Bruno e Malik sono due amici che hanno un'associazione di volontariato che accoglie gli autistici che nessuno vuole.
il film, un po' commedia, un po' documentaristico, segue la vita degli educatori e dei ragazzi/e autistici, la fatica quotidiana, le difficoltà continue.
contemporaneamente c'è un'ispezione del Ministero della Salute che vuole punire l'associazione che non segue i protocolli ministeriali.
il problema è che tutti i casi sono unici, non ci sono regole generali, impossibile essere in regola secondo le astratte norme di comportamento.
un gran film, Olivier Nakache ed Eric Toledano sono una garanzia,e gli attori sono perfetti.
buona (autistica) visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
Classico film che vale più di mille parole o convegni.
Ok, proporre un film con ragazzi
autistici potrebbe non attrarre particolarmente, e sto usando schiettezza e un
eufemismo, ma il dubbio passa in due minuti: i primi di questo film francese
molto bello. Bastano insomma due minuti per venire catturati. Vincent Cassell
nel film si occupa come può di ragazzi con problemi, e in definitiva seguiamo
la sua vicenda, il suo punto di vista. Di una persona cioè che pensa
chiaramente “sono cazzi”, ma non lo dice mai, anzi; accetta tutti i casi e dice
che in qualche modo si farà, un modo si troverà. Lo spettatore è subito
conquistato da questo approccio intelligente al film e alla questione: no
pietismo no cazzate, ma problemi e vediamo un po’ come risolverli, che questi
ragazzi comunque non si possono abbandonare. Poi chiaro, il film è una manifesta
denuncia, troppo didascalica, anche, al sistema sanitario, il quale in
definitiva il problema lo scarica su famiglie e associazioni, perché se devono
badarci loro, prendono i ragazzi, li legano, li sedano, e ciaone. In Francia,
almeno; da noi chissà. Nel film i protagonisti devono barcamenarsi sia con i
ragazzi (facendo un ottimo lavoro), sia con gli ispettori, perché legge e
burocrazia (soprattutto burocrazia) mal tollerano che qualcosa vada avanti
senza burocrazia: l’associazione è certificata? Gli addetti sono diplomati? La
supercazzola è prematurata? Tutte troiate, chiaro, ma il burocrate, anche per
giustificare la sua esistenza, mal tollera la perdita di potere, o che qualcosa
funzioni ma fuori dai rigorosi canoni prescritti o procedurati, spesso
kafkianamente inutili e fini a sé stessi. Fatto sta che alla fine ci sarà la
quadratura del cerchio, sia coi ragazzi che con i tristi ispettori, che magari
faranno un bagno di realtà. Gran bel film, che se non battesse troppo sulla
denuncia sociale (troppo, appunto), meriterebbe più del 7,5 che comunque darò.
Il film è recuperabile su Raiplay, al cinema ha subito il destino ondivago di
tutti i film usciti in piena pandemia. Piaciuto molto a critica e grande
pubblico, e ti credo.
Sentito e doveroso omaggio agli operatori sanitari che spesso
lavorano per la comunità e la protezione di emarginati e indifesi, osteggiati e
ostacolati da burocrazia e interessi privati. Girato come un documentario, con
un flusso di immagini che racconta efficacemente tante micro storie
coinvolgenti pazienti, famiglie e operatori, un film essenziale e nello stesso
tempo completo, in cui nessuna parte è fuori posto, con l’ultimo quarto d’ora
letteralmente da antologia. Attori (tra professionisti e non) straordinari. Da
vedere.
A Parigi, due case-famiglia accolgono ragazzi autistici gravi
respinti da ospedali e case di cura perché occuparsi di loro è dispendioso e
richiede troppo impegno... Il film affronta un tema delicato con un approccio
quasi documentario che, mentre solleva interrogativi pesanti sulla latitanza
delle istituzioni, riesce a coinvolgere e commuovere senza mai cadere nel
patetico o nel sentimentale ricattatorio. Bravi gli interpreti, molti dei quali
non professionisti, ed eccezionale la prova di Cassel che si cala con grande
sensibilità in un ruolo assai diverso degli abituali.
…La galleria di "tipi" sociali che hanno
fatto le fortune di questa coppia di registi si arricchisce quindi di una sezione
nuova, meno idealizzata e più ricalcata sulle sporcature della vita vera. Se i
loro successi hanno finora richiesto scorciatoie non sempre facili da
accettare, in nome di una scorrevolezza emotiva che blandisce il suo pubblico, The Specials attenua la formula,
comunque assolutamente riconoscibile, grazie a una storia più urgente e un cast
di personaggi all'insegna della diversità.
Alla guida del gruppo, Vincent Cassel affronta con successo un ruolo che lo
affonda in giacconi e felpe anonime, con la kippah issata su una spazzolata di
capelli grigi. Il suo Bruno, figura ispirata al fondatore dell'associazione
"Le Silence des Justes" Stephane Benhamou, è un uomo dalla pazienza
incredibile ma non infinita, che l'attore tiene a distanza dal banale pietismo
con dei lampi di scoraggiamento (subito ricacciati indietro al grido del
tormentone "non siamo lontani!") e con discese nella commedia (su cui
Nakache e Toledano hanno il solito controllo totale).
Quello con Reda Kateb, altro caratterista esperto nel trovare note di grazia
nella disperazione del quotidiano, è un buddy movie mancato ma suggerito,
profondo a sufficienza da lasciar immaginare anni di trascorsi tra i due amici,
pur se alle prese con traiettorie che si sfiorano, senza il tempo e l'energia
di parlarsi troppo, che è poi il punto stesso del film.
Bruno e Malik, così come tutti i responsabili di
organizzazioni simili, non fanno mistero di essere una soluzione imperfetta a
un problema straripante, a malapena in grado di tenersi a galla ma imprescindibili
per un sistema sanitario e di assistenza sociale che non saprebbe come
sopperire alla loro assenza, e che deve dunque tollerarne le pratiche meno
ortodosse. (in una delle scene più riuscite nella loro spontaneità, il gruppo
organizza un quiz per ricordarsi le sigle della miriade di istituzioni francesi
con cui dovrebbero interfacciarsi).
The Specials sa come trarre il
massimo da entrambi gli aspetti, mostrando le inevitabili falle del sistema per
generare materiale drammatico, e sfruttando i piccoli successi, tanto dei
pazienti quanto degli istruttori, per "guadagnarsi" l'uso meticoloso
di quei buoni sentimenti a cui pure non sa rinunciare.
Bruno e Malik, uno ebreo e l'altro musulmano, gestiscono a
Parigi, con pochi mezzi ma con dedizione assoluta, due organizzazioni no-profit
tra loro collegate finalizzate alla gestione di ragazzi autistici gravi,
rifiutati dalle strutture istituzionali. La coppia di registi Nakache/Toledano
torna ad occuparsi di disabilità dopo Quasi amici, stavolta con un film di denuncia, autentico al limite del
documentaristico, seppur venato di ironia e di grande umanità. Toccante e
istruttivo, con un Cassel sorprendente.
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