sabato 14 giugno 2025

Risate di Gioia - Mario Monicelli

Anna Magnani, Totò e Ben Gazzara sono dei perdenti, in una notte, l'ultima dell'anno, vorrebbero svoltare, ma non cambia mai niente.

non sarà un capolavoro, ma vedere Anna Magnani e Totò insieme, per la prima volta in un film, è un regalo senza prezzo.

guardatelo e godetene tutti.

buona (ladresca) visione - Ismaele

 

 

QUI si può vedere il film completo, in italiano

 

 

Titolo chiave nella filmografia di Monicelli, regista che ha dato sempre il meglio di sè nell'agro, sensibile nel mostrar la tristezza che la risata comunque maschera. Eccolo qui, grazie all'aiuto in sceneggiatura della Signora Suso e dei grandi Age/Scarpelli, ricostituire la coppia Totò-Magnani per ridarceli non più come icone impresse nella pellicola ma come comparse della vita: soli, inadeguati, costretti a difendere la lorò dignità con unghie laccate e pochi denti. Un film in cui tutti "recitano" una parte dall'inizio alla fine. Crepuscolare e finale.

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Il talento di due mostri sacri e la complicità della Magnani con Totò, frutto di anni di lavoro insieme a teatro, genera una commedia brillante dal sapore agrodolce, imperdibile per gli amanti del cinema puro. La cornice romana e una fotografia dai chiaroscuri di rara intensità, che ricorda un certo cinema antonionano, riflette ed evidenzia l'amaro di una vita dura ma che si ama comunque. Inutile tessere le doti della Magnani, un mito in grado di impressionare quanto a realismo delle sue interpretazioni, mentre Totò è magia pura. Grande cinema.

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Anni fa, leggendo una biografia su Anna Magnani, rimasi colpito dalla riportata freddezza di cui parlava sui rapporti con Totò, con cui avevano iniziato la carriera nell'avanspettacolo. In particolare, del fatto che esistesse un solo film che li vede entrambi protagonisti ("Risate di gioia" di Monicelli),raccontando delle difficoltà di far lavorare insieme due "primedonne" del cinema. A dire il vero, avendo avuto recentemente la possibilità di vedere il film, questa difficoltà è ben dissimulata vuoi per la trama scoppiettante vuoi per l'estrema professionalità di due dei più grandi attori del cinema italiano. Inoltre il film è veramente gradevole, un insieme di equivoci e rocambolesche avventure di un terzetto di "disperati" (oltre a Totò e la Magnani, anche un ottimo Ben Gazzara) nella notte di Capodanno. Certo, non aspettatevi il Totò esilarante di altri film (d'altro canto buona parte dei suoi film cosiddetti tardi mostrano un attore diventato più maturo e posato, ma non per questo meno comico, solo di una comicità meno pirotecnica). Una commedia degli equivoci brillante, non eccezionale nella trama, ma sicuramente godibile dall'inizio alla fine.

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C’è una distanza abissale tra Umberto e Tortorella e i vari commensali dei cenoni di fine anno, tutti arrivati, sicuri di sé e così sprezzanti. Risate di gioia, dove le risate si svelano rare nella crescente malinconia, è un film fatto di immediata semplicità che arriva dritto al suo senso più profondo, tutto controcorrente. In questa prospettiva tutti i registri sono alterati e dove ad esempio, il genio comico di Totò non si manifesta secondo i canoni consueti e forse solo Anna Magnani riafferma il suo talento multiforme nei panni però di un’altra popolana sconfitta dalla vita. È un altro controcanto di Monicelli e i suoi personaggi, che difendono la propria dignità pur nella povertà e nella sconfitta, sono il riflesso del lato oscuro di una società all’epoca opulenta. Paradossalmente questo film, dal titolo misuratamente e malinconicamente ironico, trova oggi una sua migliore collocazione temporale. In un’epoca di sconfitti solo il genio di Mario Monicelli poteva girare un film per il futuro, pienamente calato dentro la nostra società, oltre 50 anni dopo la sua (prima) uscita.

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…il film non fu un successo commerciale malgrado la presenza dei due divi e la regia del sommo Mario, che veniva dagli exploit de I soliti ignoti e de La grande guerra. I motivi sono riscontrabili nelle caratteristiche più evidenti di quest’opera rischiosa e quantomeno particolare: è un film amarissimo, spesso cattivo se non addirittura acido, disincantato, disperato. Non mi sorprende che nell’Italia che entrava nel boom economico una storia come questa (tratta da due racconti di Alberto Moravia) non abbia incontrato l’interesse del pubblico. È giusto recuperarlo per almeno tre motivi. Il primo è la struttura, avvincente benché non sempre fluida: una notte di Capodanno (all’epoca si diceva ancora San Silvestro) che inizia nella miseria di vite piccole e spiantate, prosegue come in una grande fuga a tappe per mangiare e inseguire qualche sogno di seconda mano (ristoranti, metropolitane, palazzi nobiliari) e finisce nell’alba di un giorno che inevitabilmente inizia nel peggiore dei modi.

 

Il secondo è la messinscena di Monicelli, sciolta, complessa, capace di fotografare con maestria tanto le folle (le feste rappresentate sono quasi felliniane nel senso dei Vitelloni) quanto i singoli personaggi, contraddistinta da un tono sottilmente melodrammatico senza finire nel patetismo più spiccio. Il terzo, e il più importante, è il memorabile duetto dei due protagonisti: se Anna Magnani, di ritorno dall’Oscar e dai melodrammoni americani, conferisce alla sua Gioia Fabricotti detta Tortorella, comparsa di Cinecittà, tutta la disperata vitalità di chi spera comunque che il domani offra qualcosa di diverso (ma la più grande attrice italiana d’ogni tempo non amava affatto il film), Totò, nei panni del guitto Umberto Pennazzuto, un vinto assoluto, mette a segno una delle più belle e misconosciute interpretazioni del suo percorso recitativo (mai un eccesso, mai una smorfia di troppo, mai niente fuori posto: che attore stupendo).

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