sabato 10 maggio 2025

Black Bag - Doppio gioco - Steven Soderbergh

un film di spie abbastanza inaffidabile, come forse lo sono nella realtà.

un film con una sceneggiatura geometrica, dove tutto torna (forse).

un film elegante, glamour, perfettino, con interpreti bravissimi, ma allo stesso tempo un film gelido, a volta fa sorridere, i dialoghi sono perfetti, ma sembra più un film per chi lo fa, che per chi lo vede.

in un film di solito c'è qualche personaggio a cui si vuol bene e qualcuno che non si sopporta, in Black bag tutti i personaggi sono lontani, poco coinvolgenti per chi guarda.

a molti è piaciuto, magari anche a voi, provare per credere.

buona (a vostro rischio e pericolo) visione - Ismaele


 

…Con la precisione infinita propria di chi progetta mentre fa e rapidamente decide, Soderbergh pensa i suoi set (e anche Black Bag offre indicazioni in tal senso) come angoli di mondo sottratti al caos. Il doppio gioco è la minaccia di un mondo privo di senso (movimento) al quale il cinema con il suo complotto (e in tal senso si percepisce quasi un’eco rivettiana) restituisce razionalità - ossia possibilità di essere interpretato, letto e, in ultima analisi, visto. Così, mentre la percezione dell’immagine audiovisiva cambia radicalmente, Soderbergh compie il gesto più politico possibile: immagina un cinema dalle apparenze omologhe all’ambiente visivo contemporaneo, firmando in realtà un atto di resistenza.

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Breve-metraggio (93 minuti) elegante e glamour, con cui Soderbergh, che ci racconta una spy-story iper tecnologica ambientata a Londra. Bravi Fassbender (ipnotico e glaciale) e Cate Blanchett (affascinante e velenosa), ma il film scorre via veloce senza emozioni e senza lasciare tracce.

Breve-metraggio (93 minuti) diretto con eleganza e grande attenzione alla fotografia da parte di Steven Soderbergh, che ci racconta una spy-story iper tecnologica ma anche molto glamour ambientata a Londra ai giorni nostri.

Fassbender è ipnotico e glaciale, Cate Blanchett affascinate e gelida, meno efficace la sceneggiatura che non va oltre un intreccio di doppi giochi messo in scena senza troppa originalità.

Filmetto frizzante e gradevole, ma scorre via troppo veloce senza lasciare tracce.

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Black Bag è un esempio cristallino di come Steven Soderbergh sappia piegare i codici del genere alla sua visione autoriale. La sceneggiatura di David Koepp è solida, elegante, un gioco sottile tra silenzi e rivelazioni. Soderbergh, da maestro della regia, usa la verità e la fiducia come veri motori narrativi, con una costruzione che non ha bisogno di effetti esplosivi per mantenere alta la tensione. Le scene a tavola, con i sospettati raccolti insieme, sono tra le più riuscite, piene di menzogne non dette, sguardi sottili e ambiguità palpabili. Cate Blanchett e Michael Fassbender, nei panni di George e Kathryn, portano in scena due personaggi mossi dall’ossimorico e controverso rapporto tra dovere e sentimento, con una chimica che rende ogni scena più densa e affascinante. La loro capacità di trasmettere l’incertezza, la fragilità, e il conflitto interiore è ciò che dà profondità al film. Black Bag è un film che non cerca di stupire con l’azione, ma che affascina per la sua capacità di giocare con il dubbio e la menzogna. Una lezione di spy thriller in 93 minuti, diretta da un maestro e interpretata dai primi della classe.

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Ma basta la ricercata aurea anglosassone bondiana (tra l'altro nel cast figura anche l'ex apprezzato Bond Pierce Brosnan) per rendere il film un'opera appassionante ed efficace a tener salda l'attenzione su un intrigo che si rivela complesso e quasi inestricabile?

Il mestiere consolidato di Soderberg è circostanza fuori discussione.

Ma anche la collaudata freddezza del cineasta nel trattare è sviscerare i rapporti tra i personaggi coinvolti si rivela una caratteristica costante anche in questo contesto, che rende lo snodo piuttosto meccanico e poco decifrabile. Gli attori coinvolti, tutti belli, ben vestiti ed azzimati, si adoperano a rendere più fitto il mistero in un contesto di caccia alla spia sin troppo verboso e poco decifrabile.

Più un impeccabile film-vetrina, che un'opera in grado di catturare sprigionando appeal e sentimenti di sincera empatia.

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…Qui siamo più dalla parte del blockbuster autoriale, elegante e irreprensibile, logico, liscio e raffinato. Ce lo dice innanzitutto la scelta del cast e come il regista lo impiega. Soprattutto nel caso di un Michael Fassbender di fincheriana memoria, sempre posato, gelido e instancabile, ma che aggancia il pubblico per la sua tendenza a cedere e a fallire. Soderbergh lo riprende con una perizia incredibile, cercando, con insistiti close up e ripetizioni in montaggio, delle inclinazione espressive del suo viso per creare i riferimenti geografici di una narrazione che sottopelle lavora con una tensione incessante.

Cosa accadrebbe se la logicità che tiene in vita il lavoro dei protagonisti e quindi anche il loro matrimonio dovesse venire meno? Se questa equazione che tiene collegati i due aspetti sacri delle loro esistenze non funzionasse più? Se la comunicazione tra i due mondi venisse interrotta da delle “Dark Windows”, così da non permettere più la trasparenza che tiene tutti i fattori insieme? Per dirla in modo banale: se la nostra coppia non riuscisse più a vederci chiaro tanto nel loro lavoro quanto nel loro matrimonio?  Che accadrebbe?

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Se vi aspettate una spy story convenzionale rischiate di perdervi già al primo checkpoint: Black Bag è un'opera glaciale e raffinatissima, dove l'intrigo sentimentale si intreccia a un vocabolario tecnico degno di un manuale per analisti della CIA (glitch, poli, black bag e tanti altri). Gli acronimi scorrono come champagne, ma l'effetto sul pubblico è decisamente meno effervescente. Sicché Il film finisce col chiedere molto allo spettatore: attenzione, pazienza (a dispetto della breve durata, appena 90 minuti: una rarità di questi tempi), dimestichezza con la logica dei servizi segreti… e una certa tolleranza per il tono cerebrale e rarefatto che lo attraversa dall'inizio alla fine. Soderbergh continua ad attraversare i generi con assoluta disinvoltura, costruendo stavolta un labirinto formale che affascina e respinge, un noir levigato come un'arma da collezione. L'universo visivo, dominato da ombre nette e geometrie precise, sembra quasi voler richiamare l'immaginario di Diabolik (a cominciare dalla simmetria con la coppia protagonista), ma privo di qualsiasi gusto per l'eccesso: qui tutto è sotto controllo, ogni movimento calibrato, ogni battuta cesellata fino all'astrazione. Il conflitto tra dovere e sentimento si gioca su piani così alti da sembrare scritti in codice. Anche l'amore, qui, ha bisogno di decrittazione. Il risultato è un film intellettuale, sofisticato, forse fin troppo. Un esercizio di stile che incuriosisce, ammalia, ma lascia anche un certo gelo addosso. Più che un thriller, un test di ammissione ai servizi segreti, o almeno a un cineclub molto selettivo.

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4 commenti:

  1. Gli rimprovero i doppi giochi troppo indirizzati e che quindi non lasciano affatto sorpresi.

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  2. Mi è piaciuto. Per qualcuno è solo estetica... ma per Soderbergh l'estetica "è" il film stesso :)

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    1. "per Soderbergh l'estetica "è" il film stesso", chissà se è lo stesso per lo spettatore :)

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