un po' documentario, un po' film d'arte visiva e musicale, un film su giovani senza domani, un film comunque unico.
la parte memorabile è la parte visiva e la musica che accompagna, in un crescendo discontinuo, con l'ultima parte che ti resta addosso, da vedere e rivedere.
Venezia senza turisti è un'altra cosa, e avere un barchino è la libertà, finché durerà.
buona (ipercolorata) visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
Quello che accade negli ultimi 10 minuti di Atlantide è un qualcosa di
così bello, impressionante ed emozionante che raramente avevo visto prima in
sala.
Qualcosa di "tecnico", è vero, ma talmente straordinario che
acquista una valenza sensoriale, emozionale, oltre che metaforica.
Ma tutta l'ultima mezz'ora di questo film così strano ed unico, un film che
racconta di una generazione di giovani veneziani completamente staccati dalla
società, una generazione nichilista che pensa solo ai propri barchini e alla
laguna, tutta l'ultima mezz'ora di questo film è qualcosa che si avvicina molto
all'esperienziale.
Prima ho faticato, tanto, non solo per la dilatazione eccessiva delle
scene ma per il trovarmi davanti quasi sempre la stessa cosa.
Eppure il film è un continuo regalarci una perla dietro l'altra. E
raccontando del Nulla alla fine ci sembra che racconti del Tutto, persino della
vita e della morte.
Svuotate i vostri occhi prima di vederlo.
Perchè si riempiranno completamente…
…Si
tratta di un universo dalle grandi potenzialità, originale e complesso, e Ancarani riesce a trasmettere
molto efficacemente la mentalità di questi giovani senza prospettive, che
sognano di correre più veloci di tutti ma non hanno un reale posto dove andare,
sullo sfondo di una Venezia mai
così dark. La mancanza di una progettualità tradizionale nella costruzione del
film, però, se da un lato accentua il senso di realismo e di autenticità della
messa in scena, dall’altro genera una narrazione troppo frammentaria e confusa.
A volte si ha quasi la sensazione che manchino dei pezzi tra una scena e
l’altra; ci sono personaggi a cui vengono dedicate singole, lunghe sequenze, ma
che poi spariscono. Manca un vero approfondimento psicologico che consenta di
affezionarsi seriamente a questi ragazzi, che invece vengono sempre percepiti
con distacco dallo spettatore.
L’ultima sequenza del film, un’infinita carrellata su Venezia alle prime luci dell’alba,
basata su un’unica inquadratura “sghemba” che rende difficile capire cosa sia
il riflesso di cosa, è la perfetta sintesi, nel bene e nel male, dell’intero
film: un’esperienza visiva suggestiva e intensa, ma che al di là dell’estetica
affascinante e perfettamente curata rischia di apparire un po’ vuota e poco
coinvolgente. Siamo davvero al confine tra cinema e video-arte.
En una isla, en los bordes. La laguna de Venezia.
Concretamente, Sant’Erasmo. Allí, Daniele (Daniele Barison) dedica sus días,
usando el ingenio, a sobrevivir. Una supervivencia delimitada por el culto
sacro al barchino y, a la vez, a la búsqueda de placeres que llenen lo inocuo.
Una inocuidad que la propia ciudad devuelve sumergida en la belleza. Una
ciudad, un estado del ser que, como el propio mito de la ‘Atlantide’ que no existe, se
(re)presenta.
Una (re)presentación que, en la laguna, se
convierte en un contraste entre el centro y los márgenes pero también entre lo
deseado y lo obtenido, lo presente.
Un presente que, como el de Daniele (Daniele Barison) y sus coetáneos,
dibujan un sinfín de dimensiones en el mismo plano terrenal. Unas dimensiones
que, veloces sobre el agua y vividas en el subidón de la droga con una banda
sonora bacala, son el propio reflejo.
Un reflejo que, como otra dimensión que cobra
vida como si de un personaje más se tratara, se materializa en (y por) el agua.
Un elemento, el agua, que lo envuelve todo: la
ciudad, la vida de lxs chicxs con las lanchas, sus actuaciones, e incluso es
donde, en nuestra mitología colectiva, reside la Atlantide.
Una Atlantide que Yuri Ancarani personifica como un
reflejo, entre neones, de Venezia. Una Venezia fantasmagórica, como un limbo,
donde habitan unxs diosxs caidxs —las generaciones futuras— entregadas al
placer, como epicúreo. Un placer que solo guía el ahora, que lo sitúa en los
márgenes.
Con una fotografía hipnótica y con pocas
palabras, Ancarani consigue que, desde
nuestras butacas, habitemos el reflejo de su Venezia, de esta Atlantide (re)presentada.
Una (re)presentación imbuida en el gesto, en la acción, en una dimensión
aproximativa a la realidad.
‘Atlantide’ es música bacala, velocidad,
drogas, belleza clásica, diosxs contemporánexs caidxs, luces de neón y el aquí
y el ahora.
Lo sguardo fantascientifico è probabilmente una delle possibilità
per avvicinare la visione stratificata di Yuri Ancarani. Film dopo film,
l’artista ravennate disinnesca la rappresentazione scopica del paesaggio,
circoscritto o espanso che sia, preferendo l’esperienza immersiva, a partire
dalla prassi del filmmaking. Dentro realtà inconoscibili, talvolta nascoste
nelle stanze della nostra psiche, individua luoghi dell’immaginario, ben radicati
nella fusione tra ambiente e tempo. E la concezione del tempo in particolare,
vive solo in parte attraverso la restituzione di quello storico, perché ne
sonda conseguenze e derive inattese, rivelando la sopravvivenza di ritualità
sconosciute, improvvisamente visibili con i corpi situati nell’essenza
transtorica del soggetto. Atlantide in particolare, sin dal riferimento
esplicito ad un territorio dell’immaginario che risiede tra antropologia e
letteratura fantastica, è l’avventura più coraggiosa di Ancarani, perché
sceglie volontariamente Venezia, la cui immagine di massa è ormai mappata dalle
consuetudini che hanno generato i fenomeni di overtourism, per chi ne promuove
i meccanismi e per chi contesta gli effetti. La geografia qui è un’altra.
Eminentemente acquatica, esplora un territorio più vasto, dove i luoghi sono
più di uno e la città che conosciamo vive in una relazione costante con altri
satelliti. Spazio concreto e allo stesso tempo di fluidità impalpabile, Venezia
prende forma attraverso i gesti, le abitudini e il punto di vista degli
adolescenti che passano il tempo a bordo dei barchini, dove suono e velocità
spezzano i rumori della laguna, con i diffusori a bordo sparati al massimo e i
codici della trap ad unificare l’esperienza collettiva…
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