Jean-Pierre Daroussin e Ariane Ascaride sono ancora gli ottimi protagonisti di un film di Robert Guédiguian.
sono invecchiati, lei fa la donna delle pulizie e badante, lui è un vecchio pensionato in sedia a rotelle, insidiato dal figlio che vuole inpossessarsi della casa del padre.
Maria e Robert, nella Marsiglia mediterranea, ci mostrano che ubìn altra vita è possibile.
un film che non annoia mai, pieno di sorprese e di calore umano, da non perdere.
buona (poetica) visione - Ismaele
QUI la poesia di Victor Hugo
… E ci ha trasmesso il suo amore per Victor Hugo attraverso una
scena memorabile, puro cinema, che lascia stordito chi viene stregato dal suo
splendore senza che se ne accorga. Nel momento decisivo di una storia
lancinante in cui tutti i poveri esseri smarriti che si aggirano nelle strade
di Marsiglia come eremiti senza Dio che possono solo incontrare il martirio di
una fede senza fede, in questo momento decisivo Daroussin, che recita la parte
di un paralitico a cui la vita o la paura di vivere hanno tolto tutto, si erge
come il leone di pietra della Corazzata Potiomkin e proclama
la sua dignità, sfida il mondo che lo circonda e vince da solo la sua Maratona,
lui l’atleta senza gambe. E dice al poliziotto mediocre e antipatico, giovane,
con la barbetta rasa alla moda da neo-conformista dei nostri giorni «Sono nel
pieno possesso delle mie facoltà mentali. Non mi crede? Posso fare i conti.
Posso recitare una poesia a memoria. La vuole sentire. La conosce la Povera
gente?». Il poliziotto con la palpebra abbassata che spiove
perpendicolare alla sua barbetta da fighetto ha un sussulto e neanche capisce
di che cosa si stia parlando. E Daroussin il leone sillaba con precisione e con
calma, parole che sembrano prosa, ma che invece sono versi, impercettibili, ma
veri versi, smorzati con la nonchalance di un grande pianista
che suona piano, piano, pianissimo le note più brucianti, per suggerirle come
per caso e far tremare chi ascolta. E tremiamo anche noi ascoltando Victor Hugo
che si è incarnato di nuovo, che parla ancora con la voce di quest’attore con
l’accento meridionale e racconta la storia sublime dei poveri che hanno il
coraggio di amare anche se sono poveri, che è quello che sta facendo lui,
Daroussin, ma senza dirlo, così per caso, recitando versi di altri, mentre
nessuno lo ascolta. E noi abbiamo recepito il “messaggio” del regista, il
contenuto, la morale del film: ma senza accorgersene, dissolta nei fatti, in
puro racconto. Perché questa è la qualità principale del film: che sia
racconto, come ha cercato di spiegare il regista a chi gli chiedeva chiarimenti
sul suo “messaggio”. L’arte non è cronaca. Oggi siamo ossessionati
dall’informazione ci ha detto. Dai film tratti da una storia vera.
“Tratti”…come se fosse possibile trarre qualcosa dalla realtà. Come se la realtà
fosse una miniera, dove ci sono rocce non sentimenti, contraddizioni, dolore.
A chi non ha paura di questo,
raccomandiamo con tutta l’anima di vedere al più presto il film. Non sarà deluso.
…Per
decenni Robert Guédiguian ha scelto di ambientare i suoi film a
Marsiglia e di lavorare con gli stessi attori che negli anni cambiano insieme a
lui. Con quest’ultimo ha realizzato un inno alla
solidarietà e all’accoglienza che tocca il cuore, capace di raccontare tanti
tipi di amore enfatizzando la vicinanza, la solidarietà e la reciproca
assistenza passando per il lavoro, la fatica e senza dimenticare la dimensione
onirica e del desiderio. La troupe di La gazza ladra continua a
rappresentare storie ispiratrici di avvicinamenti, di nuovi inizi e di vie
d’uscita. Il nipotino continua a suonare, Maria riprende a lavorare con le
persone che ha sempre amato, divenute ormai per lei come una famiglia. Anche
i figli si innamorano di nuovo e tornano a sorridere. Non manca
nel film il momento della riflessione sulla sofferenza e sul dolore. Si
sceglie, però, di ricucire con il filo potente dell’assoluzione e si risolve
ogni questione con grazia e luce. Il regista non è malizioso: non ci ha fatto
nulla. Sono stati i grandi occhi al sorriso di Marilou e di Grégoire ad
incantarci.
…Ne "La gazza ladra"
emerge il lato più giocoso del fare cinema firmato da Guédiguian e il film ne
guadagna senza dubbio in sveltezza e leggerezza, soprattutto nei termini di una
regia che, nella prima parte, osserva persone e ambienti con lo sguardo
del flaneur incantato. Maria che prepara il branzino
impanato, lo sfrigolio del pesce che frigge, lo stacco di montaggio su
Darroussin che esce nel giardino assaporando gli odori provenienti dalla
cucina, il suo primo piano con gli occhi rivolti verso il mare, la sensazione
di quiete, il rumore di un aereo di passaggio. Nella costruzione di queste
scene lavorate sulla luce del sole di Marsiglia, su una tavolozza limitata di
colori che Guédiguian adopera con il gusto per bozzetto a tempera o
dell'acquerello en plein air, si sviluppa la mondanità di quello
che una volta si sarebbe chiamato proletariato e che il regista osserva con
tenerezza e senza moralismi…
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