giovedì 6 aprile 2023

La maman et la putain – Jean Eustache

Alexandre è un mantenuto, dall'amante più grande di lui (la mamma del titolo), e contemporaneamente ama un'infermiera di origine polacca (la puttana del titolo).

le due si conoscono grazie ad Alexandre, e i/le tre protagonisti dormono anche insieme, una convivenza con qualche tensione.

Alexandre non fa niente, fa cose, vede gente, sentenzia, in fondo è solo, rimpiange la rivoluzione del 1968-69, si annoia, fa l'amore quando ne ha voglia, ma forse vorrebbe altro, che però non sa.

il maggio francese, ormai alle spalle, ha dato la libertà di fare l'amore, senza troppe regole e complimenti, di bere nei cafè, e di parlare, ma senza più l'azione.

la rivoluzione ha ripiegato, tutto è cambiato, ma tutto continuerà come prima, la rivoluzione è stata digerita, come tante cose.

il film, 217 minuti tutti necessari, fotografa il riflusso della rivoluzione, si può dire tutto, ma non sono cambiati i rapporti di classe.

e forse, direbbe Jean Eustache, e non solo lui, Alexandre c'est moi.

buona (imperdibile) visione - Ismaele






 

 

La grandezza del film sta nel far emergere questo clima "decadente" tra le pieghe di particolari stati emozionali, di rappresentare il nulla facendocene gradualmente percepire il senso. I suoi personaggi si delineano compiutamente con lo scorrere della storia, come se le oltre tre ore di durata del film rappresentassero per ognuno un percorso esistenziale da portare avanti fino alle estreme conclusioni, mostrandosi nudi alla meta. Giungono a una tale maturazione emotiva da indurre chi guarda a familiarizzare con loro, a identificare le situazioni rappresentate come situazioni tipo e a riconoscerne la ragionevole emblematicità contingente. Eustache usa i corpi per appagare istinti e le parole per incunearsi nei dedali misteriosi del sentimento amoroso, due linguaggi che viaggiano su vie parallele, che danno e tolgono senso alla perdita di coordinate in atto fino al momento imprescindibile delle scelte, quando i due percorsi si incrociano e bisogna cedere il passo alle voci di dentro se non si vuol soccombere sotto il peso di una perenne indeterminatezza. Un film davvero eccezionale, sulla vita, sulla politica e sulla forza lenitrice dell'amore.

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Un ottimo film dove la complessità è il vero valore aggiunto ad ingredienti già di per sè interessanti, incentrato sull'arte del dialogo (gli unici sfondi musicali sono dati dai dischi che i protagonisti fanno di tanto in tanto girare) e sulla destrutturazione di quanto costruito in tema di sessualità e rapporti di coppia nei freschi refoli del '68. Il riflusso di una coppia apparentemente aperta, la seduzione di un abbozzato menage a trois, la disperata ricerca finale di un senso all'amore ed al sesso (tra l'altro trattato con una franchezza di linguaggio, anche per quei tempi rivoluzionari, considerata audace). Un film dove le quasi 4 ore scorrono come un fiume in piena, travolti da sguardi e parole, l'arte del cinema che sa regalare magia con poche sapienti alchimie.

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…è un imperdibile affresco sulla Parigi post-68 e sul ripiegamento su se stessi subentrato alle lotte collettive dei tardi anni sessanta. Storia della fine di un Narciso, diviso tra due donne, una più matura che lo accetta nonostante tutto (la maman) e una più giovane che lo vampirizza (la putain), il film si vale di uno Jean-Pierre Leaud strepitoso, che nel l'inizio di commedia sembra rifare Antoine Doinel al quadrato, poi trova accenti via via più tragici (bellissimo il monologo sul lancio dei lacrimogeni in un bar, alle 5 del mattino, nel 1968).  Un film di parola, con dialoghi e monologhi mozzafiato, tutto ambientato in una Parigi in bianco e nero (più nero che bianco). Tre ore e mezza che passano veloci anche se non succede quasi nulla. Considerato uno dei più bei film francesi di tutti i tempi (al 12 posto secondo una classifica stilata dai maggiori addetti ai lavori d'Oltralpe), sarebbe da restaurare, e fare circolare di nuovo. 

Non è escluso - anzi è probabile - che Nanni Moretti avesse in mente il protagonista di questo film del 1973 (vincitore, tra l'altro, del premio della giuria a Cannes) quando ha creato il suo Michelle Apicella un paio di anni dopo.

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Un film eccezionale, fugace e intenso come solo i capolavori sanno esserlo. 3 ore e 30 minuti piacevolissimi nella prima parte e scioccanti nel finale-resa dei conti. Eustache sembra filmare alla Rohmer ma poi parte per la tangente e si allontana da ogni modello raggiungendo vertici incredibili di realismo e profondità espressiva. La storia che ruota intorno alla dimensione della donna nella società è orchestrata alla perfezione, ti aspetti una love-story con fuga finale e invece hai un triangolo amoroso, vuoi l'amore eterno e maledetto, lo hai sì maledetto ma reale, vivo, pulsante. L'ultima ora claustrofobica (in contrapposizione con la prima più ironica ed En plein air) è da antologia, come è impressionante il monologo-summa e messaggio dell'autore di Veronika. Raramente si vedono opere così intense e oneste. Eustache butta tutto se stesso in questo film e supera la Nouvelle Vague, supera i suoi confini per andare oltre, verso qualcosa di ancora più puro, più grande.

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…Alexandre cannot quite choose between the mother-figure and the whore-figure; he has got himself caught on the horns of the classical Freudian dilemma. If the movie thought his choice was all that important, it would be a disaster--but Eustache correctly sees that Alexandre’s real problem is terminal immaturity, and that the women haven’t grown up, either.

“The Mother and the Whore” is a brilliantly written film, and the performances are so good that, as I suggested, these aren’t Parisians but people we know. The movie has been attacked on the grounds that it’s Eustache’s statement on women, but that’s silly: It’s his statement on these three silly, doomed, sometimes beautiful persons.

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Paisaje después de la batalla. Los personajes de La maman et la putain se nos presentan como herederos de las revueltas de Mayo del 69, quizá protagonistas, en todo caso, supervivientes de un movimiento del que Eustache nos muestra sus consecuencias con una mirada en absoluto complaciente. El escenario es de devastación y desconcierto: “Con la liberalización, esta especie de igualdad, las criadas, las obreras, las burguesas… Son todas iguales, Al final no nos enteramos de nada”, se lamenta en un momento del filme el amigo (Jacques Renard) de Alexandre (Jean-Pierre Léaud). Los actos revolucionarios han quedado reducidos a gestos tan inútiles como poco heroicos: robarle la silla de ruedas a un inválido o ese colchón en el suelo del apartamento de Marie (Bernadette Lafont) que subsiste como único elemento anti-burgués y desde el que Alexandre lee las páginas de Le Monde y ve la televisión con actitud mas bien poco contestataria…

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2 commenti:

  1. Film bellissimo, nient'altro da aggiungere 😊

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    1. https://www.fatamorganaweb.it/la-maman-et-la-putain-jean-eustache/

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