lunedì 3 aprile 2023

Betty Fischer e altre storie - Claude Miller

una ladra di bambini, suo malgrado, (altro che Putin)è la protagonista (Sandrine Kiberlain) del film.

quando muore il figlio Betty riceve l'invadente visita della madre, un po' fuori di testa, che per sostenere la figlia ruba un bambino per sostituire il nipote morto.

piano piano diventa il figlio, la polizia indaga, sul bambino scomparso, ma non sono troppo bravi, anzi...

una storia ad orologeria che non delude, promesso, Claude Miller è una garanzia.

buona visione - Ismaele


 

 

In quest'opera di Claude Miller (apparsa nelle nostre sale con ben due anni di ritardo), si avverte la prosecuzione di un cinema che da un lato possiede la consapevolezza del percorso fin qui tracciato, mentre dall'altro si abbandona ad un andirivieni di atmosfere, colori, racconti, sempre sussurrati in margine all'evento narrativo principale. Se infatti nella prima parte si avverte il respiro intermittente e casuale di un cinema da camera (i confronti tra madre e figlia, alla quale è appena moro il figlio, rimandano al set centralizzato e opprimente di Guardato a vista), nella seconda è come se Miller liberasse improvvisamente i corpi descritti fino a quel momento per sprigionare una macchina mobilissima che si perde nelle periferie, contaminando con un movimento nervoso ed elettrizzante traiettorie di vita fino a quel momento occluse. C'è insomma il miglior cinema del regista in questo costante spiazzamento di fisicità sull'orlo di una crisi depersonalizzante (la protagonista che cerca lo spettro di suo figlio morto nel "nuovo" bambino procuratole dalla madre), anche perché lo sguardo che agisce sulla scena non ha davvero nulla di consolatorio, per il portare sul proprio corpo i segni di una lacerazione dialettica sempre trasformata in simbolo di lotta, di violenza, di scontro. Miller lavora direttamente su un spaesamento sentimentale che per l'appunto termina in un cerchio mancato (il finale borghese è puro artificio ironico, di quelli che pullulano sia pur in forme diverse, nelle opere di Chabrol), affiorante come linguaggio nascosto delle cose, quadratura impossibile da realizzare perché mancante sin dall'origine (già l'inizio dell'opera, col ritorno della madre della protagonista, segna un'irruzione destinata a creare scompensi). Questo allora il senso di strappi improvvisi (il flashback iniziale con la protagonista ferita con delle forbici dalla madre, che pare un eco sussurrato de La piccola ladra), che configurano una sorta di metastasi galoppante che uccide un mondo (quello della sicurezza familiare) per sostituirlo con un giro di vite che culmina nello sbandamento più drastico. Nell'accensione di un punto di non ritorno.

da qui

 

Film non facile, ma decisamente riuscito. Il tema centrale è, di fatto, il cosiddetto amore materno. Veniamo a conoscere tre donne, tre madri, stupendamente incarnate da Mathilde Seigner, Sandrine Kiberlain e una straordinaria quanto sciroccata Nicole Garcia. La prima ha un figlio, frutto indesirato di un periodo “movimentato” della sua vita, la seconda perde il suo, che cade incidentalmente dalla finestra di casa (la citazione da “L’argent de poche” di Truffaut è evidente, anche se lì Gregory si limitava a “fare boom”, mentre qui il bambino muore, lì inseguiva un gatto, qui tenta di acciuffare un uccellino), la terza è la madre della seconda, un caso clinico da manuale. Non mi inoltro nella trama, piena di risvolti inattesi, di figure umane e credibili. Miller suddivide il suo film in una serie di capitoli, che sono la “storia di…” uno dei personaggi, senza perdere mai il suo filo narrativo. Gli attori: Sandrine Kiberlain, magra, bionda, non bellissima, ma bravissima, si conferma come una certezza del cinema francese; Mathilde Seigner non ha bisogno di alcuna conferma, ma affronta qui un ruolo insolito per lei, quello di una ragazza ancora adolescente, libertina, ma soprattutto mamma per caso; infine, c’è la prova straordinaria di Nicole Garcia, madre fuori di testa, egocentrica e inarrestabile. Anche la colonna sonora fa la sua parte: un pianoforte, ora classico, ora jazz, sempre caloroso e sempre al momento giusto. Per quel che mi riguarda, Claude Miller è uno di quei registi che fanno sempre centro. Eccone un esempio che consiglio vivamente.

da qui

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