Di Christopher Nolan (uno dei registi più grandi in attività) si potrà dire di tutto, ma non che i suoi film lascino indifferenti o che siano girati avendo come obiettivo altro che la perfezione.
Tre ore che non annoiano, in un film di scienza, spionaggio, amore, amicizia, dubbi, ignobiltà, coraggio, fra le altre cose.
Gli attori sono tutti bravissimi, Cillian Murphy in primis (già ottimo attore nei film di Neil Jordan e Ken Loach, fra gli altri) e Robert Downey Jr, in un ruolo di pezzo di merda, vendicativo e maccartista, e tutti quanti.
Oppenheimer è un grande fisico, un genio, gli propongono la missione impossibile, non si tira indietro. Ha carta bianca per costruire la bomba atomica prima dei tedeschi, costruiscono per il suo team di teste d'uovo un villaggio nel deserto*.
Lui è un utilissimo e preziosissimo idiota, per Truman e la sua cricca, banda di assassini senza rimorsi, quelli restano al pilota dell'Enola Gay e a Oppenheimer.
Il complesso economico militare era già ben rodato.
La figura di Oppenheimer è complessa, ha molte facce, è insieme ingenuo, ma anche non lo è, e non sa dire bugie, grave difetto in quel mondo che prima lo ha messo sul piedistallo e poi l'ha schiacciato nella polvere.
uno dei film più grandi della stagione (italiana) 2023-2024.
non perdetevelo, se vi volete bene.
buona (atomica) visione - Ismaele
ps: un film non è un saggio storico; se c'è bisogno di scriverlo, ecco, l'ho scritto.
…Nel ‘45 Hitler si era sparato nel suo bunker e il
Giappone era allo stremo, lanciare quella bomba non era più una priorità
difensiva, anzi era la crudeltà più imprudente che si potesse commettere. Nolan
ci mostra i vertici militari e governativi a questionare su quale obiettivo
colpire: un sito abbastanza grande, di impatto mediatico, sufficientemente
abitato da civili, ma non troppi, per carità. Gli Usa potevano scegliere se
infierire sulla popolazione o tirare il freno a mano, se affermare la propria
superiorità militare o scegliere la lungimiranza e la saggezza. Oppenheimer era
al bivio della sua vita e della storia, una particella tra due fenditure:
andare fino in fondo alla sopraffazione con l'ordigno più potente al mondo o
calmare le acque e optare per la condivisione di quelle esiziali informazioni.
Condivisione o sopraffazione? Un’altra polarizzazione.
Era
una questione di potere. E il potere è contrario all’unione, potere è ciò che
divide, come fa etimologicamente il diavolo,
forza ontologico-centrifuga.
La
decisione del nostro anti-eroe sta in una citazione della Bhagavadgita,
Canto del Divino: “sono diventato Morte, il distruttore di mondi”. Oppenheimer
credeva davvero a ciò che affermava, e cioè che un’arma così tremenda avrebbe
avuto un effetto scoraggiante e quindi avrebbe vincolato l’umanità alla pace?
Oppenheimer il distruttore di mondi era un costruttore di pace?
L’opera
di Nolan inizia come un problema algebrico-chimico e diventa un problema di teodicea:
come spiegare la presenza del male nel mondo e la spinta folle dell’uomo verso
di esso, se c’è un Dio provvidenziale?
NON E’ UN FILM DI PROPAGANDA
Quello
che accadde sulle due città è storia, e Nolan non ci mostra un solo fotogramma
confuso e poche parole della devastazione nelle città giapponesi. Questo
sgomenta, ma del resto è una narrazione della vita di un personaggio e non un
documentario di storia.
La
terza ora del film è invece spesa dal regista nel raccontare la vendetta
personale di Strauss, presidente della Commissione per l’energia atomica degli
Usa, nel tramare la rovina di Oppenheimer[6],
titano caduto che si fa mangiare il fegato in udienza, per punirsi del rimorso.
Il processo è truccato, ma il giudice della sua coscienza è ormai
inappellabile. Il dilemmatico scienziato è precipitato in un buco nero dal
quale non si vede nessun orizzonte catartico. L’espiazione personale del
fisico, è darsi in pasto a un processo viziato. Il suo Tartaro era il senso di
colpa anche se non appare mai palesemente pentito del suo frutto nefasto.
Robert il ravveduto, Robert il colpevole ostinato.
L’ultima
impresa titanica (!) di Nolan non è un film sulla Seconda guerra, e neppure
propriamente sulla bomba, e non ci pare neppure un film di propaganda; è un
film sulla condizione esistenziale lacerante dell’essere umano. Nolan non
scagiona Oppenheimer e non ne fa un capro espiatorio delle azioni americane.
Non si tratta di caricare il peso del mondo su un uomo solo, sarebbe riduttivo
e falso.
Questa
fatica di Nolan è un film biografico-storico che diventa un thriller di
spionaggio, e durante la prima ora sembra talvolta di vedere la regia di
Malick, per la meraviglia che rimbalza tra atomi incandescenti e stelle
brillanti sulle rughe del tormentato protagonista. Sullo schermo vediamo un
film apocalittico “retroattivo” che ci porta all’innesco delle reazioni atomiche
che potrebbero trascinarci verso la fine della specie umana: l’innesco è nel
film, lo svolgimento sta a noi…
…Attingendo alla pietosa magrezza di Cillian Murphy – che ha raggiunto
attraverso una drammatica perdita di peso che difficilmente poteva permettersi
– e alle possibilità più morbide del suo viso con la bocca rosa e gli occhi
grandi, Nolan ci presenta un naif perennemente distratto, teneramente
eccentrico che si lascia trasportare dalle proprie visioni ed entusiasmi finché
non è troppo tardi per fare i conti con le conseguenze schiaccianti di ciò che
ha fatto. Non ha molto senso, in particolare, la ben nota e imponente ambizione
di Oppenheimer.
Potrebbe certamente aiutare a spiegare alcuni suoi comportamenti altrimenti
sconcertanti, come la sua insistenza nel comparire davanti al tribunale riunito
per rimuovere il suo nulla osta di sicurezza e offuscare la sua reputazione in
forme potenzialmente fatali per la sua carriera titanica. Accadeva nell’era
delle liste nere di McCarthy per partecipazioni al comunismo molto minori
rispetto a Oppenheimer, per quanto frammentarie fossero le sue attività
concrete. Nel 1954, le probabili conseguenze erano ovvie. Lo stesso Einstein
avvertì Oppenheimer di non apparire e poi, quando Oppenheimer si rifiutò di
ascoltare, lo congedò con un’osservazione tagliente al suo assistente: «Ecco
un narr», che in tedesco significa «sciocco».
Il rifiuto di Oppenheimer di evitare l’udienza è attribuito al suo sincero
patriottismo, ma sicuramente anche il suo senso di importanza personale e
intoccabilità ne facevano parte.
Come dimostra il film, una volta ricevuti gli attacchi della commissione,
Oppenheimer divenne morbido e cauto in un modo che fece infuriare sua moglie,
che voleva che lui combattesse con forza contro le forze del governo
statunitense che stavano dietro alla lista nera. Nolan lo rappresenta come una
sorta di «martirio di Saint Oppenheimer», ma una certa quantità di grossolano
carrierismo avrebbe potuto essere più evidente, come quando sua moglie grida:
«Perché non combatti?».
Dopotutto, aveva molto da perdere. Come dimostra il film di Nolan, Oppenheimer nel
dopoguerra era famoso, considerato il massimo scienziato d’America e forse del
mondo, celebrato sulla copertina della rivista Time. La sua
convinzione di poter aiutare a condurre la gestione delle armi nucleari da
parte del governo lungo linee più umanamente attente lo fece davvero licenziare
da Harry S. Truman in quanto «piagnucolone», ma il fatto è che in realtà veniva
consultato dal presidente su ogni altra importante vicenda in corso.
Quello di Nolan è il tipo di film che presenta una battuta astoricamente
drammatica e una pausa con brivido di orrore del pubblico quando qualcuno
menziona il nome di «Los Alamos», la misteriosa località nel deserto dove è
avvenuta la costruzione segreta della bomba atomica e il sito dei test di
Oppenheimer. C’è esattamente lo stesso tipo di brivido antistorico in Via
col vento (1939), quando Rhett Butler cita la battaglia che si sta
preparando in una piccola città della Pennsylvania che potrebbe decidere il
destino dell’intera Guerra civile, chiamata – pausa esasperata – «Gettysburg».
È banale da morire, ma piace sempre alla folla…
Al loro apice, i film di Nolan sono
davvero intelligenti nella concezione e nella costruzione. Gli illusionisti
di The Prestige, che impazziscono nel tentativo di
superarsi l'un l'altro, sono figure decisamente nolaniane. La
struttura tripartita di Dunkirk, che intreccia linee di trama che
si svolgono in periodi di tempo distinti, è altrettanto ispirata. Nel peggiore
dei casi, le sue opere di diventano troppo pensose e pretenziose. Le meccaniche
di distorsione della realtà di Inception, Interstellar e Tenet,
a malapena comprensibili, sanno di sciocchezza. Oppenheimer sembra
allo stesso modo ossessionato dalla risoluzione dei problemi. Per prima cosa,
Nolan si pone delle sfide. Per esempio, come rappresentare una reazione di
fissione subatomica in Imax? Come fare di un biopic su un fisico teorico un
blockbuster estivo di grande intrattenimento? Poi si mette all'opera. Oppenheimer riesce
a mantenere il pubblico col fiato sospeso e a far sì che le polverose
conversazioni e le verbose deposizioni a porte chiuse sembrino il materiale di
un thriller teso e avvincente. Ma quello che sfugge
a Nolan è la metafisica più profonda alla base del dramma.
Il film ritrae l'Oppenheimer
interpretato da Cillian Murphy più come uno scienziato metodico. Il fisico,
invece, era un pensatore profondo e radicale la cui
mente affondava nel mistico, nel metafisico e nell'esoterico. Un film
come Tree of Life di Terrence Malick dimostra che è
possibile rappresentare in un kolossal anche questo tipo di idee anche, che
però sembrano non sfiorare nemmeno Nolan. A voler essere generosi, si potrebbe
dire che la struttura a salti temporali del film rifletta la nozione di tempo
non lineare della Gita. Tuttavia, il rimescolamento della
cronologia della storia da parte di Nolan sembra più nato dall'istinto
dell'uomo di spettacolo di conservare il “grande botto” per
il climax. Quando la bomba esplode, e i suoi torrenti di fuoco riempiono il
gigantesco schermo Imax, non c'è la sensazione che Vishnu si stia rivelando in
quello "splendore di mille soli". È solo un'immensa
esplosione. Il regista è in definitiva un tecnico del mestiere, e proietta
questa sua personalità su Oppenheimer. Reagendo agli orribili e
ingiustificabili bombardamenti di Nagasaki e Hiroshima (che non vengono mai
rappresentati sullo schermo), l'Oppenheimer di Murphy li definisce "tecnicamente
riusciti".
Se valutato rispetto alla vita del
soggetto al centro del film, Oppenheimer può
apparire deludente. Non riesce a comprendere la visione del mondo, più
ampia e sostanziale, che ha animato l'esistenza, il lavoro e il tormento morale
del suo protagonista. Se confrontato con le ambizioni più puramente pratiche
dello stesso Nolan, forse la cosa migliore che si può dire del biopic è che –
parafrasando le parole pronunciate dal fisico nel momento della sua ascesa allo
status di dio distruttore del mondo – funziona. È un successo,
anche se solo da un punto di vista tecnico.
…Superato lo scoglio della prima ora, Nolan inizia a
tirare le fila del discorso, senza però rallentare nel ritmo né nella
costruzione della tensione. Perché il film stesso è un ordigno esplosivo e più
ci si avvicina all’azzerarsi del conto alla rovescia più il terrore per la
detonazione diventa palpabile. Un esplosione che diffonde il suo eco fino ai
nostri giorni, giorni di guerra, di minacce nucleari e, appunto, di morte e
distruzione. Il regista ha definito Oppenheimer un horror e
nel procedere della visione tale affermazione si spiega e trova dunque
conferma.
Perché con Oppenheimer si esplora come
il peggio di certi eventi non si manifesti necessariamente subito, ma possa
invece avere un impatto sull’umanità con effetti ritardati. Proprio come
avviene nel film al momento dell’esplosione: prima la luce, solo in seguito il
boato. Tutta la seconda parte della pellicola mira dunque a riflettere su ciò,
assumendo le sembianze di un monito senza però che questo si presenti in modo
didascalico. Il racconto e i personaggi ci parlano di un dato evento, rendendo
però sempre ben chiaro quanto la sua onda d’urto si sia tutt’altro che estinta.
È allora da qui che cresce l’emozione e la potenza del film, evidentemente
“nolaniano” ma allo stesso tempo diverso dalle sue precedenti opere.
Paul Schrader ha definito Oppenheimer il film più importante di questo
secolo. Un’affermazione forte, tutta da
verificare, ma che potrebbe non essere così azzardata. Ci sono opere in grado
di diventare le perfette definizioni del periodo in cui vengono prodotte e il
nuovo film di Nolan, pur parlando di un evento passato, potrebbe diventarlo per
questi nostri tempi. Perché? Perché per Nolan Oppenheimer è stato l’uomo più
importante mai esistito, moderno Prometeo che ha consegnato all’uomo lo
strumento definitivo con cui autodistruggersi. E di fronte all’idea di quel
frastuono, di quella luce accecante e a quei timori che si fanno strada
sottopelle, non resta che chiudere gli occhi.
La cosa più bella è stata vedere tanti, tanti giovani in una sala strapiena. Nolan è ormai l'unico, insieme a Tarantino, a riuscire nel miracolo, e gli va riconosciuto. Con Tenet mi aveva fatto incazzare, con Oppenheimer mi ha riconciliato con il suo cinema
RispondiEliminaTenet è stato un esperimento troppo cerebrale, Nolan si è ricordato che non si può incasinare troppo il cervello dello spettatore...
Eliminahttps://megachip.globalist.it/guerra-e-verita/2023/08/28/oppenheimer-un-film-per-un-risveglio/
RispondiEliminaOppenheimer è un film imperdibile, dice Matteo Saudino:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=4Qt2rFDdmG8&ab_channel=MatteoSaudino-BarbaSophia