lunedì 9 giugno 2025

Nero - Giovanni Esposito

arriva al cinema, miracolosamente, in tutti i sensi, un'opera prima di Giovanni Esposito, già attore in molti film.

i protagonisti (bravissimi) sono Nero (Giovanni Esposito) e Imma (Susy Del Giudice), fratello e sorella nel film (marito e moglie nella vita).

vivono in una città sul mare (il film è girato fra Mondragone e Castel Volturno), con più neri che bianchi, e la presenza della camorra non manca.

Nero cerca di andare avanti in una vita al là della legalità, e si cura della vita di Imma, un amore fraterno come pochi, la sorella malata che dipende solo da lui.

Imma ha la passione del disegno, e capisce tutto, anche se non sembra.

il film non sarà perfetto, ma non annoia mai.

a giugno le sale sono vuote, nessuno avrà problemi a trovare un posto, e nessuno si pentirà di aver visto questo film sorprendente.

buona (miracolosa) visione - Ismaele



 

 

Vorrebbe guardare il mondo come la sorella il Nero di Giovanni Esposito che qui si toglie la maschera ridereccia vista nella commedia partenopea – dal bellissimo Polvere di Napoli di Capuano a I fratelli De Filippo di Sergio Rubini – per mettersi le vesti di un (anti)eroe di provincia senza meriti o virtù.

Il risultato è un film di contrasti, fra il protagonista e la disaffezione dei luoghi (merito anche della scarna fotografia di Ciprì), il suo passato e una domanda che rintocca nella coscienza di Nero come un frastuono, un bivio inaspettato che reclama soltanto una scelta: l’ego del sé o il sacrificio per gli altri?

L’esordio di Giovanni Esposito è un film sincero, grezzo e tutt’altro che perfetto – innegabili i problemi di ritmo e una struttura in medias res che troppo presto si cala nel dramma – ma Nero ha il pregio di guardare alle forme di un sottogenere saturo come il crime meridionale e di riscriverne gli esiti verso un tenero mélo.

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Esposito interpreta anche il ruolo del protagonista, lasciando finalmente spazio a quel talentaccio che riusciva a trasparire anche dalle commedie più demenziali cui in passato ha partecipato. Con l'aiuto del direttore della fotografia Daniele Ciprì, Esposito firma un debutto originale ed elegante, benché ambientato fra macerie e vari stadi di abbrutimento.

Il suo Paride è un puro, un uomo fondamentalmente buono abituato a vivere di espedienti, con un attaccamento feroce a quella sorella che gli altri considerano solo una palla al piede, perché ha il "difetto" di essere troppo sensibile: ma il Nero non le impone le mani perché invece, dal suo punto di vista, in lei non c'è niente da curare. "È una malattia la sensibilità?", domanda retoricamente. Pur sapendo che purtroppo in certi quartieri e in certi ambienti degradati la sensibilità è un lusso che non ci si può permettere…

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Trama classica per una fiaba moderna, dove l’eroe è un disgraziato, la fata buona è una malata di mente e i cattivi sono mafiosi.
Paride, detto Nero, e sua sorella Imma hanno vissuto nell’infanzia momenti di una certa agiatezza, ma ora, adulti fatti e rimasti senza genitori, si trovano dalla parte dei perdenti della società. Lui vive commettendo furtarelli, maldestri e poco redditizi; lei è nello stato mentale di una bimba, ama disegnare ma lo fa con inquietanti premonizioni.

Tra i due c’è un legame saldissimo, tanto che Nero non si è fatto una famiglia per potersi dedicare alla sorella. Ma dietro allo stretto legame di amore fraterno si nasconde una remota, oscura e drammatica vicenda che ha portato i due a essere quello che oggi sono.
Durante una delle sue maldestre rapine, Nero per sbaglio uccide un uomo. Disperato, si china sul cadavere e poi scappa. Ma poco dopo apprende dalla TV che l’uomo in realtà è rimasto illeso. Ben presto questo miracolo viene attribuito a Nero, che però si accorge che tali prodigi hanno un prezzo che lui paga con il suo stesso corpo.

Un film bello: intenso, empatico, delicato, sensibile, ma anche capace della genuina ironia napoletana del bravissimo regista, come nella geniale trovata della “Madonna dei detersivi”…

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Un debutto alla regia che non passa inosservato, che affronta una moltitudine di problemi contemporanei senza risultare mai eccessivo. Periferia, santità, malavita, disabilità convivono tra le trame della pellicola in una danza naturale, che lascia sul fondo un intenso profumo di umanità, l’idea indissolubile del bene fraterno: atavico, indiscutibile, sincero. Legato da un filo sottilissimo e taciuto; una matassa finissima di cui alla fine si ritrova il bandolo. Finisce così Nero: due esseri poggiati sul creato, come i primi venuti al mondo (o come gli ultimi sopravvissuti). Soli in uno spazio che ci ha dimostrato di non concepire l’amore incondizionato. Eppure lo gridano. Nero lo grida fino al midollo, ce lo grida sottovoce, come chi non vuole dirci cosa fare, ma come. E ce lo mostra. Nero ci mostra come amare.

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