mercoledì 18 giugno 2025

Californie - Alessandro Cassigoli, Casey Kauffman

una ragazzina, marocchina, figlia d'immigrati, lascia la scuola, lavora nel salone di parrucchiera di Jasmine, a Torre Annunziata, cerca la sua strada.

è una scugnizza che cresce e a tredici ann iè gia una donna adulta, per maturità e responsabilità.

Jamila è bravissima, come non fare il tifo per lei?

buona (adolescente) visione - Ismaele

 

 

 

QUI si può vedere il film completo, su Raiplay   



 

Girato sempre accanto a Khadija/Jamila, visivamente curato e naturalistico come un documentario, neorealista e armoniosamente connivente con i corpi messi in scena, Californie non indulge neanche per un istante nel mostrare il «contesto disagiato», è molto distante da qualsivoglia pietismo ed è condito al contrario da tanta (magari amara) ironia. Basti pensare che il titolo del film deriva dall’insegna, mal eseguita, del negozio della parrucchiera cui Jamila presta servizio e che si doveva chiamare «California» ma la cui targa è stata declinata erroneamente al plurale. Certo il contrasto tra le strade di Los Angeles e il negozio di Torre Annunziata è programmatico anche nel misurare la distanza ambientale, ma Californie non è una storia di marginalità portata in scena con toni spenti ma anzi un racconto vivo, pulsante, punteggiato di scene persino comiche (come il finto mal di denti della protagonista) che volgono poi a una conclusione ineluttabilmente mesta, al risultato non voluto, come quella targa sbagliata appunto. I cambi di registro ben calibrati e i contrasti tra intenzioni e risultati lasciano talvolta un groppo in gola senza ricattare lo spettatore e al contrario divertendolo nel seguire le peripezie della nostra eroina. Il film è capace di coinvolgere e far immergere, in soli 80′, nelle “fasi” dell’esistenza di Jamila scandite in momenti che, messi in fila, inanellano a dire il vero una serie di disillusioni ma senza drammatizzarle pateticamente e tenendo fermo un solo climax emotivo (la conversazione con l’assistente sociale) da cui scaturisce una maturazione che avvicina affettivamente Jamila alla famiglia, ai cui problemi spesso non pare aver prestato troppa attenzione come capita del resto a tutti i ragazzini. Jamila esibisce sfrontatezza, sicurezza, ha sempre la battuta pronta ma è una persona che deve trovare la propria misura e ogni nuovo inizio, compreso ovviamente il finale, è ancora relativo e parziale sebbene le strettoie del tempo limitino di anno in anno le possibilità. Un bel documentario di creazione giocato sui contrasti sentimentali, su incongruità narrate con grazia, che parte dalla verità della protagonista per intessere un coming of age vero e proprio cui, in ogni caso, la giovane Khadija Jaafari dà corpo e voce in maniera incisiva, spontanea e ricchissima di sfumature.…

da qui

 

…Sulla vita reale, che potrebbe essere tale per migliaia di migranti senza cittadinanza e un impiego ben retribuito in Italia, Cassigoli-Kauffman innestano l’invenzione, una storia d’amore, i selfie, la parrucchiera, i Tik-Tok di una ragazzina tredicenne. Si capisce bene che i termini documentario e fiction potrebbero essere usati relativamente quando l’idea drammaturgica è tanto vicina alla vita quotidiana, alla sua sensibilità imprevedibile e brusca. Anche il tempo nel film rispetta la realtà che gli sta di fronte, per questo è diviso in quattro capitoli che corrispondono all’età di Jamila che avanza come un conteggio verso la maturità, l’indipendenza, verso l’immagine incipitaria che si apre al futuro.

In Italia l’interesse verso le ultime generazioni di immigrati, gli ambienti marginali e le periferie suburbane, con i problemi, a loro connessi, di criminalità, solitudine sociale, assenza delle istituzioni (basti pensare a Sole di Carlo Sironi, in concorso due anni fa a Venezia) non è cosa nuova, ma Californie, con un approccio documentaristico da film picaresco, lo fa con onestà etica e di sguardo. Le riprese, la maggior parte a mano, non vengono patinate, le parole messe in bocca o improvvisate dai protagonisti attingono da una tragedia che in Italia esiste e deve essere mostrata: il vocabolario e le prospettive sono quelle di persone che costantemente soffrono il conflitto tra la volontà di integrarsi e il rigetto, di questa volontà, da parte dello Stato. Lo sguardo di Jamila non è retorico, colpisce come un pugno, e Cassigoli-Kauffman lo hanno capito.

da qui

 

I sogni e la realtà. Non solo di una bambina immigrata in Italia, ma i sogni di tutti noi nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza.  Jamila, la protagonista marocchina, viene seguita nella sua crescita e bellezza dalla telecamera per ben 5 anni. Individuata dal regista durante le riprese del precedente film, il suo sguardo intenso ha quasi imposto la tessitura su di lei di una trama a metà strada tra realtà e finzione, raccontandoci la sua voglia di riscatto (attraverso la palestra e il pugilato) unita a quella di scappare da Torre Annunziata. Sì, sarò grande nel pugilato, una campionessa, e allora sì che mi vorranno come amica, anzi faranno a gara per avermi nel loro gruppo. È così che Jamila immagina il suo futuro da piccola, fingendo di parlare al telefono con qualcuno che la capisca. Ma nessuno la vuole come amica, a scuola, anzi la deridono e la chiamano pidocchiosa, puzzolente,  e lei ne soffre come un cane. Andrà avanti isolata e decisa a tornarsene in Marocco, sperando di racimolare i soldi del biglietto in qualche modo. Possibile? Certo che no. Anche se li avesse, i soldi, nessuno organizzerebbe il viaggio ad una minorenne. Meglio quindi lasciare la scuola e farsi assumere come apprendista parrucchiera e poi..... Sogni, sogni e speranze, speranze e vita reale si intrecciano nel suo giovane cuore mentre le belle riprese documentaristiche in 4:3 ci suggeriscono che i suoi sogni, come tanti sogni di tutti noi, non vedranno mai la luce.

da qui 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento