Eduardo De Filippo dirige un film da un suo testo teatrale, al cinema pieno di colori e fuochi d'artificio è un giallo, su un morto che non è morto, con Eduardo (zio Nicola) artificiere muto, il nipote artista Alberto che perde la testa per Tania (Raquel Welch parla con un ridicolo accento torinese) e una polizia incapace e divertente.
un giallo napoletano, con sogni, inganni, imbrogli e silenzi.
niente di straordinario, ma si vede bene, con attori sopra le righe.
buona (pirotecnica) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo
…Non è più un’accusa all’immoralità dell’uomo né una dimostrazione muta e triste delle conseguenze di quest’immoralità, bensì è un’esplosione immotivata, che per certi versi profetizza Zabriskie Point (1970), in cui giungono le ultime parole (a voce!) di Zio Nicola, che da prosopopea dell’incomunicabilità si tramuta in showman apocalittico che col proprio fallimento forse voluto e sicuramente necessario in modo quasi catartico compie un atto di resistenza in forma di distruzione pura, com’è solo sensato per un mondo pre-sessantottino, portando anche Alberto a dover ricominciare la propria odissea nel giudizio e nello straniamento. L’unica fuga possibile è quella con Tania, a bordo di un sidecar, ed è qui che ritorna il titolo del film: non sentendo gli spari di Zio Nicola dal Paradiso, Alberto non capisce se è nella realtà o in un sogno. La fuga d’amore, che sembra tanto impossibile, forse lo è; Alberto non riesce più ad aggrapparsi all’atto di resistenza poetica del mutismo dello zio, che per lui era il vero e proprio filtro linguistico col reale (sia esso costruito attraverso la celluloide o su un palco), e quindi si trova bloccato in un eterno sogno, un finale impossibile in cui scompare all’orizzonte, come questo film, ingiustamente dimenticato ma potentissimo.
Uno dei film più singolari e dimenticati di Marcello Mastroianni. Subito dopo i successi internazionali dei film di De Sica-Ponti insieme alla Loren, l’attore torna su sfondi napoletani, stavolta con a fianco una star internazionale come Raquel Welch. Alla regia c’è il simbolo stesso di Napoli, Eduardo De Filippo, ma commercialmente l’operazione (debutto ‘in proprio’ del leggendario direttore di produzione Pietro Notarianni) sarà un disastro. Eduardo, sempre attento agli adattamenti delle proprie opere, stavolta si prende ogni libertà con la propria commedia Le voci di dentro: vuole che il cinema vinca, e il cinema che sceglie è quello dalla debordante dimensione visiva e musicale, quella linea pop italiana degli anni Sessanta che va da Fellini a Mario Bava, da Vittorio Caprioli a certo Alberto Lattuada a La decima vittima di Elio Petri. Qui c’è un improbabile Marcello Mastroianni, che oltretutto fa proprio uno scultore e pittore vagamente pop. Il film può essere goduto per la sua bizzarria, con Raquel Welch doppiata in piemontese, la colonna sonora di Rota che mescola citazioni di Funiculì Funiculà e La dolce vita, le scenografie e i costumi di Enrico Job e Gianni Polidori. Ma l’onirismo, che oggi può apparire di marca felliniana (tra 8½ e Giulietta degli spiriti) alla lunga stanca e l’effetto finale, claustrofobico, è una paradossale vendetta dell’elemento teatrale, a dispetto del bric-à-brac di musiche e immagini. - Emiliano Morreale
Fallimento commerciale e di critica ai tempi, il film viene oggi considerato da alcuni una sorta di anticipazione del cinema psichedelico degli anni successivi. Può darsi, ma resta soprattutto la prova definitiva della sostanziale mancanza di feeling fra Eduardo e il cinema. Poco giustificato da qualunque punto di vista, il film procede a tentoni, fra scontato folclore partenopeo, penosi tentativi di umorismo e fellinismi d'accatto. Mastroianni si aggira svogliato, ma il top dell'assurdo è Raquel Welch doppiata con un ridicolo accento torinese.
Eduardo De Filippo è un grande della letteratura italiana, insieme a Pirandello è stato il grande drammaturgo del Novecento italiano, meritava il premio Nobel per la letteratura che invece è stato assegnato ad un buffone di corte "rossa" che non c'entra un bel niente con la letteratura. Ma i premi si sa, non vanno a chi se li merita, è solo una stolta operazione di geo-politica. Eduardo con le sue commedie è stato un maestro di vita! Solo per questo non va giudicato, si prende atto d'un film in cui la produzione ha imposto tutto, anche gli attori. D'altronde, Eduardo stesso, in una conferenza all'Università La Sapienza, ebbe a dire che il cinematografo l'ha fatto solo per il denaro, dal momento che il teatro non paga, perché la Vera Arte non ha dato mai da mangiare a nessuno. Questo filmetto, pur gradevole, è stato tratto dal notevole dramma di Eduardo De Filippo "Le voci di dentro", un capolavoro, semplicemente un capolavoro! Per questo do "buono" al film, perché il voto al dramma da cui è tratto è inestimabile.
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