lunedì 27 giugno 2022

Una pazza giornata di vacanza – John Hughes

l'anno dopo Breakfast club un altro capolavoro di John Hughes.

è solo un giorno di vacanza da scuola, ma nelle mani di John Hughes e dei suoi ispirati attori diventa una bomba di geniale comicità.

cercatelo, nessuno resterà deluso, promesso.

buona visione di un giorno di vacanza da scuola, che avete fatto o avreste voluto fare - Ismaele


QUI si può vedere, in italiano

 

 

 

 

 

Here is one of the most innocent movies in a long time, a sweet, warm-hearted comedy about a teenager who skips school so he can help his best friend win some self-respect. The therapy he has in mind includes a day's visit to Chicago, and after we've seen the Sears Tower, the Art Institute, the Board of Trade, a parade down Dearborn Street, architectural landmarks, a Gold Coast lunch and a game at Wrigley Field, we have to concede that the city and state film offices have done their jobs: If "Ferris Bueller's Day Off" fails on every other level, at least it works as a travelogue…

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Hughes vuelve a señalar a los adultos como los grandes responsables de que vivamos en un mundo tan gris; de que hayan olvidado tan fácilmente su adolescencia; de no molestarse en comprender a esas nuevas generaciones que solo buscan un poco de atención. El director americano los ridiculiza a través de varios personajes: los padres de Ferrys, que deciden creerse la dudosa y repentina enfermedad de su hijo; y el director del colegio -interpretado por un magistral y divertidísimo Jeffrey Jones-, al que se lo hace pasar muy mal en algunas de las secuencias mas logradas del film.

John Hughes, ¿Un director que se quedó anclado en una edad mental de 18 años, o uno de los pocos adultos que supo comprender a la juventud americana de los 80? Para mi, un autentico visionario. ¿A quién no le gustaría hacer «Todo en un Día»?.

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…Prima di Una pazza giornata di vacanza non è mai esistito un altro Ferris Bueller, dopo chiunque vorrà assomigliare a lui, senza riuscirci. Hughes crea dal nulla un ragazzo che nessuno aveva mai pensato potesse esistere, un adolescente dandy, saccente e un po’ citazionista che è il prototipo di un’America metà liberista metà liberale, in una fase di opulenza inevitabilmente passeggera.

Proprio queste qualità giustificano il superamento della quarta parete, con Ferris che si rivolge direttamente alla camera, e dunque al pubblico in sala. Quello che può apparire un vezzo o un escamotage è il modo in cui Hughes riesce a fare incontrare la screwball comedy (di cui in parte il film è un aggiornamento) con gli stilemi della nouvelle vague. È un Godard giovanile cantato da John Lennon, Una pazza giornata di vacanza: la fuga senza senso né destinazione per la città è una versione scanzonata di Fino all’ultimo respiro, e la visita all’Art Institute of Chicago rimanda alla mente la folle corsa nel bel mezzo del Louvre dei tre protagonisti di Band à part. Tre anche loro, due ragazzi e una ragazza come il triangolo scaleno Ferris/Sloane/Cameron. In un crescendo di trovate che trova il suo punto di non ritorno nella magniloquenza del Von Steuben Day e della parata come sempre vampirizzata da Ferris, Hughes firma un poemetto amoroso verso Chicago, lo spirito della sua popolazione, l’architettura, la modernità che sposa l’antico senza annientarlo. Un film che va di fretta (perché, come educa i suoi spettatori Ferris “Life moves pretty fast. If you don’t stop and look around once in a while, you could miss it”) ma che è impossibile scacciare dalla mente. Così ci si ritrova a fissare i titoli di coda che scorrono sullo schermo, fino a quando non è lo stesso Ferris a sbucare di nuovo fuori per mandare via il pubblico. “A casa”, è l’ultima sentenza.

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Un soggetto semplice semplice che, nelle sapienti mani di Hughes, si trasforma in un’esplosiva giostra di situazioni che frutterà al tempo ben settanta milioni di dollari d’incasso. Complice la fotografia solare di Tak Fujimoto, una sceneggiatura colma di trovate geniali (scritta dal regista in una settimana), il montaggio ad orologeria di Paul Hirsch (collaboratore storico di De Palma) ed una soundtrack che vanta hit del calibro di Twist and shout e Oh Yeah degli Yello, si definisce quello che può essere riconosciuto come uno dei titoli cult della propria decade. Senza dimenticare che il film segna la definitiva consacrazione artistica di Matthew Broderick, all’epoca appena ventiquattrenne e già catapultato nel nuovo showbiz hollywoodiano. Una pellicola che talvolta sfiora vette surreali impressionanti, che nasconde dietro una facciata ludica e fancazzista uno spirito assai più complesso, come nei momenti dedicati all’incomprensibile divario che allontana le istituzioni dai ragazzi e la vita dei padri da quelle dei propri figli.
In definitiva un’esperienza cinematografica consigliata a tutti, attuale e moderna, che come in tutte le opere di Hughes evita sapientemente volgarità gratuite e cadute di stile…

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…Una delle potenziali trappole nella quale poteva scivolare Una pazza di giornata di vacanza era invece quella di rendere il personaggio di Ferris troppo “vincente” e quindi un poco antipatico non solo agli occhi dell’invidiosa, almeno sino ad un certo punto, sorellina Jeanie. Invece nella finzione Ferris cresce grazie anche al rapporto con il suo amico Cameron (bravissimo nel ruolo il quasi inedito Alan Ruck), che rappresenta il suo esatto opposto: insicuro, perdente in partenza, timido ed impacciato con le ragazze nonché afflitto da serissimi problemi di rapporti in ambito familiare, principalmente con il padre. E, di certo ancora una volta non casualmente, è a lui che Hughes dedica i momenti più intensi della pellicola: il lungo sguardo alla ricerca di qualcosa che sfugge (o è irrimediabilmente fuggito…) nel dipinto di Georges Seurat La Grande-Jatte al The Art Institute di Chicago oppure il monologo finale – che segna la sua uscita di scena – a distruzione più o meno involontaria della Ferrari del padre avvenuta. Magari qualche fan della casa di Maranello l’avrà presa male, però assistere alla riaffermazione di quelli che dovrebbero essere gli autentici valori affettivi a scapito della sublimazione dell’effimero e della venerazione del lusso, è una sottolineatura – tutt’altro che didascalica nel film – che dovremo tenere sempre ben presente, a maggior ragione nella desolante Italia contemporanea.
Il consiglio, al tirar delle somme, è quello di vedere o rivedere periodicamente Ferris Bueller’s Day Off anche solo per godere degli ininterrotti momenti di culto ivi contenuti (dimenticavamo, c’è anche – oltre ad una declinazione pressoché completa di tutti i sottogeneri della commedia, dalla slapstick a quella sofisticata –  una deliziosa parentesi squisitamente musical).  Ma soprattutto di farlo scoprire alle nuove generazioni; perché è uno dei pochissimi film mai realizzati capaci di farvi slogare la mascella dalle risate e contemporaneamente aprirvi davvero la mente a nuove prospettive e orizzonti. Una cosa che solo a pochi, pochissimi autori nel mondo del cinema è compiutamente riuscita. E John Hughes è tra loro.

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Scatenata e imprevedibile teen-comedy diretta da uno specialista del genere,priva di mielosità e scurrilità,e dotata di un ritmo agilissimo,che si mantiene intatto per tutta la durata del film.Ricco di trovate surreali,offre uno spaccato della gioventù degli anni 80 inverosimile,ma la carica del film risiede nell'amplificare gli effetti comici dell'improbabilità di certe sequenze,ed è quindi da questo punto di vista che il pubblico dei teenager sarà soddisfatto nell'assistere alle disavventure dei tre protagonisti,immedesimandosi volentieri nei loro personaggi.Tutti perfetti gli attori,con una menzione speciale per Broderick e Jennifer Grey,la sorella invidiosa che alla fine si coalizzerà con il travolgente fratello.Indimenticabile la gag-tormentone sulle conoscenze che Ferris riesce ad avere dappertutto.Piccola e gustosissima parte per Charlie Sheen.Attenti ai titoli di coda.

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2 commenti:

  1. Me lo ricordo questo film, mi ha fatta divertire un mondo ^_^

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    1. John Hughes era un mago, questo film e Breakfast club sono un'accoppiata potente per la comicità e non solo

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