venerdì 28 aprile 2023

Dheepan – Jacques Audiard

nell'inferno della guerra in Sri Lanka, in un campo profughi, arriva l'occasione da non perdere, trasferirsi in Europa.

però bisogna essere una famiglia, e allora famiglia sia.

Dheepan, Yalini e Illayaal sono catapultati in Francia, non proprio vicino all'Arco di Trionfo o a Montparnasse.

vengono spediti in un quartiere di spacciatori e delinquenti, e devono (ri)costruirsi una vita.

incomprensioni, violenze, paure sono all'ordine del giorno.

e l'incubo della guerra non lascia mai Dheepan.

e alla fine ce la faranno, ma mica era scontato.

ottimo film, quando c'è la mano di un Audiard.

buona (tormentata) visione - Ismaele


 

 

QUI si può vedere il film completo, su Raiplay

 


Qualsiasi storia nel cinema di Audiard per raggiungere il paradiso del sentimentalismo, quella punta emotiva che suscita nello spettatore l'irrazionale sensazione di partecipazione alle vicende dei personaggi, deve passare per l'inferno della violenza. Come se le due forze fossero inscindibili nei suoi film si attraggono a vicenda: gli atti violenti o criminali chiamano amore e ogni amore per concretizzarsi prima o poi richiede di essere legittimato dalla violenza, altrimenti sembra non poter essere davvero tale.
Destinato a mettere a confronto e a sovrapporre questi due estremi, questa volta Audiard decide di eliminare ancora più del suo solito il primo livello di comunicazione. I protagonisti di Dheepan fanno molta fatica a parlarsi, non solo spesso non si capiscono per problemi di lingua ma anche quando parlano lo stesso idioma è come se non riuscissero ad essere chiari gli uni con gli altri. In un cinema in cui l'unica legge che conta è quella dei corpi, strusciati o impattati, non sarà mai con le parole che si potrà risolvere qualcosa, in storie in cui l'unica verità è quella espressa dagli istinti non è con il ragionamento che si può cambiare la propria vita…

da qui

 

Dheepan se mueve entre la poesía romántica de Garcilaso y el pesimismo prosaico de Steinbeck. Tras la gran sorpresa inicial y al margen de comparaciones que, a estas alturas ya resultan del todo innecesarias, ha llegado el momento de hacer balance y reflexionar para, fríamente, argumentar si la última ganadora de la Palma de Oro merece la severidad crítica con la que está siendo tratada desde que se conoció la decisión del jurado. No podemos olvidar la amplitud semiótica de la que hace gala el trabajo de Jacques Audiard. El concepto de multitrama es llevado a un elocuente y metafórico nivel de expresividad dramática, mientras las diferentes subnarraciones penetran como espadas afiladas dentro de la gran línea narrativa principal con una fluidez incontestable. Si de algo puede presumir Dheepan es de un manejo absoluto de la oratoria visual y la dialéctica argumental. Recordemos si no esa escena en la que el protagonista, que toma el nombre directamente del título de la película en una reivindicación empírica de prioridades, pasea por las oscuras calles francesas engalanado con una ridícula diadema. La imagen muestra su figura multiplicada, ofreciendo el primer juego de identidades al tiempo que la cámara nos acerca hasta un primer plano, para descubrir un severo semblante que contrasta con la absurda estampa propiciada por el luminoso corazón de plástico sobre su cabeza…

da qui

 

…Sospeso tra dramma sociale, melò e noir, Dheepan – Una nuova vita propone uno sguardo insolito sull’immigrazione, da premiare solo per il suo coraggio. Il tema, infatti, è solitamente foriero di opere di grande respiro, narrate con solennità, e dall’aspirazione al ritratto ad ampio raggio: le dinamiche più piccole, quelle delle implicazioni dello sradicamento sulla quotidianità, e persino degli affetti e della sfera sentimentale, vengono di solito lasciate in ombra dal cinema. Ben venga, allora, un’opera che non ha problemi a maneggiare la materia del melò, a presentare le contraddizioni di un’affettività prima negata, poi forzatamente (e spietatamente) costretta alla finzione. Il dramma di Dheepan, Yalini e Illayaal è quello di tre individui che (loro malgrado) cercano di ricostruire ciò che la loro condizione ha negato loro.

Audiard presenta vicenda di queste tre anime con uno sguardo oscillante tra il fuori e il dentro, tra un nucleo solidale da ricostruire e un contesto che gradualmente rivela le sue analogie con quello appena lasciato. La violenza, per tre quarti di film, è lasciata fuori campo, o addirittura esplicitata solo a metà, in sequenze visivamente sfocate: anche questa è una scelta estetica precisa, in un’opera che sceglie di concentrarsi soprattutto sulle dinamiche interne del nucleo “familiare” al centro del suo racconto. Solo nella sua ultima parte, il film recupera l’attitudine noir dell’autore, e la sua conoscenza e padronanza del gangster movie, in un’accelerazione narrativa che scuote lo spettatore e l’opera. La regia, per quanto fluida e dal buon ritmo, non è priva di aperture oniriche e di momenti di grande eleganza figurativa, in un buon equilibrio tra essenzialità e cura formale…

da qui

 

La violencia es otro de los elementos característicos del cine de Audiard, una violencia que siempre está presente en el ambiente y que acabará marcando las resoluciones finales de sus protagonistas, que se verán abocados a ella para poder liberarse, para poder continuar con sus vidas. En el caso de Dheepan la violencia está representada en la banda de traficantes de droga que domina los bloques de vivienda donde él ejerce de portero. Este espacio se irá convirtiendo en un campo de batalla, donde los sonidos y las imágenes violentas remiten a aquella guerra de la que huía la familia protagonista. La “explosión” violenta de Dheepan hacia el final recuerda el desenlace de Taxi Driver (Martin Scorsese, 1976) donde el también veterano de guerra (en aquel caso de Vietnam) Travis Bickle encarnaba violentamente todos los recuerdos, traumas y heridas de una guerra de la que no podía librarse…

da qui

 

 




2 commenti:

  1. Adoro Audiard, eppure questo è il suo film che mi è piaciuto meno anche se ha vinto la Palma d'oro. L'ho trovato costruito, abbastanza stereotipato, fatto quasi su misura (di Palma)
    Poi, ovvio, un Audiard "minore" è sempre di gran lunga "maggiore" di tanti altri registi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "un Audiard "minore" è sempre di gran lunga "maggiore" di tanti altri registi", dici bene

      come quando Maradona giocava da 9 certi erano delusi che non fosse da 10.

      se uno si abitua male, cioè troppo bene...

      Elimina