venerdì 30 maggio 2025

Non spegnete lo schermo: appello per il nostro cinema - Roberto Bernabò


In un silenzio quasi assordante, si sta smantellando uno dei luoghi più profondi della nostra identità: il cinema.

Ci sono momenti in cui l’arte non chiede applausi, ma protezione. Questo è uno di quei momenti.

 


Nel 2008, un gruppo di 100 autori lanciava un appello per difendere il cinema italiano da politiche miopi e penalizzanti.

Oggi, nel 2025, siamo purtroppo costretti a farlo di nuovo.

Il Governo ha introdotto modifiche che mettono seriamente a rischio l’intero sistema cinematografico nazionale:

§  tagli al Tax Credit – ovvero il credito d’imposta per il settore – e regole più restrittive che ostacolano le produzioni indipendenti e d’autore;

§  blocco o rallentamento dei fondi automatici e selettivi;

§  un accentramento decisionale che rende i criteri di assegnazione opachi e arbitrari.

Tutto questo sta generando una desertificazione culturale.

Il cinema italiano – che è memoria, lavoro, visione – viene trattato come un costo da contenere, anziché come un asset strategico da valorizzare.

Si dimentica che nonostante le tente difficoltà il nostro cinema rimane quello che ha vinto il maggior numero di Oscar per il miglior film straniero.

E questa è una cosa che andrebbe difesa, sostenuta.

Ma la crisi non è solo nei numeri: è nella visione.

Facciamo un confronto per capirci meglio

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha destinato fondi pubblici a Stellantis (ex Fiat/FCA) principalmente attraverso due canali:

§  investimenti diretti350 milioni di euro per la riconversione dello stabilimento di Termoli in una gigafactory per batterie elettriche. Un progetto oggi in discussione a causa delle incertezze nella joint venture con TotalEnergies e Mercedes-Benz.

§  ecoincentivi per l’acquisto di autodei 1,95 miliardi di euro stanziati nel 2024, circa il 40% (quasi 800 milioni) ha beneficiato le auto del gruppo Stellantis, anche se solo la metà è prodotta in Italia.

Sottolineiamo: nessun nuovo prestito o garanzia statale è stata concessa sotto il governo Meloni, a differenza dei 6,3 miliardi garantiti dallo Stato a FCA nel 2020, sotto il governo Conte II.

E il cinema?

Guardiamo alla Francia

Secondo le ultime rilevazioni (fonte: Variety / Cineuropa), i fondi pubblici italiani sono meno della metà di quelli stanziati annualmente dalla Francia.

Eppure Parigi ha capito da tempo che investire nel cinema significa investire nell’identità culturale di un Paese.

In Italia, invece, si preferisce tagliare dove si dovrebbe seminare.

Anche i grandi network televisivi nazionali, pubblici e privati, investono nel cinema molto meno di quanto non facciano nello sport – e nel calcio in particolare.

Un solo minuto di una finale di calcio può valere milioni.

Ma quanto vale una storia che resterà per sempre?

Lo scnario è veramente cambiato?

 

È vero: lo scenario è cambiato.

Sono arrivate le piattafrorme di streaming NetflixPrime VideoDisney+Paramount PlusNow TV, SkyApple TVMediaset Infinity.

Ma anche tutti questi nuovi servizi di streaming – che pure offrono nuove opportunità che paradossalmente ampliano i ricavi dell’industria Cinema rendendo gli investimenti molto più profittevoli – non compensano la disattenzione strutturale dello Stato e dei broadcaster italiani.

Lo dicono i dati: la quota d’investimento in produzioni italiane resta bassa rispetto agli standard europei.

Questo appello non è solo una difesa. È una proposta

Chiediamo:

§  più fondi pubblici, non meno;

§  criteri trasparenti, condivisi, meritocratici, per evitare che le storture esistenti penalizzino le maestranze, gli autori, i produttori, i tecnici e tutti i lavoratori del cinema;

§  un impegno concreto da parte della RAI e dei network privati per sostenere la produzione nazionale, culturale, plurale.

Certo, è vero, e lo ammettiamo con la massima onìestà intellettuale di cui siamo capaci, il sistema non è esente da storture.

Esistono criticità, abusi, meccanismi da rivedere.

Ma tagliare indiscriminatamente i fondi significa colpire tutti – anche chi lavora con serietà, passione e qualità.

Le riforme si fanno con il confronto, non con le forbici. Serve più trasparenza, non meno risorse.

Perché senza cinema, un Paese non ha occhi.

E noi vogliamo continuare a guardarci – e a farci guardare – con dignità.

 

La nostra voce si unisce a quella di tanti altri professionisti che in questi giorni hanno preso posizione.

Come l’attore Elio Germano e l’attrice e conduttrice Geppi Cucciari, che per primi – in occasione dei David di Donatello 2025 – hanno denunciato le difficoltà che l’industria del cinema sta attraversando, contestando le dichiarazioni ritenute eccessivamente ottimistiche del Ministro della Cultura.

In una lettera indirizzata proprio al Ministro Giuli e ai Sottosegretari Borgonzoni e Mazzi, 94 tra attori e registi – da Paolo Sorrentino a Paola Cortellesi, da Pierfrancesco Favino a Toni Servillo – hanno ribadito la gravità della situazione: una crisi che rischia di togliere creatività, autonomia e innovazione a tutto il comparto.

Il decreto correttivo sul Tax Credit rappresenta solo una prima risposta, ancora incompleta e insufficiente.

È urgente che il Ministero apra finalmente un confronto diretto con le associazioni che rappresentano attori, autori e tecnici.

E che si smetta di trasformare ogni critica in polemica.

La cultura vive di confronto, non di intimidazione.

.

La cultura vive di confronto, non di intimidazione.

Diffondete questo appello

 


Scaricate e condividete il banner che ho creato per sostenerlo.

Facciamoci vedere. Facciamoci sentire.

NO al taglio del Tax Credit.

SI al cinema d’autore, indipendente, libero.

Difendiamo la cultura, non solo l’intrattenimento.

 

https://www.cinemavistodame.com/2025/05/29/non-spegnete-lo-schermo-appello-per-il-nostro-cinema/


Nessun commento:

Posta un commento