sabato 26 agosto 2023

Submergence - Wim Wenders

una storia d'amore, d'acqua, di rischio, di vita e di morte.

James e Danielle s'incontrano in Normandia e va da sè che s'innamorano.

poi succede di tutto, nessuno sa niente dell'altro, ma non smettono di pensarsi,

buona (acquatica) visione - Ismaele

 

 

QUI il film completo, su Raiplay

 

 

Wim Wenders ha sempre sondato l’abisso (in)visibile dei sentimenti umani, concependo le proprie immagini come il falso movimento necessario per dar forma proprio a quelle dimensioni interiori. Da questo punto di vista Submergence è un film intimamente wendersiano: produzione e cast internazionale, stile e referenze transnazionali, tematiche universali che ci immergono nella storia recente. Tra la perturbante alienità dei fondamentalisti che rapiscono James e la ricerca dell’origine della vita che risucchia Danielle (quindi tra l’oblio della storia e il buio dell’oceano) scocca una scintilla di luce in quel semplice incontro amoroso. Un fantasma di memoria che torna ossessivamente nel fuori campo delle loro vite: il cinema si configura quindi come tempo sospeso e dilatato che impasta le immagini di Alain Resnais con quelle di David Lean, gli umori di Nicholas Ray con quelli di Terrence Malick…

da qui

 

Submergence è diviso abbastanza brutalmente in due tronchi. L'innamoranento: unità di spazio e tempo, monologhi, piani sequenza; l'allontamento: distanze spaziali e temporali, montaggio alternato, movimento e azione. La prima parte è forse la migliore: il centro sono i corpi dei due attori protagonisti, convintissimi e fisicamente votati alla causa, probabilmente motivati dalla presenza stessa del veterano in regia. Wenders ritrae lo svilupparsi del rapporto tra i due interessanti personaggi attraverso primi piani sinuosi e patinati, lunghe scene di confronto e dialogo. Poi l'idillio finisce, e il film cambia ancora.

La seconda parte è cinematograficamente forse più interessante, ma meno potente: Dani recede al ruolo di Penelope in attesa, e il film vira su una svolta politica piuttosto pretestuosa. Troppi cliché, troppa insistenza sulle sequenze di James e del suo conflittuale rapporto con terroristi da cartolina. Ampio spazio, invece, lo acquistano le riflessioni tra il mistico e il naturalista di Wenders: affidandosi quasi esclusivamente a inquadrature mute e stacchi di raccordo (superando in questo senso la tentazione dei flussi di coscienza malickiani), vediamo colmarsi la distanza di personaggi, di anime e di mondi (l'Europa civilizzata e l'Africa sanguinaria) attraverso il contatto con elementi primari quali luce, sole, rocce; e ovviamente l'acqua, centrale fin dal titolo, nel suo eterno doppio ruolo di Madre generatrice e mortifero oblio uterino. E' questo brodo primordiale dell'umanità, in cui Dani intende immergersi per trovare l'origine della vita, che si rivelerà il tramite tra i due amanti oltre lo spazio e il tempo.

L'occhio personale del regista rende in fin dei conti impossibile scambiare il  film con un prodotto di largo consumo. Poco oltre non si va, ma l'anima di Wenders è presente, e il suo sguardo pure.

da qui

 

Per sommi capi si potrebbe definire una storia d’amore tra due persone fuori dal comune che si troveranno forzatamente a subire il dolore della lontananza. Wenders innesta, al classico film sentimentale, una storia di spionaggio, con McAvoy rapito dai jihadisti e tenuto a marcire in una fatiscente cella. Le due parti riescono perfettamente a intersecarsi, creando una pellicola originale, con dialoghi ficcanti e una fotografia di assoluto valore. La Vikander e McAvoy formano una affiatata coppia di protagonisti, dimostrando tutta la loro bravura.

da qui

 


Nessun commento:

Posta un commento