mercoledì 2 agosto 2023

Atlantide – Yuri Ancarani

un po' documentario, un po' film d'arte visiva e musicale, un film su giovani senza domani, un film comunque unico.

la parte memorabile è la parte visiva e la musica che accompagna, in un crescendo discontinuo, con l'ultima parte che ti resta addosso, da vedere e rivedere.

Venezia senza turisti è un'altra cosa, e avere un barchino è la libertà, finché durerà.

buona (ipercolorata) visione - Ismaele

 

 

QUI il film completo, su Raiplay

 

 

Quello che accade negli ultimi 10 minuti di Atlantide è un qualcosa di così bello, impressionante ed emozionante che raramente avevo visto prima in sala.

Qualcosa di "tecnico", è vero, ma talmente straordinario che acquista una valenza sensoriale, emozionale, oltre che metaforica.
Ma tutta l'ultima mezz'ora di questo film così strano ed unico, un film che racconta di una generazione di giovani veneziani completamente staccati dalla società, una generazione nichilista che pensa solo ai propri barchini e alla laguna, tutta l'ultima mezz'ora di questo film è qualcosa che si avvicina molto all'esperienziale.

Prima ho faticato, tanto, non solo per la dilatazione eccessiva delle scene ma per il trovarmi davanti quasi sempre la stessa cosa.

Eppure il film è un continuo regalarci una perla dietro l'altra. E raccontando del Nulla alla fine ci sembra che racconti del Tutto, persino della vita e della morte.

Svuotate i vostri occhi prima di vederlo.

Perchè si riempiranno completamente…

da qui

 

 

…Si tratta di un universo dalle grandi potenzialità, originale e complesso, e Ancarani riesce a trasmettere molto efficacemente la mentalità di questi giovani senza prospettive, che sognano di correre più veloci di tutti ma non hanno un reale posto dove andare, sullo sfondo di una Venezia mai così dark. La mancanza di una progettualità tradizionale nella costruzione del film, però, se da un lato accentua il senso di realismo e di autenticità della messa in scena, dall’altro genera una narrazione troppo frammentaria e confusa.

A volte si ha quasi la sensazione che manchino dei pezzi tra una scena e l’altra; ci sono personaggi a cui vengono dedicate singole, lunghe sequenze, ma che poi spariscono. Manca un vero approfondimento psicologico che consenta di affezionarsi seriamente a questi ragazzi, che invece vengono sempre percepiti con distacco dallo spettatore.

L’ultima sequenza del film, un’infinita carrellata su Venezia alle prime luci dell’alba, basata su un’unica inquadratura “sghemba” che rende difficile capire cosa sia il riflesso di cosa, è la perfetta sintesi, nel bene e nel male, dell’intero film: un’esperienza visiva suggestiva e intensa, ma che al di là dell’estetica affascinante e perfettamente curata rischia di apparire un po’ vuota e poco coinvolgente. Siamo davvero al confine tra cinema e video-arte.

da qui

 

  

En una isla, en los bordes. La laguna de Venezia. Concretamente, Sant’Erasmo. Allí, Daniele (Daniele Barison) dedica sus días, usando el ingenio, a sobrevivir. Una supervivencia delimitada por el culto sacro al barchino y, a la vez, a la búsqueda de placeres que llenen lo inocuo. Una inocuidad que la propia ciudad devuelve sumergida en la belleza. Una ciudad, un estado del ser que, como el propio mito de la ‘Atlantide’ que no existe, se (re)presenta.

Una (re)presentación que, en la laguna, se convierte en un contraste entre el centro y los márgenes pero también entre lo deseado y lo obtenido, lo presente.

Un presente que, como el de Daniele (Daniele Barison) y sus coetáneos, dibujan un sinfín de dimensiones en el mismo plano terrenal. Unas dimensiones que, veloces sobre el agua y vividas en el subidón de la droga con una banda sonora bacala, son el propio reflejo.

Un reflejo que, como otra dimensión que cobra vida como si de un personaje más se tratara, se materializa en (y por) el agua.

Un elemento, el agua, que lo envuelve todo: la ciudad, la vida de lxs chicxs con las lanchas, sus actuaciones, e incluso es donde, en nuestra mitología colectiva, reside la Atlantide.

Una Atlantide que Yuri Ancarani personifica como un reflejo, entre neones, de Venezia. Una Venezia fantasmagórica, como un limbo, donde habitan unxs diosxs caidxs —las generaciones futuras— entregadas al placer, como epicúreo. Un placer que solo guía el ahora, que lo sitúa en los márgenes.

Con una fotografía hipnótica y con pocas palabras, Ancarani consigue que, desde nuestras butacas, habitemos el reflejo de su Venezia, de esta Atlantide (re)presentada. Una (re)presentación imbuida en el gesto, en la acción, en una dimensión aproximativa a la realidad.

‘Atlantide’ es música bacala, velocidad, drogas, belleza clásica, diosxs contemporánexs caidxs, luces de neón y el aquí y el ahora.

da qui

 

Lo sguardo fantascientifico è probabilmente una delle possibilità per avvicinare la visione stratificata di Yuri Ancarani. Film dopo film, l’artista ravennate disinnesca la rappresentazione scopica del paesaggio, circoscritto o espanso che sia, preferendo l’esperienza immersiva, a partire dalla prassi del filmmaking. Dentro realtà inconoscibili, talvolta nascoste nelle stanze della nostra psiche, individua luoghi dell’immaginario, ben radicati nella fusione tra ambiente e tempo. E la concezione del tempo in particolare, vive solo in parte attraverso la restituzione di quello storico, perché ne sonda conseguenze e derive inattese, rivelando la sopravvivenza di ritualità sconosciute, improvvisamente visibili con i corpi situati nell’essenza transtorica del soggetto. Atlantide in particolare, sin dal riferimento esplicito ad un territorio dell’immaginario che risiede tra antropologia e letteratura fantastica, è l’avventura più coraggiosa di Ancarani, perché sceglie volontariamente Venezia, la cui immagine di massa è ormai mappata dalle consuetudini che hanno generato i fenomeni di overtourism, per chi ne promuove i meccanismi e per chi contesta gli effetti. La geografia qui è un’altra. Eminentemente acquatica, esplora un territorio più vasto, dove i luoghi sono più di uno e la città che conosciamo vive in una relazione costante con altri satelliti. Spazio concreto e allo stesso tempo di fluidità impalpabile, Venezia prende forma attraverso i gesti, le abitudini e il punto di vista degli adolescenti che passano il tempo a bordo dei barchini, dove suono e velocità spezzano i rumori della laguna, con i diffusori a bordo sparati al massimo e i codici della trap ad unificare l’esperienza collettiva…

da qui

 

 

 


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