Anna Magnani, Totò e Ben Gazzara sono dei perdenti, in una notte, l'ultima dell'anno, vorrebbero svoltare, ma non cambia mai niente.
non sarà un capolavoro, ma vedere Anna Magnani e Totò insieme, per la prima volta in un film, è un regalo senza prezzo.
guardatelo e godetene tutti.
buona (ladresca) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, in italiano
Titolo chiave nella filmografia di Monicelli, regista che ha
dato sempre il meglio di sè nell'agro, sensibile nel mostrar la tristezza che
la risata comunque maschera. Eccolo qui, grazie all'aiuto in sceneggiatura
della Signora Suso e dei grandi Age/Scarpelli, ricostituire la coppia
Totò-Magnani per ridarceli non più come icone impresse nella pellicola ma come
comparse della vita: soli, inadeguati, costretti a difendere la lorò dignità
con unghie laccate e pochi denti. Un film in cui tutti "recitano" una
parte dall'inizio alla fine. Crepuscolare e finale.
Il talento di due mostri sacri e la complicità della Magnani con
Totò, frutto di anni di lavoro insieme a teatro, genera una commedia brillante
dal sapore agrodolce, imperdibile per gli amanti del cinema puro. La cornice
romana e una fotografia dai chiaroscuri di rara intensità, che ricorda un certo
cinema antonionano, riflette ed evidenzia l'amaro di una vita dura ma che si
ama comunque. Inutile tessere le doti della Magnani, un mito in grado di
impressionare quanto a realismo delle sue interpretazioni, mentre Totò è magia
pura. Grande cinema.
Anni fa, leggendo una biografia su Anna Magnani, rimasi
colpito dalla riportata freddezza di cui parlava sui rapporti con Totò, con cui
avevano iniziato la carriera nell'avanspettacolo. In particolare, del fatto che
esistesse un solo film che li vede entrambi protagonisti ("Risate di
gioia" di Monicelli),raccontando delle difficoltà di far lavorare insieme
due "primedonne" del cinema. A dire il vero, avendo avuto
recentemente la possibilità di vedere il film, questa difficoltà è ben
dissimulata vuoi per la trama scoppiettante vuoi per l'estrema professionalità
di due dei più grandi attori del cinema italiano. Inoltre il film è veramente
gradevole, un insieme di equivoci e rocambolesche avventure di un terzetto di
"disperati" (oltre a Totò e la Magnani, anche un ottimo Ben Gazzara)
nella notte di Capodanno. Certo, non aspettatevi il Totò esilarante di altri
film (d'altro canto buona parte dei suoi film cosiddetti tardi mostrano un
attore diventato più maturo e posato, ma non per questo meno comico, solo di
una comicità meno pirotecnica). Una commedia degli equivoci brillante, non
eccezionale nella trama, ma sicuramente godibile dall'inizio alla fine.
…C’è una distanza abissale tra Umberto e
Tortorella e i vari commensali dei cenoni di fine anno, tutti arrivati, sicuri
di sé e così sprezzanti. Risate di gioia, dove le risate si svelano rare nella
crescente malinconia, è un film fatto di immediata semplicità che arriva dritto
al suo senso più profondo, tutto controcorrente. In questa prospettiva tutti i
registri sono alterati e dove ad esempio, il genio comico di Totò non si
manifesta secondo i canoni consueti e forse solo Anna Magnani riafferma il suo
talento multiforme nei panni però di un’altra popolana sconfitta dalla vita. È
un altro controcanto di Monicelli e i suoi personaggi, che difendono la propria
dignità pur nella povertà e nella sconfitta, sono il riflesso del lato oscuro
di una società all’epoca opulenta. Paradossalmente questo film, dal titolo
misuratamente e malinconicamente ironico, trova oggi una sua migliore
collocazione temporale. In un’epoca di sconfitti solo il genio di Mario
Monicelli poteva girare un film per il futuro, pienamente calato dentro la nostra
società, oltre 50 anni dopo la sua (prima) uscita.
…il film non fu un successo commerciale malgrado la presenza dei due
divi e la regia del sommo Mario, che veniva dagli exploit de I soliti ignoti e de La grande guerra. I motivi sono riscontrabili nelle
caratteristiche più evidenti di quest’opera rischiosa e quantomeno particolare:
è un film amarissimo, spesso cattivo se non addirittura acido, disincantato,
disperato. Non mi sorprende che nell’Italia che entrava nel boom economico una
storia come questa (tratta da due racconti di Alberto Moravia) non abbia
incontrato l’interesse del pubblico. È giusto recuperarlo per almeno tre
motivi. Il primo è la struttura, avvincente benché non sempre fluida: una notte
di Capodanno (all’epoca si diceva ancora San Silvestro) che inizia nella
miseria di vite piccole e spiantate, prosegue come in una grande fuga a tappe
per mangiare e inseguire qualche sogno di seconda mano (ristoranti,
metropolitane, palazzi nobiliari) e finisce nell’alba di un giorno che
inevitabilmente inizia nel peggiore dei modi.
Il secondo è la messinscena di Monicelli, sciolta, complessa, capace di
fotografare con maestria tanto le folle (le feste rappresentate sono quasi
felliniane nel senso dei Vitelloni) quanto i
singoli personaggi, contraddistinta da un tono sottilmente melodrammatico senza
finire nel patetismo più spiccio. Il terzo, e il più importante, è il
memorabile duetto dei due protagonisti: se Anna Magnani, di ritorno dall’Oscar
e dai melodrammoni americani, conferisce alla sua Gioia Fabricotti detta
Tortorella, comparsa di Cinecittà, tutta la disperata vitalità di chi spera
comunque che il domani offra qualcosa di diverso (ma la più grande attrice
italiana d’ogni tempo non amava affatto il film), Totò, nei panni del guitto
Umberto Pennazzuto, un vinto assoluto, mette a segno una delle più belle e
misconosciute interpretazioni del suo percorso recitativo (mai un eccesso, mai
una smorfia di troppo, mai niente fuori posto: che attore stupendo).
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