una ragazzina, marocchina, figlia d'immigrati, lascia la scuola, lavora nel salone di parrucchiera di Jasmine, a Torre Annunziata, cerca la sua strada.
è una scugnizza che cresce e a tredici ann iè gia una donna adulta, per maturità e responsabilità.
Jamila è bravissima, come non fare il tifo per lei?
buona (adolescente) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, su Raiplay
…Girato sempre accanto a
Khadija/Jamila, visivamente curato e naturalistico come un documentario,
neorealista e armoniosamente connivente con i corpi messi in scena, Californie non indulge neanche per un istante
nel mostrare il «contesto disagiato», è molto distante da qualsivoglia pietismo
ed è condito al contrario da tanta (magari amara) ironia. Basti pensare che il
titolo del film deriva dall’insegna, mal eseguita, del negozio della
parrucchiera cui Jamila presta servizio e che si doveva chiamare «California»
ma la cui targa è stata declinata erroneamente al plurale. Certo il contrasto
tra le strade di Los Angeles e il negozio di Torre Annunziata è programmatico
anche nel misurare la distanza
ambientale, ma Californie non è una storia di marginalità portata in scena
con toni spenti ma anzi un racconto vivo, pulsante, punteggiato di scene
persino comiche (come il finto mal di denti della protagonista) che volgono poi
a una conclusione ineluttabilmente mesta, al risultato non voluto, come quella
targa sbagliata appunto. I cambi di registro ben calibrati e i contrasti tra
intenzioni e risultati lasciano talvolta un groppo in gola senza ricattare lo
spettatore e al contrario divertendolo nel seguire le peripezie della nostra
eroina. Il film è capace di coinvolgere e far immergere, in soli 80′, nelle
“fasi” dell’esistenza di Jamila scandite in momenti che, messi in fila,
inanellano a dire il vero una serie di disillusioni ma senza drammatizzarle
pateticamente e tenendo fermo un solo climax emotivo (la
conversazione con l’assistente sociale) da cui scaturisce una maturazione che
avvicina affettivamente Jamila alla famiglia, ai cui problemi spesso non pare
aver prestato troppa attenzione come capita del resto a tutti i ragazzini.
Jamila esibisce sfrontatezza, sicurezza, ha sempre la battuta pronta ma è una
persona che deve trovare la propria misura e ogni
nuovo inizio, compreso ovviamente il finale, è ancora
relativo e parziale sebbene le strettoie del tempo limitino di anno in anno le
possibilità. Un bel documentario di creazione giocato sui contrasti
sentimentali, su incongruità narrate con grazia, che parte dalla verità della protagonista per intessere un coming
of age vero e proprio cui, in ogni caso, la giovane Khadija Jaafari dà corpo e
voce in maniera incisiva, spontanea e ricchissima di sfumature.…
…Sulla vita reale, che potrebbe essere
tale per migliaia di migranti senza cittadinanza e un impiego ben retribuito in
Italia, Cassigoli-Kauffman innestano l’invenzione, una storia d’amore, i
selfie, la parrucchiera, i Tik-Tok di una ragazzina tredicenne. Si
capisce bene che i termini documentario e fiction potrebbero essere usati
relativamente quando l’idea drammaturgica è tanto vicina alla vita quotidiana,
alla sua sensibilità imprevedibile e brusca. Anche il tempo nel film rispetta
la realtà che gli sta di fronte, per questo è diviso in quattro capitoli che
corrispondono all’età di Jamila che avanza come un conteggio verso la maturità,
l’indipendenza, verso l’immagine incipitaria che si apre al futuro.
In Italia l’interesse verso le
ultime generazioni di immigrati, gli ambienti marginali e le periferie
suburbane, con i problemi, a loro connessi, di criminalità, solitudine sociale,
assenza delle istituzioni (basti pensare a Sole di Carlo
Sironi, in concorso due anni fa a Venezia) non è cosa nuova, ma Californie,
con un approccio documentaristico da film picaresco, lo fa con onestà etica e
di sguardo. Le riprese, la maggior parte a mano, non vengono patinate, le
parole messe in bocca o improvvisate dai protagonisti attingono da una tragedia
che in Italia esiste e deve essere mostrata: il vocabolario e le
prospettive sono quelle di persone che costantemente soffrono il conflitto tra
la volontà di integrarsi e il rigetto, di questa volontà, da parte dello Stato.
Lo sguardo di Jamila non è retorico, colpisce come un pugno, e
Cassigoli-Kauffman lo hanno capito.
I sogni e la realtà. Non solo di una bambina immigrata in
Italia, ma i sogni di tutti noi nel passaggio dall'infanzia
all'adolescenza. Jamila, la protagonista marocchina, viene seguita nella
sua crescita e bellezza dalla telecamera per ben 5 anni. Individuata dal regista
durante le riprese del precedente film, il suo sguardo intenso ha quasi imposto
la tessitura su di lei di una trama a metà strada tra realtà e finzione,
raccontandoci la sua voglia di riscatto (attraverso la palestra e il pugilato)
unita a quella di scappare da Torre Annunziata. Sì, sarò grande nel pugilato,
una campionessa, e allora sì che mi vorranno come amica, anzi faranno a gara
per avermi nel loro gruppo. È così che Jamila immagina il suo futuro da
piccola, fingendo di parlare al telefono con qualcuno che la capisca. Ma
nessuno la vuole come amica, a scuola, anzi la deridono e la chiamano
pidocchiosa, puzzolente, e lei ne soffre come un cane. Andrà avanti
isolata e decisa a tornarsene in Marocco, sperando di racimolare i soldi del
biglietto in qualche modo. Possibile? Certo che no. Anche se li avesse, i
soldi, nessuno organizzerebbe il viaggio ad una minorenne. Meglio quindi
lasciare la scuola e farsi assumere come apprendista parrucchiera e poi.....
Sogni, sogni e speranze, speranze e vita reale si intrecciano nel suo giovane
cuore mentre le belle riprese documentaristiche in 4:3 ci suggeriscono che i
suoi sogni, come tanti sogni di tutti noi, non vedranno mai la luce.
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