventare ma che la sceneggiatura dello stesso Leigh dipana
mantenendo una straordinaria tensione di idee e opposte visioni della società –
sono formate quasi esclusivamente da interventi e discorsi di riformisti,
giudici, ministri, principi, rivoluzionari e gente del popolo. Le parole,
usate per condannare, convincere, manipolare, ordinare, invocare, possono
diventare vuote e pompose, o al contrario precise e illuminanti; per quanto
urlate possono perdersi nel tumulto della battaglia e per quanto entusiastiche
possono smorzarsi di fronte alla nuda realtà dei fatti; la retorica può
influenzare tanto le lettere dei potenti privilegiati e grotteschi quanto i
comizi dei militanti invasati. È una questione di misura, giustezza, contesto…
Jeremy Corbyn ricorda il massacro di Peterloo
(16 agosto 1819)
Due secoli fa, in questa giornata, sul St
Peter’s Field a Manchester, la cavalleria dell’esercito caricò una folla di
pacifici manifestanti.
18 persone vennero uccise in quello che
divenne noto come il Massacro di Peterloo, tra di loro bambini, una donna in
gravidanza, e un veterano dell’esercito che aveva combattuto nella Battaglia di
Waterloo. Centinaia furono ferite o mutilate.
Più di 60.000 uomini, donne e bambini
della classe lavoratrice da Manchester e dalle città vicine si erano riuniti
per rivendicare la fine del lavoro dei bambini, dei bassi salari e del dominio
dei ricchi. Il meeting aveva l’atmosfera di un enorme festival comunitario –
pieno di famiglie, con bande locali che suonavano musica e oratori che davano
voce al desiderio di cambiamento.
La risposta delle autorità fu la
carneficina e il bagno di sangue. Loro temevano il popolo che si faceva valere.
Mentre le violente reazioni al massacro
raggiungevano tutto il mondo, l’establishment e il governo Tory serravano i
ranghi. Marchiarono i dimostranti come violenti rivoluzionari e diedero una
stretta di vite sui giornali che supportavano la loro causa. Non furono gli
uomini della cavalleria assassini ad essere successivamente imprigionati, ma
gli oratori che avevano parlato alla folla.
Ma la repressione non riuscì a fermare
l’emergere del movimento operaio. I sopravvissuti di Peterloo proseguirono e
aiutarono a formare il movimento Cartista e il primo movimento delle
Suffragette, facendo campagna per il diritto al voto degli uomini e delle
donne.
Questa è la nostra storia. Una linea
diretta corre da Peterloo alla fondazione del Labour Party, che esiste per
rappresentare gli interessi della maggioranza contro la elite ai vertici.
È il perché usiamo lo slogan ‘Per i molti,
non i pochi’. Viene dal poema di Percy Shelley, La Maschera
dell’Anarchia, scritto in risposta a Peterloo sul potere che il popolo ha
quando si unisce per il cambiamento:
Sollevatevi, come leoni dopo il torpore
In numero invincibile!
Fate cadere le vostre catene a terra, come
rugiada
Che in sonno sia caduta su di voi:
Voi siete molti – loro sono pochi!
…Ancor più che ne Il giovane Karl Marx di
Raoul Peck, l’affresco è corale e a tratti dolente, realizzato recuperando
cronache, documenti, canzoni operaie dell’epoca, e con una relativa economia di
mezzi registici; tutto concorre a dare risalto drammatico al finale che segna
la sconfitta sanguinosa di un movimento popolare nascente che continuò le sue
lotte nonostante le violenze di stato che dovette subire.
Tra l’altro, è una conseguenza diretta di quanto accaduto
a St Peter’s Fields la nascita del “The Guardian”, nel 1821, e Leigh non manca
di mostrare i giornalisti che furono presenti alla protesta di piazza, un fatto
allora abbastanza inedito: le loro cronache furono lette anche da P. B.
Shelley, che si trovava in Italia, ispirandogli il poema furente contro
l’oppressione di ogni popolo intitolato La maschera dell’anarchia.
Poi, una ventina d’anni dopo quei fatti, il giovane Engels si recò proprio
nelle fabbriche tessili di Manchester che vediamo nel film per il suo studio
fondamentale La situazione della classe operaia in Inghilterra.
In Peterloo, Leigh afferma con tutte le sue
armi retoriche che anche grazie ai protagonisti di questa pagina di storia, a
lungo tutt’altro che celebrata in Inghilterra, con il tempo alcune delle
rivendicazioni dei lavoratori di Manchester diverranno realtà. Ci consegna così
un’idea di “popolo” molto diversa da quella che viene costruita da molte parti
politiche odierne.
…Peterloo ci riguarda perché è un film sul linguaggio. Lo scontro che
inscena oppone due retoriche avverse: c’è la lingua dei potenti, che chiama
un’insurrezione malattia («There is a sick»), e quella dei poveri che iniziano
a sviluppare gradualmente un altro discorso, nelle cantine a lume di candela, a
parlare di protesta («Il problema non è se gli uomini hanno paura del buio, ma
se hanno paura della luce»). Ecco però una differenza: come nota duecento anni
dopo l’operaio Lindon in En
guerre, «i ricchi non
sono sempre d’accordo, ma loro non si dividono mai», così avviene anche in
questa guerra dove la massa produce distinguo, perché frequenta la democrazia
per la prima volta, e si scinde tra rivoluzionari e riformisti, pacifisti e
incendiari. Giovani e anziani. Uomini e donne. Nei volti tutti magnifici del
cinema di Leigh, motivo a sé per vedere i suoi film (e unico paragone possibile
con Ken Loach), le mogli sostengono la protesta “dei mariti” ma non sanno
ancora compiere un passo per sé…
…Non tutto può
essere veloce, immediato, nominale. Mike Leigh lo sa bene: girare Peterloo oggi, coi suoi 154 minuti, è il
contrario del tweet e della ricerca su google, non c’è alcuna fretta, serve
pazienza, bisogna aspettare e guardare. Per questo non ha senso vederlo su uno
schermo piccolo: ci riporta a un tempo, analogico e passato, in cui il cinema
presumeva il verbo andare, recarsi in
una sala senza scorciatoie («Non mi piace per niente che un film sia visto
attraverso uno smartphone»). È un’opera profondamente contemporanea proprio
perché quel contemporaneo lo contesta: in tal senso la protesta di St. Peter’s
Field è anche una rivolta di linguaggio. Nella strage finale infatti la folla
lontana non può vedere l’oratore, ovvero non mette a fuoco il discorso: le
parole non si sentono, ormai è troppo grande la distanza e non resta che la
tragica confusione della battaglia, Peterloo uguale Waterloo, due scontri nella
stessa guerra agli ultimi. I cronisti tra le rovine decidono di pubblicare i
dettagli e nel carrello che li segue coniano il termine Peterloo. Subito dopo la moglie del principe reggente
ripete soavemente la parola Tranquillity. Il
conflitto è tutto, ancora, nella lingua.
Quello di Mike Leigh è un film chiaro, su una strage
terribile ma simile ad altre, che proprio nelle pieghe della semplicità
apparente ripone questioni enormi: come bisogna vivere? Cosa siamo disposti ad
accettare e quando ribellarsi? Cos’è la democrazia, quale il modo per
esercitarla? Perché i potenti opprimono i più deboli, finirà? Leigh non
scioglie i dubbi ma li inscena, non risolve lo scontro ma lo propone, ne parla: Peterloo contro Tranquillity, in un vecchio/nuovo Ottocento nel quale
possiamo sempre scivolare.
E’ facile individuare i difetti di Peterloo: si tratta di un film lungo, povero d’azione e
estremamente fondato sulla parola; inoltre presenta una divisione manichea tra
la purezza delle classi lavoratrici e la disumana crudeltà dei potenti. Ma il
film di Leigh possiede una vitalità, vibrante di cinema e di impegno civile,
nella quale i difetti del film si sciolgono per trasformarsi in stile.
Leigh è uno dei veri, grandi artisti in grado di mutare il proprio risonante
messaggio politico in arte; per questo motivo Peterloo è una
gioia per gli occhi, mentre la sceneggiatura del film, con i suoi lunghi flussi
verbali, sembra ispirarsi al poema di Percy Bysshe Shelley “La maschera
dell’anarchia” (1819), scritto dal poeta subito dopo il sanguinoso evento.
Così come Shelley, Mike Leigh realizza,
con Peterloo, un visionario e magnifico poema volto a
scuotere le coscienze e dipingere, in forme quasi fiabesche e allegoriche, i
protagonisti di quel periodo contrastato, conclusosi nella violenza pià atroce
e ingiustificata. Da “poeta e letterato”, oltre che regista, Leigh sente
l’esigenza di forgiare figure archetipiche nella messa in scena del suo popolo
innocente e sfruttato: e in Peterloo troviamo
uomini, donne, eroi; madri e padri luminosi di innocenza, giovani vittime,
agitatori idealisti, pacifici o incendiari…
confermo che la pensiamo uguale. "due ore e mezze necessarie, per preparare il terribile finale..." su questa potremmo fare flic-e-floc
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