il film è ispirato a La vita agra, di Luciano Bianciardi, racconto della lotta individuale contro il mostro economico dalle mille teste, inafferrabile e invincibile.
un paesetto dipendente per molti anni dalla miniera si trova in difficoltà esistenziale quando la miniera chiude e lascia tutti in miseria.
i due amici Mauro (interpretato da Alessandro Gazale) e Cesare (Fabrizio Ferracane) vengono tenuti al lavoro come guardiani della miniera morta, e poi c'è Francesco (interpretato da Luciano Curreli), il fratello, un po' ritardato, ma molto amato, di Mauro.
intanto c'è una vertenza sindacale con il padrone, il delegato sindacale (disabile, come lo è il sindacato, incapace) riesce a ottenere come buonuscita solo una miseria, e lo comunica ai lavoratori in un'assemblea degli ex minatori.
solo Mauro non si rassegna, s'incazza di brutto, ma è impotente contro il Padrone...
...il resto lo saprà chi avrà la fortuna di vedere il film.
è l'opera prima del regista, con attori tutti bravi e convincenti, con un cuore che batte anche per gli altri.
non sono più tempi di rivoluzione, la forza collettiva, il partito, non ci sono più, il sindacato è solo un patronato, nulla più.
come dice Warren Buffett, è in corso una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo, parole vere, anche se forse nessuno di quei minatori ha mai sentito parlare di quel riccone.
curiosa la figura del responsabile per la Sardegna dell'impresa proprietaria della miniera, un po' alcolista, un po' artistoide (un coglioncello della scuola di Elon Musk).
e come il Tognazzi de La vita agra, nel film diretto da Carlo Lizzani, Cesare e Francesco (con una foto di Cossiga e Pertini) vanno in città per vendicare i morti.
e la città ha il suo fascino e le sue trappole, ma anche questo lo saprà solo chi vedrà il film.
e poi ci sono anche il ballo e gli asini, uniche consolazioni per chi non vedrà nessuna rivoluzione.
ho visto il film in una sala nella quale, alla fine, regista, qualche produttore, qualche attore e attrice, altri elementi della troupe, la responsabile delle luci, mi sembra, e ci hanno raccontato difficoltà, ambizioni, amicizie, collaborazioni, e il film è il risultato di tanti elementi.
un'opera prima convincente, un piccolo film che non delude.
buona (danzante) visione, se ve lo fanno vedere - Ismaele
…Uomini al tramonto, frustrati dal fallimento di una
rivoluzione operaia che sembra ormai definitivamente destinata a non
realizzarsi, Cesare e Mauro raccontano la fine di un'epoca e dei suoi ideali.
Sebbene il titolo sembri suggerire un unico e solo protagonista della storia
narrata, La guerra di Cesare racconta in realtà la ribellione
fallita di tre personaggi, con i cui punti di vista il regista decide di
giocare fin dalla prima scena. Sergio Scavio sceglie infatti di aprire la sua
opera prima con la ripresa di un uomo impacciato intento a guidare un motorino
per le vie assolate della Sardegna. Quell'uomo non è Cesare, il citato
protagonista del titolo, bensì il fratello del suo migliore amico: si chiama
Francesco e presto scopriremo la sua bislacca passione per il suo omonimo e
conterraneo Cossiga. Mentre accompagniamo l'incedere incerto di Francesco ci
scontriamo con un altro personaggio, che gli si pone improvvisamente davanti: è
l'imponente e scorbutico Mauro, guardia giurata nonché fratello di Francesco.
Iniziamo così a seguire Mauro nelle sue giornate lavorative; conosciamo la sua
storia da ex minatore, le vicende del giacimento in disuso in cui un tempo era
impiegato e che ora sta per essere acquisito da una multinazionale cinese,
incontriamo il suo collega e migliore amico. Solo a questo punto abbiamo
effettivamente raggiunto Cesare, presentato quindi al pubblico, inizialmente,
come il collega del fratello dell'uomo in motorino della prima scena…
…Cesare alleggerisce il cuore tramite il ballo, e quando
incontra una donna che condivide la sua stessa passione, ecco che scocca la
scintilla. L’altro che si
riversa in te, ti comprende e ti accoglie con tutte le tue particolarità. È
quello che avviene tra Lori e Cesare, una coppia apparentemente improbabile ma
che regala a Cesare la gioia dell’innamoramento, e anche la tipica futilità
degli amori impossibili. Lori è una donna in frantumi, sensuale ma anche
inafferrabile, un oggetto di desiderio vitale, ma che sfugge continuamente
perché destinata a perire lontana da occhi indiscreti.
Ma la pellicola è anche un racconto infarcito di
situazioni grottesche e surreali di morettiana memoria. Scavio orchestra
una serie di personaggi nello stesso tempo comici e tragici, drammatici e
teneri. Ma non per questo distanti dalla realtà, anzi, tutt’altro,
la realtà sembra addirittura troppo stretta per contenerli. Come
la follia timida del fratello di Mauro, Francesco, in stato di venerazione nei
confronti di Francesco Cossiga. Le sue fragilità e i suoi discorsi strampalati
sono una espressione di sincerità e rarità…
Crollati i sistemi difensivi e di tutela
del lavoro, disintegrata quella che si chiamava “coscienza operaia”, sparita da
ogni orizzonte una sia pur minima coscienza di classe anche nella politicamente
sensibile Sardegna, trasformati i luoghi della politica in improbabili scuole
di ballo, non resta che raccontare la desertificazione di tutta quella che era
la ribellione operaia e dei lavoratori delle miniere in una favola sospesa tra
un surreale molto somigliante ad una realtà sognante e il senso di frustrazione
per ciò che mai sarà realizzato.
Ispirato, per dichiarazione dello stesso regista
e co-sceneggiatore, a La vita agra, il ribellistico
romanzo di Luciano Bianciardi, antesignano di una stagione di lotte sindacali e
previgente racconto sulla disintegrazione di ogni ideologia davanti alle
prospettive dorate del capitale, La guerra di Cesare ne
ricalca la trama sebbene con una propria autonomia e idea di racconto, a suo
modo lontano da un realismo stringente e al tempo stesso con un procedere che
sa riversare dentro questo presente la presenza smarrita di un personaggio
tradito nelle proprie idee radicate negli anni…
Mauro
Chessa (Gazale) guardia giurata infelice e manesca fa il tiro a segno nel nulla
e vorrebbe padroni arabi invece che cinesi. Cesare Manca (Ferracane) guardia
giurata un po’ surreale ha una moglie infelice e fa danza nel dopolavoro con
l’idea che la musica è finita nel 1983. Stanno per perdere il lavoro in una
miniera sarda che sarà ceduta. Il sindacalista che dovrebbe difenderli gira con
la bombola d’ossigeno (metafora del sindacalismo sfiatato?). A questo punto
temi un documentario deprimente sulle realtà lavorative abbandonate dalle
multinazionali, e invece, dopo un’inutile fiammata di protesta in cui Mauro
salta in aria, ecco che Cesare molla tutto e come l’eroe del Bianciardi
della Vita agra va in guerra contro l’azienda che sta per
svendere la miniera ai cinesi: porta con sé candelotti di dinamite e il
fratello fragile di Mauro, Francesco (Curreli), svanito e maniaco
dell’eleganza che gira con una foto di Cossiga sottobraccio e ne tesse le lodi
con aneddoti gustosi. Un on the road sardo tra il demenziale e il surreale, in
certi momenti una variante isolana degli eroi di Kaurismaki: affittacamere
paralitici (il regista Grimaldi), travestiti che amano danzare, locali disco
pieni di segni religiosi, riferimenti cinefili e bombaroli (Il
bandito delle 11 di Godard, qui in versione originale, Pierrot
le Fou). Film discontinuo, malinconico, a volte esilarante, con una
metafora tragica: attenti all’asino cieco.
…“La guerra di Cesare – continua
il regista – è anche un film sull’amicizia e
sull’accudimento che l’amicizia richiede. È importante imparare a volersi bene
l’un l’altro. Cesare, che all’inizio è un po’ una materia inerte nel film,
attraverso alcune relazioni molto assurde e grottesche, come quelle con Mauro e
Francesco, i personaggi principali, riesce a trasformarsi e inizia a militare
per loro, a lottare per loro, nonostante siano due personaggi fuori dalle
righe, due reietti. La vera forza di Cesare è il coraggio, quello che mostra
per gli altri, con i quali riesce a creare una relazione di grande generosità”.
“Cesare è un essere umano con tutte le sue debolezze,
i suoi dubbi, il suo non sapere come possano andare le cose – aggiunge l’attore protagonista Fabrizio Ferracane – non è un superuomo, come quelli che di solito siamo abituati a
vedere, che non sbagliano o non cadono mai; e forse per questo Cesare è il
personaggio che mi somiglia di più tra quelli che ho incontrato nel mio lavoro.
Con lui sento di avere in comune uno sguardo sulle cose e sulla vita. Questa
interpretazione mi ha dato una maggiore consapevolezza sul fatto che le mie
tante domande, le mie increspature, le non certezze e i miei errori, in fondo
vanno bene così ed è la cosa che mi ha fatto innamorare di Cesare perché è un
uomo con dei dubbi e forse i dubbi se li pongono proprio le persone più
sensibili e intelligenti”…
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