sabato 24 maggio 2025

Fuori - Mario Martone

prima un invito, leggiamo qualche libro di Goliarda Sapienza.

il film di Mario Martone racconta, mostra, evidenzia la solitudine della protagonista, il rapporto di Goliarda (una straordinaria Valeria Golino) con Roberta (una straordinaria Matilda De Angelis), che poi contribuisce alla creazione dei materiali di partenza per i libri della scrittrice. 

al cinema, appena si spengono le luci, si entra nel film, con lo sguardo di Goliarda Sapienza, ma noi siamo fuori dalla sua mente e dai suoi pensieri.

non ci sono colpi di scena magici e sorprendenti, il ritmo è quello di Sapienza/Golino, solo i suoi sguardi, il suo respiro, i suoi gesti ci fanno intuire qualcosa di una storia davvero fuori dall'ordinario.

un film da non perdere, e aspettare qualche minuto, nei titoli di coda appare una breve intervista di Enzo Biagi a Goliarda Sapienza.

buona (straordinaria) visione - Ismaele

 

 

 

Un plauso a Martone: solo un regista con la sua esperienza poteva muoversi con tale rispetto tra i silenzi, le pause, i pensieri non detti di una donna come Goliarda Sapienza. Brave anche le interpreti, in particolare Valeria Golino, che restituisce con misura e profondità un personaggio torbido e indomabile, sempre in lotta con se stessa e col mondo. Eppure, qualcosa sfugge. Forse perché è difficile davvero raccontare chi vive ai margini anche del racconto stesso, chi è sempre oltre, mai del tutto afferrabile. I personaggi appaiono come figure complesse che, nel poco tempo concesso, restano un po’ chiuse, inaccessibili. Anche noi spettatori, pur toccati, restiamo parzialmente fuori, come a guardare attraverso una porta accostata. La sceneggiatura, pur curata, sembra non affondare del tutto nel magma emotivo che avrebbe potuto sprigionare dalla scrittura di Sapienza, autrice che oggi consideriamo fondamentale ma che ancora si fa fatica ad ascoltare davvero. E tuttavia, Fuori resta un film necessario, un atto politico e culturale, una chiamata alla memoria. Bello il rimando parallelo alla serie L’arte della gioia, e applausi sinceri a Golino, che con discrezione ha fatto da ponte tra quella donna e noi. Per sentirsi fuori e per sentire Fuori, bisogna stare dentro una sala cinematografica e abbandonarsi a quella libertà che solo il cinema sa offrire…

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…Perché tutto questo lavoro formale e narrativo, per Mario Martone, ha senso nella misura in cui si muove al ritmo del sentire di Goliarda Sapienza. Che “vive amori e furori in egual misura”. Che è sempre presente, eppur sempre altrove. Che afferma di aver da fare, ma passa il suo tempo “stronandosi” scrivendo. Che sa di non appartenere più, forse di non di essere mai appartenuta, a quel mondo di intellettuali sterili, “non ne posso più dei salotti. Anzi, loro non ne possono più di me”. E che, perciò, cerca una nuova forma di solidarietà con le sue compagne di cella. Eppure rimane sempre staccata dal piano di realtà, come le rinfaccia, incazzandosi, Roberta, lei sì pienamente immersa nei suoi anni, tra l’eroina e la battaglia politica. Ma, proprio per questo, è Goliarda, solo Goliarda, ad aprire squarci, varchi tra le maglie della storia, delle relazioni, degli sguardi, delle idee.

Ecco. Mario Martone ci regala un film magnifico ed enorme. Grazie alle sue interpreti: Valeria Golino, ovviamente, ormai pienamente dentro l’universo della scrittrice, una stupenda, straordinaria Matilda De Angelis, la sorprendente Elodie. E a tutto il cast di contorno, Daphne Scoccia – James Dean, Sonia Zhou – Suzie Wong, Corrado Fortuna – Angelo Pellegrino. Ma soprattutto grazie al suo sguardo inquieto, inclassificabile, libero. Che diventa straziante nel finale, quando racconta l’ultimo incontro tra Goliarda e Roberta.

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Martone ricostruisce meticolosamente l’atmosfera di quell’epoca, un periodo di transizione e contraddizioni per l’Italia, dove alle tensioni politiche si mescolavano nuove forme di espressione e libertà personale. In questo contesto, il percorso di Goliarda e il suo rapporto con Roberta emergono come una forma di resistenza silenziosa ma potente.

Uno degli aspetti più riusciti di “Fuori” è la rappresentazione del legame tra Goliarda e Roberta, un rapporto che sfugge a facili categorizzazioni. Non è semplicemente amicizia, non è solo attrazione, non è solidarietà: è un’alleanza esistenziale, un riconoscersi reciproco che va oltre le convenzioni sociali.
Martone tratta questa relazione con una delicatezza e una profondità rarissime nel cinema contemporaneo. Ogni sguardo, ogni silenzio, ogni gesto tra le due donne è carico di significato. La complicità che si sviluppa tra loro diventa progressivamente una forma di resistenza contro un mondo che non comprende la loro libertà interiore.

“Fuori” è anche una potente riflessione sul processo creativo e sul potere salvifico della scrittura. Il film mostra come l’incontro con le detenute riaccenda in Goliarda la scintilla della creatività, permettendole di ritrovare la sua voce letteraria. Le scene in cui la vediamo scrivere colpiscono. Martone riesce a rendere visivamente il processo creativo: la scintilla dell’ispirazione, la lotta con le parole, l’urgenza di raccontare. Attraverso questa rappresentazione, il film diventa anche una riflessione sul potere dell’arte di trasformare l’esperienza umana, persino quella più dolorosa, in qualcosa di significativo e universale…

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Valeria Golino, che conosce a fondo la figura di Sapienza anche per averla a lungo studiata in preparazione alla sua regia della serie L'arte della gioia, ne coglie alla perfezione l'elusività e lo straniamento, vagando per il film peripatetico diretto da Mario Martone e da lui scritto insieme a Ippolita di Majo con la sensazione palpabile di una non appartenenza, non alla sua epoca o al suo contesto, ma all'esistenza tutta, e del suo sentirsi molto più affine alle carcerate che ai frequentatori dei salotti dell'intellighenzia. La sua Goliarda ha fame di vita (oltre che tentazioni di morte) e trova in Roberta e Barbara, rumorose, sopra le righe e sfacciate, le portavoce del suo grido inespresso.

Per contro l'interpretazione di Golino è magistrale nel mantenersi sottotono e nel giocare in sottrazione, resistendo alla tentazione facile (cinematograficamente parlando) di mostrarsi istrionica e creare il ritratto di un'artista follia e sregolatezza. Le sue tenerezza e malinconia nel dare voce a Goliarda mostrano un rispetto profondo verso un'autrice che desiderava vedere amato il suo romanzo e non ci è riuscita nel suo tempo di vita: "Quel libro sono io", dirà, con commovente sincerità. Lei e le sue due amiche "sono dentro anche quando sono fuori", e solo quando sono insieme si sentono libere: bellissima la scena in cui cantano fuori da Rebibbia e i detenuti rispondo unendosi al canto…

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…rimanendo in superficie, fuori, potrebbe apparire il semplice racconto di un’amicizia improbabile, con accenni saffici; è solo provando ad entrare realmente dentro che il fuoricampo, il non detto, il non visibile, l'impianto tutto – giocato sul sottilissimo crinale tra realtà e immaginazione, e il continuo disinteresse per un racconto “cronologico” è lì a dimostrarlo –, finiscono per depositarsi nelle coscienze, proprio come accadde un tempo con L’odore del sangue, altro film tra i meno “concilianti” e più “selvaggi” del regista partenopeo. 

Ad emergere con strafottenza quasi selvatica è allora la prova di una struggente Matilda De Angelis: la sua Roberta quasi pasoliniana, eroinomane disperata eppur vitalissima, sorta di immaginifico e carnalissimo angelo custode di corrispondenze corsare che, solo nel finale, capiremo quale futuro assegneranno all’amica Goliarda.

In quel fantasmatico commiato, sulla banchina della stazione Termini, scorrono le possibili e intangibili traiettorie di un abbraccio che fisicamente si era risolto solo qualche minuto poc’anzi e che poco dopo sembra svanire nel nulla ma che in realtà, spiritualmente, sarà lungo per sempre: quello tra una scrittrice aliena alla conformità del mondo che abitava e il grido della vita nella sua forma più ferina e inclassificabile. Che di norma viene invece soffocato, e recluso…

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5 commenti:

  1. Lo hanno così in tanti chirurgicamente massacrato questo film, che ora sono curioso di vederlo...

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    1. mai (o quasi mai) fidarsi di chi scrive di cinema :) ognuno decida con i suoi occhi e il suo cuore...

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    2. Scrivere di musica è come ballare di architettura, scriveva Frank Zappa - mutatis mutandis, a volte vale anche per il cinema?

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  2. Non mi ha convinto fino in fondo: per chi, come me, poco o nulla sa della protagonista, alla fine mi è parsa più esplicativa l'intervista finale sui titoli di coda (alla Speranza "vera") che l'intero film. Golino e De Angelis comunque molto brave, mentre la parte di Elodie, con tutto il rispetto, poteva farla chiunque...

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    1. il film sarà l'occasione di leggere qualcosa di Goliarda Sapienza, no?

      Golino e De Angelis (la ricordo in Veloce come il vento, https://markx7.blogspot.com/2016/04/veloce-come-il-vento-matteo-rovere.html) battono Elodie, sono d'accordo.

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