domenica 18 maggio 2025

Paternal Leave – Alissa Jung

il film inizia con un padre (Luca Marinelli) incapace, inadatto e stupido, e una figlia (Juli Grabenhenrich) confusa che vuole trovare un padre, non uno stupido.

in due giorni il padre trova una figlia e la figlia trova il padre.

una brava regista (che è anche compagna di Luca Marinelli), pochi interpreti, ma tutti bravissimi, la bambina e la figlia piccola, sopra tutti.

Luca Marinelli ha un ruolo scomodo e difficile, e fa un'ottima figura, nella sua storia di padre assente per 15 anni.

commovente il ruolo di Edoardo, un ragazzo che ha problemi con il padre, come Leo, e forse per questo non possono non andare d'accordo.

un piccolo film che merita.

buona (paternale e filiale) visione - Ismaele 

 

 

 

E’ noto come spesso, nelle situazioni di tensione familiare o di stallo emotivo, i bambini più piccoli siano in grado di assumere la leadership del momento, portando gli adulti a prendere decisioni e a smuovere incertezze nell’arco di pochi attimi, quando i piccoli assumono senza esitazioni un comportamento deciso e diretto: ed è esattamente quello che accade, nel bell’esordio di Alissa Jung, all’interno delle sequenze che coinvolgono la bimba Emilia. Il padre, Paolo, gestisce una struttura su di una spiaggia dell’Emilia Romagna, dove vive, tra il capanno e il camper: siamo in inverno, il litorale è deserto e una mareggiata ha anche lasciato un po’ di danni al chioschetto. Ed ecco che a casa di papà Paolo appare una adolescente tedesca, Leo (Juli Grabenhenrich, che dona al personaggio un bel carattere netto), mai vista prima: chi sarà? Mentre Paolo e l’ex-compagna Valeria (madre di Emilia) sembrano spaesati e innervositi, la bambina non ha dubbi: Leo dovrà giocare con loro, fare colazione con loro, accompagnarla in una corsa incosciente in pineta.
Il motivo per cui Paolo è così infastidito dall’arrivo di Leo, la quale è partita di nascosto dal suo appartamento di Berlino per arrivare ad incontrarlo, è che la ragazza è la figlia “segreta” dell’uomo, avuta a 21 anni, abbandonata e mai reincontrata fino ad ora. Come farà questo solitario surfer amante del mare adesso a conciliare le sue due vite?...

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Proprio per via della sua natura narrativa, non si sbaglia nel parlare di Paternal Leave come di un "kammerspiel" a pieno titolo. Quantomeno in termini spirituali. Perché se è vero che l'opera di Jung si caratterizza di riprese in esterna – principalmente nei paesaggi invernali a perdita d'occhio di una fredda ma accogliente Marina Romea – è la cura registica della giovane ma già matura autrice a dare al racconto una certa natura "da camera" nel concatenamento di immagini intime e asciutte, di colori opachi in luce tenue che raccontano dell'incontro di vite tra Leo e Paolo.

Un legame fragile che prova a rinascere tra valanghe di domande pre-impostate, crostatine, cornetti e fenicotteri rosa, per poi essere messo a nudo dal caso chirurgicamente calcolato della sceneggiatura di Jung nel tumulto esplosivo di un dolore silenziato per anni che va, infine, a traboccare in tutta la sua violenza. In una cura emotiva rievocativa, nelle atmosfere, del Wim Wenders di Alice nelle città e Paris, TexasPaternal Leave mette di fronte, l'uno all'altro, Leo e Paolo, prima facendo scoprire ai due come sono più le similitudini ad accomunarli che non le differenze a separarli, per poi sbattere loro in faccia un'universale verità taciuta dell'umanità: sempre, ma non spesso, è la vita che sceglie per noi…

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Jung firma un dramma familiare a tratti molto duro, con un padre che si ostina a ricadere nell'errore e nascondere a tutti questa figlia ritrovata e il dolore di quest'ultima, che sente tutto il peso dell'impropria etichetta dell'errore. Ma anziché firmare un film "camera e cucina", la regista ha il merito di far respirare i suoi personaggi, e il pubblico con loro, attraverso campi lunghi, panorami ampi, spazi romagnoli in cui perdersi con lo sguardo, come fanno in diverse scene i protagonisti, gettando lo sguardo verso il mare o i fenicotteri.

Pur essendoci altri personaggi significativi nel mezzo, come il fattorino Edoardo (Arturo Gabbriellini) che fa da compagnia e da spalla alla protagonista, condividendo con lei le difficoltà con la figura paterna, il focus del film sta tutto nella relazione a due tra figlia e padre, imperfetta, difettosa, frangibile che sa trovare la sua verità taciuta - e la sua emozione - in un abbraccio insperato.

Guai ad alzarsi ai titoli di coda: oltre alle foto di backstage, c'è la voce di Marinelli che delizia il pubblico interpretando il poetico brano di Giorgio Poi "Solo per gioco" che racchiude bene il senso del film: "E tutte le paure/ Certo spariranno in un momento/ E ridere per questo/ Vivere per questo, diventare questo".

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La Jung toglie, non aggiunge. Ci risparmia digressioni, spiegazioni estemporanee e si concentra sul presente. I gesti, gli sguardi e i silenzi sono protagonisti. E dall’interpretazione meravigliosa dei protagonisti traspira tenerezza.  

La storia pregressa di Leo e di suo padre, Paolo, viene taciuta, appena accennata. Si entra così, in medias res, nelle vite di due (neo)adulti sorpresi dallo stesso bisogno d’amore.

È un film che non si chiude, non si risolve, ma lascia libera interpretazione – tuttavia propendente all’ottimismo – anche sul finale. Alcuni aspetti sono chiaramente intuibili, ma non vengono forniti dettagli: Paolo ha un passato particolare e, indubbiamente, fatica a trovare un equilibrio nella sua vita e nei rapporti che intesse con gli altri, e ciò si riflette inevitabilmente anche nel suo stile di vita.

È un dramma, quello di Paternal Leave, che si mostra duro, per quanto spoglio, e decisamente reale. Anche se non ha più 21 anni, Paolo è tutt’altro che pronto a essere padre. Continua a fuggire dalle proprie responsabilità. Prova disperatamente a non ricadere negli errori del passato, ma tale tentativo è riservato esclusivamente alla seconda figlia, Emilia

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1 commento:

  1. https://volerelaluna.it/andiamo-al-cinema/2025/05/21/paternal-leave-ma-che-freddo-fa-in-questa-famiglia-che-non-ce/

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