lunedì 21 agosto 2023

Margini - Niccolò Falsetti

una storia piccola, tre ragazzi contro tutti, per trovare un posto nel mondo.

la musica è la loro passione e vita, suonano in compagnia, per stare bene.

ciascuno ha una vita, genitori, mogli, compagne, in una realtà di provincia che più provincia sembra impossibile. 

e poi tentano il gran colpo, far venire a Grosseto un gruppo musicale di livello mondiale, e ci provano con tutte le forze e anche più.

"È un mondo difficile
E vita intensa
Felicità a momenti
E futuro incerto"

canta Tonino Carotone, parole che si adattano alla perfezione ai protagonisti del film.

non perdetevelo, è un film al quale non si può non voler bene, sarete d'accordo.

buona (musicale e provinciale) visione - Ismaele

 

 

 

 

Margini diffonde le sensazioni di un passato non troppo lontano e non troppo recente, smarrito nelle profondità di paesi ancorati alle tradizioni, che vivacchiano tra il lento sonnecchiare dei vecchi giocatori di carte e il tempo che sembra immutabile e invece fugge implacabile. Trasmette l’eccitazione e la frustrazione di sapere che a due ore da casa arriva finalmente il gruppo tanto atteso e si deve trovare il modo di andare e, soprattutto, quello di tornare a notte fonda, che i mezzi pubblici sono in letargo e le macchine, soprattutto in adolescenza, scarseggiano. Perché la provincia è una voragine, dalla quale non si esce. Quasi impossibile sfuggirgli, tanto ti si appiccica addosso, inzuppandoti della sua essenza. Tanto difficile raggiungerla quando le stelle non si vedono e nessuno va nella tua direzione, ma si ferma sempre un po’ prima. Che è molto, molto, lontano da casa tua. E se trovi un semisconosciuto con un’auto sgangherata e il buon cuore di riportarti a casa dopo il concerto, sudato e maleodorante di birra, hai fatto bingo.

Dentro Margini c’è tutto.
C’è la cocciutaggine di provare ad invertire i ruoli prestabiliti del sistema, c’è la chimera di riuscirci, c’è l’ottusità entusiasta di pensare di poter dominare qualsiasi elemento. C’è la storia vera e perpetua dell’amico che in qualche modo tradisce l’idea, in contrasto con chi invece si sacrifica pesantemente, rischiando anche ciò che non ha, per portarla avanti. C’è la balera di paese, i drammi familiari che si consumano, la supponenza di una generazione decadente. C’è l’ignavia delle istituzioni e il loro ineluttabile potere, dal quale non si può uscire e che, in un diabolico contrappasso, si rivela invece necessario. C’è lo sbigottimento di una sonnacchiosa Grosseto che reagisce ad una situazione inedita nella maniera più classica, con l’intervento della questura. C’è la crudeltà della provincia, che ti seduce con uno sguardo rubicondo da nonna sovrappeso e poi ti sbrana come un’arpia spietata. C’è l’urlo di ribellione verso questo mondo apparentemente cordiale e accomodante ma in realtà coriaceo, impietoso verso qualcosa che avverte minaccioso per la sopravvivenza del proprio stantio status quo.

 

Ma c’è soprattutto il punk.
L’idea di punk che nella contemporaneità sentiamo quasi come trapassata; non è un caso che la trama si ambienti nel 2008. Punk primitivo, quasi rozzo, ingenuo. Il punk delle sale prove, del pogo, del prendersi ciò che si vuole, del suonare ad ogni costo in ogni luogo. Il punk vero, reale: attitudine, idea, o, semplicemente, musica che non segue nessuna logica economica o pratica.
Segue solo ciò che sente e la voglia di esistere.

da qui

 

Che ritmo, che spasso che è questo Margini. Uno scambio serratissimo il cui polo schizza di continuo negli angoli del triangolo formato dalle personalità di questi buffi individui, una stangata in contrapposizione alle quinte di una città ai limiti del rurale che tagliano in due a bordo delle loro sgangherate automobili.

La fatica di rimediare una serata in qualche sagra semideserta è vissuta sempre con ironia, tanto a loro basta suonare, o di correre da un’altra parte per accaparrarsi un amplificatore da usare il giorno di questo fantomatico grande evento. Un trio che la sceneggiatura degli stessi Falsetti e Turbanti, con l’aiuto del co-autore Tommaso Renzoni, non scoraggia mai e che coccola anche nei momenti più cupi.

Uno script che si muove sempre sul confine dell’agrodolce, sotto al quale stanno il saluto per un’epoca e l’imminente presa di responsabilità che attende dietro l’angolo. Una sensazione di precarietà che segue come un’ombra tutto Margini, che lo tallona quasi a mo’ di memento mori e vertigine per il futuro.

Un cast affiatato per un agrodolce coming of age

Di notevole bravura è senza dubbio anche il cast, arricchito anche di comprimari come l’esilarante Melis di Nicola Rignanese, affiatato e capace di tenere il passo di questa corsa contro lo spietato passare dei giorni e contro la paura di crescere. Perché Margini di fondo non è altro che una sorta di attardato coming of age, declinato nelle diverse misure a cui le vite dei suoi protagonisti sono chiamati a rapportarsi.

Apprezzabile per la maniera in cui tiene in equilibrio ironia e crepa ai margini della bocca, lodevole per come accompagna con delicatezza il cambiamento dal quale a un certo punto non ci si può più sottrarre. Una più che piacevole scoperta.

da qui

 

Con un tono genuino da commedia e un’energia contagiosa, Falsetti mette in scena un’avventura scapestrata, piena di imprevisti, emozioni e inconvenienti. Non si può non voler bene a questi tre ragazzi scapestrati, che mettono in secondo piano qualsiasi cosa, anche affetti e famiglia, pur di perseguire il loro obbiettivo. Si scontrano contro la burocrazia, la pubblica amministrazione, la mancanza di immaginazione, la poca ispirazione, il gretto realismo e l’ostilità verso il nuovo, ma affrontano tutto con grande fatica ed energia, proprio perché mossi da una voglia di rivalsa che alla fine li lascerà ammaccati eppure con ancora l’energia di cantare e di sognare…

da qui

 

Lo definireste un film politico?

Francesco Turbanti: “Mi viene da definirlo politico nel senso più bello del termine, anche originario, perché parla a una comunità che vive determinate situazioni che hanno a che fare con lo stare insieme, con la socialità, con il mettersi in connessione con gli altri e decidere di fare qualcosa, è questo che fanno i nostri personaggi. Non credo che possa essere un film di protesta, noi ci limitiamo a raccontare una condizione, accendiamo la luce sui margini”.  

Niccolò Falsetti: “La politica dovrebbe avere il ruolo di promuovere un’idea di futuro. Il cinema fotografa, ritrae, racconta, e ha un superpotere in più, infatti è un’esperienza collettiva, è una cosa che si fa insieme e gioca con l’immaginazione, con il sistema cognitivo delle persone, è la lingua con cui si sogna non quella con cui si parla, penso che sia anche questo il suo superpotere politico, perché consente di fruire di un certo tipo di esperienze attraverso una storia, facendoci vivere cose che non faremmo mai. Siamo stati biograficamente molto vicini ai personaggi ma non faremmo mai alcune delle scelte che hanno fatto loro, però in quelle esperienze, in quelle scelte che io magari non farei, vedo la condizione dell’umano, perché scatenano delle domande e mi fanno venire voglia di suggerire delle risposte, delle proposte. Questa immaginazione è quella che probabilmente manca alla nostra generazione, non sappiamo immaginarci un futuro, la nostra immaginazione si è un po’ atrofizzata. Se qualcuno guardando il film si trova in questo stato propositivo, il potenziale politico del film è super esploso”. 

La provincia sta molto stretta ai personaggi.

Una speranza per chi vive in provincia la date? La soluzione può esser soltanto la fuga?

Francesco Turbanti: “Forse dalla provincia non se ne esce mai. Provo a rispondere con una immagine che è quella della palude. Grosseto storicamente era una palude. Nella palude se non fai niente affoghi, perché ti impaludi così tanto che finisci per andare a fondo, e allora ti devi muovere, devi battere i piedi il più possibile. La palude stagna, è tutto fermo, immobile, se non fai nulla vai a fondo senza neanche rendertene conto. L’augurio che posso fare di più a chi vive in provincia è quello del movimento, la spinta all’azione, agire, muoversi. Abbiamo tanti amici che sono rimasti in palude, molti sono impaludati, ma ci sono anche altri che combattono tutti i giorni, per loro abbiamo tanta stima, stanno lì e si muovono in continuazione, non capiamo neanche dove trovano l’energia, sono dei veri e propri agitatori culturali”…

da qui

 

 

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