sabato 22 aprile 2023

L’uomo ferito - Patrice Chéreau

una storia che sembra di Fassbinder, invece è Patrice Chéreau, che dirige un film inquietante, vivo, sorprendente, con attori bravissimi (sarà anche merito del regista, no?).

film di sguardi, e azione, Henri (Jean-Hugues Anglade) incrocia Jean (Vittorio Mezzogiorno) e ne resta affascinato, e la sua vita cambia per sempre.

cercatelo e godetene tutti - Ismaele

 

 

QUI il film completo, sottotitolato in spagnolo

 

 

Capolavoro drammatico, che all'epoca fece scalpore per l'immediatezza delle immagini e per alcune sequenze d'amore fra due uomini rappresentate senza troppi veli e incorniciate da una fotografia altamente suggestiva. Il regista rappresenta con estrema crudezza e realismo e con grande vigore espressivo la storia drammatica d'amore dei due protagonisti. Considerato un film importante della carriera di Chereau. Grande prova di interpretazione del compianto Vittorio Mezzogiorno.

da qui

 

Rincorrendo un giovane cinico, un ragazzo scopre un mondo notturno di marchettari e clienti. Dire che è il racconto di un'umanità alla deriva è poco. La livida fotografia riflette una storia cupa di naufraghi dell'esistenza, monadi che si inseguono alla ricerca del sesso come surrogato di un'impossibile comunanza d'affetti. I rapporti sessuali sono lotte, i dialoghi scontri, gli spazi (come la sordida stazione) zattere di salvataggio per affondare meglio nel dolore della solitudine. Generosi gli attori. Nichilista da lasciare senza fiato.

da qui

 

L'urgenza di vivere della gioventù ribelle si scontra col maturo cinico ed avvezzo al reale squallido imperante, rimanendone invischiata in una specie di attrazione/repulsione che sfocia in uno smarrimento esistenziale bisognoso di un modello da seguire/imitare, di un rapporto spirituale/carnale ma che si tramuta sempre più in una tormentata incomunicabilità fra 2 persone: l'una disincantata e l'altra vittima della sua ingenuità. Coraggioso nel non voltare mai lo sguardo. Spicca su tutti il grande Mezzogiorno (doppiato da Depardieu).

da qui

 

L’Homme blessé  (se ci liberiamo dei pregiudizi)  ha il pregio di trasferirci  in una  “dimensione” un po’ estrema fatta di nostalgia e desiderio: corre  oscuro e sinistro su questi binari avvolgenti, diventa quasi agghiacciante premonizione di morte in alcuni momenti, tanto che potremmo osservare che siamo anche qui dalle parti di Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, perché l’umore, l’emozione, e il senso del “proibito”, del “non ammesso”, corrono sulla stessa linea, mantengono la stessa altezza, magari ancora più “torbida” per la connotazione tutta al maschile che ne deriva. Film come si è visto  fortemente intriso di passioni estreme, ha al suo attivo anche un crudo, violento finale che è commovente e inquietante al tempo stesso.
I francesi lo hanno compreso e apprezzato, tanto che è stato a suo tempo insignito del massimo riconoscimento di quella ciraggiosa ccinematografia - il César - perché se l’atmosfera e il clima che si respirano nel film, come si è già visto e detto, sembrano mutuati direttamente dai romanzi maledetti di Genet, come in quei capolavori assoluti, anche qui l’umanità profonda dei personaggi riscatta alla fine qualsiasi abiezione.
Splendida e coraggiosa prova  di tutti gli attori coinvolti, a partire da un Vittorio Mezzogiorno superlativo che ci ha regalato, nel disegnare il contorto, disperato, solitario, ambiguo personaggio che è stato chiamato a rappresentare, forse la sua migliore interpretazione in assoluto e non ha avuto alcun timore i remora nel mettersi letteralmente “a nudo”. Non di minore rilevanza però la prova di un ancora giovanissimo Jean-Huge Anglade, che riesce ad esprime perfettamente tutta la sotterranea irrequietezza di una età singolarmente complessa e piena di tentazioni carnali. Roland Bertin, un altro maturo omosessuale un po’ sordido, è il terzo incomodo della storia. Accanto a loro, Liza Kreuzer,  Claude Berri,  Gérard  Desharte e  Armin Müller-Stahl.

da qui

 

Film di grande fascino, misterioso, oggettivo e diretto nello scrutamento di psicologie e meccanismi spesso contorti, debordanti e tenuti ai margini della società, delle rappresentazioni e dell'anima, perfino con bagliori di sottile ma disillusa ironia, soprattutto tormentato e inquieto, sordido eppure crudemente tenero e toccante, errabondo e che esprime un disperato, maledetto bisogno di contatto, di amore lacerante fino all'annullamento.

da qui

 

…Chereau mette in scena, con gli ammiccamenti e la teatralità che ben gli si addicono, la deriva dei sentimenti di un giovane che spende la propria verginità al sevizio di un mercenario approfittatore che lo sfrutta e lo usa con l'inganno e il proprio indiscutibile appeal. "L'uomo che non deve chiedere" vs. il servo obbediente e consenziente, che saprà tuttavia ribaltare i ruoli divenendo da vittima a carnefice. Il piacere dei sensi come ragione di vita contro il tedio e il vuoto della vita quotidiana: temi ora alla base di tutta l'opera dell'austriaco Ulrich Seidl, che trovano in Chereau un coraggioso anticipatore, in un film che non cerca facili consensi, un'opera di cui molti hanno parlato, ma effettivamente vista da pochi. Per questo sicuramente un cult. Jean Hugues Anglade inaugura con questo ruolo uno dei molti personaggi inquieti (e svestiti) della sua interessante carriera, mentre Vittorio Mezzogiorno, carogna laida, infida e traditrice, e' bello, pertinente ed irresistibile come mai fino ad allora, e qui impegnato in uno dei ruoli più significativi ed ambiziosi di tutta una notevole carriera finita davvero troppo presto.

da qui


 

Nessun commento:

Posta un commento