prima un invito, leggiamo qualche libro di Goliarda Sapienza.
il film di Mario Martone racconta, mostra, evidenzia la solitudine della protagonista, il rapporto di Goliarda (una straordinaria Valeria Golino) con Roberta (una straordinaria Matilda De Angelis), che poi contribuisce alla creazione dei materiali di partenza per i libri della scrittrice.
al cinema, appena si spengono le luci, si entra nel film, con lo sguardo di Goliarda Sapienza, ma noi siamo fuori dalla sua mente e dai suoi pensieri.
non ci sono colpi di scena magici e sorprendenti, il ritmo è quello di Sapienza/Golino, solo i suoi sguardi, il suo respiro, i suoi gesti ci fanno intuire qualcosa di una storia davvero fuori dall'ordinario.
un film da non perdere, e aspettare qualche minuto, nei titoli di coda appare una breve intervista di Enzo Biagi a Goliarda Sapienza.
buona (straordinaria) visione - Ismaele
…Un plauso a Martone: solo un regista con la sua
esperienza poteva muoversi con tale rispetto tra i silenzi, le pause, i
pensieri non detti di una donna come Goliarda Sapienza. Brave anche le
interpreti, in particolare Valeria Golino, che restituisce con misura e
profondità un personaggio torbido e indomabile, sempre in lotta con se stessa e
col mondo. Eppure, qualcosa sfugge. Forse perché è difficile davvero raccontare
chi vive ai margini anche del racconto stesso, chi è sempre oltre, mai del
tutto afferrabile. I personaggi appaiono come figure complesse che, nel poco
tempo concesso, restano un po’ chiuse, inaccessibili. Anche noi spettatori, pur
toccati, restiamo parzialmente fuori, come a guardare attraverso
una porta accostata. La sceneggiatura, pur curata, sembra non affondare del
tutto nel magma emotivo che avrebbe potuto sprigionare dalla scrittura di
Sapienza, autrice che oggi consideriamo fondamentale ma che ancora si fa fatica
ad ascoltare davvero. E tuttavia, Fuori resta un film
necessario, un atto politico e culturale, una chiamata alla memoria. Bello il
rimando parallelo alla serie L’arte della gioia, e applausi
sinceri a Golino, che con discrezione ha fatto da ponte tra quella donna e noi.
Per sentirsi fuori e per sentire Fuori,
bisogna stare dentro una sala cinematografica e abbandonarsi
a quella libertà che solo il cinema sa offrire…
…Perché tutto questo lavoro formale e narrativo, per
Mario Martone, ha senso nella misura in cui si muove al ritmo del sentire di
Goliarda Sapienza. Che “vive amori e furori in egual
misura”. Che è sempre presente, eppur sempre altrove. Che afferma di
aver da fare, ma passa il suo tempo “stronandosi”
scrivendo. Che sa di non appartenere più, forse di non di essere mai
appartenuta, a quel mondo di intellettuali sterili, “non ne
posso più dei salotti. Anzi, loro non ne possono più di me”. E che,
perciò, cerca una nuova forma di solidarietà con le sue compagne di cella.
Eppure rimane sempre staccata dal piano di realtà, come le rinfaccia,
incazzandosi, Roberta, lei sì pienamente immersa nei suoi anni, tra l’eroina e
la battaglia politica. Ma, proprio per questo, è Goliarda, solo Goliarda, ad
aprire squarci, varchi tra le maglie della storia, delle relazioni, degli
sguardi, delle idee.
Ecco. Mario Martone ci regala un
film magnifico ed enorme. Grazie alle sue interpreti: Valeria Golino,
ovviamente, ormai pienamente dentro l’universo della scrittrice, una stupenda,
straordinaria Matilda De Angelis, la sorprendente Elodie. E a tutto il cast di
contorno, Daphne Scoccia – James Dean, Sonia Zhou – Suzie Wong, Corrado Fortuna
– Angelo Pellegrino. Ma soprattutto grazie al suo sguardo inquieto,
inclassificabile, libero. Che diventa straziante nel finale, quando racconta
l’ultimo incontro tra Goliarda e Roberta.
…Martone ricostruisce
meticolosamente l’atmosfera di quell’epoca, un periodo di transizione e
contraddizioni per l’Italia, dove alle tensioni politiche si mescolavano nuove
forme di espressione e libertà personale. In questo contesto, il percorso
di Goliarda e il suo rapporto con Roberta emergono
come una forma di resistenza silenziosa ma potente.
Uno degli aspetti
più riusciti di “Fuori” è la rappresentazione del
legame tra Goliarda e Roberta, un rapporto che
sfugge a facili categorizzazioni. Non è semplicemente amicizia, non è solo
attrazione, non è solidarietà: è un’alleanza esistenziale, un riconoscersi
reciproco che va oltre le convenzioni sociali.
Martone tratta questa relazione con una delicatezza e una
profondità rarissime nel cinema contemporaneo. Ogni sguardo, ogni silenzio,
ogni gesto tra le due donne è carico di significato. La complicità che si sviluppa tra loro
diventa progressivamente una forma di resistenza contro un mondo che non
comprende la loro libertà interiore.
“Fuori” è
anche una potente riflessione sul processo creativo e sul potere salvifico
della scrittura. Il film mostra come l’incontro con le detenute riaccenda
in Goliarda la scintilla della creatività,
permettendole di ritrovare la sua voce letteraria. Le scene in cui la vediamo
scrivere colpiscono. Martone riesce a rendere
visivamente il processo creativo: la scintilla dell’ispirazione, la lotta con
le parole, l’urgenza di raccontare. Attraverso questa rappresentazione, il film
diventa anche una riflessione sul potere dell’arte di trasformare l’esperienza
umana, persino quella più dolorosa, in qualcosa di significativo e universale…
…Valeria Golino, che conosce a fondo la figura di
Sapienza anche per averla a lungo studiata in preparazione alla sua regia della
serie L'arte della gioia, ne coglie alla perfezione l'elusività e lo
straniamento, vagando per il film peripatetico diretto da Mario Martone e da
lui scritto insieme a Ippolita di Majo con la sensazione palpabile di una non
appartenenza, non alla sua epoca o al suo contesto, ma all'esistenza tutta, e
del suo sentirsi molto più affine alle carcerate che ai frequentatori dei
salotti dell'intellighenzia. La sua Goliarda ha fame di vita (oltre che tentazioni
di morte) e trova in Roberta e Barbara, rumorose, sopra le righe e sfacciate,
le portavoce del suo grido inespresso.
Per contro l'interpretazione di Golino è magistrale nel mantenersi
sottotono e nel giocare in sottrazione, resistendo alla tentazione facile
(cinematograficamente parlando) di mostrarsi istrionica e creare il ritratto di
un'artista follia e sregolatezza. Le sue tenerezza e malinconia nel dare voce a
Goliarda mostrano un rispetto profondo verso un'autrice che desiderava vedere
amato il suo romanzo e non ci è riuscita nel suo tempo di vita: "Quel
libro sono io", dirà, con commovente sincerità. Lei e le sue due amiche
"sono dentro anche quando sono fuori", e solo quando sono insieme si
sentono libere: bellissima la scena in cui cantano fuori da Rebibbia e i
detenuti rispondo unendosi al canto…
…rimanendo in
superficie, fuori, potrebbe apparire il semplice racconto di
un’amicizia improbabile, con accenni saffici; è solo provando ad
entrare realmente dentro che il fuoricampo, il non
detto, il non visibile, l'impianto tutto – giocato sul sottilissimo
crinale tra realtà e immaginazione, e il continuo disinteresse per un racconto
“cronologico” è lì a dimostrarlo –, finiscono per depositarsi nelle
coscienze, proprio come accadde un tempo con L’odore del sangue,
altro film tra i meno “concilianti” e più “selvaggi” del regista
partenopeo.
Ad
emergere con strafottenza quasi selvatica è allora la prova di una struggente
Matilda De Angelis: la sua Roberta quasi pasoliniana, eroinomane
disperata eppur vitalissima, sorta di immaginifico e carnalissimo angelo
custode di corrispondenze corsare che, solo nel finale, capiremo quale futuro
assegneranno all’amica Goliarda.
In quel fantasmatico
commiato, sulla banchina della stazione Termini, scorrono le possibili e
intangibili traiettorie di un abbraccio che fisicamente si era risolto solo
qualche minuto poc’anzi e che poco dopo sembra svanire nel nulla ma che in
realtà, spiritualmente, sarà lungo per sempre: quello tra una scrittrice aliena
alla conformità del mondo che abitava e il grido della vita nella sua forma più
ferina e inclassificabile. Che di norma viene invece soffocato, e recluso…
Lo hanno così in tanti chirurgicamente massacrato questo film, che ora sono curioso di vederlo...
RispondiEliminamai (o quasi mai) fidarsi di chi scrive di cinema :) ognuno decida con i suoi occhi e il suo cuore...
EliminaScrivere di musica è come ballare di architettura, scriveva Frank Zappa - mutatis mutandis, a volte vale anche per il cinema?
EliminaNon mi ha convinto fino in fondo: per chi, come me, poco o nulla sa della protagonista, alla fine mi è parsa più esplicativa l'intervista finale sui titoli di coda (alla Speranza "vera") che l'intero film. Golino e De Angelis comunque molto brave, mentre la parte di Elodie, con tutto il rispetto, poteva farla chiunque...
RispondiEliminail film sarà l'occasione di leggere qualcosa di Goliarda Sapienza, no?
EliminaGolino e De Angelis (la ricordo in Veloce come il vento, https://markx7.blogspot.com/2016/04/veloce-come-il-vento-matteo-rovere.html) battono Elodie, sono d'accordo.