Isabelle Adjani (la dolce assassina) e Michel Serrault (l'investigatore privato) sono strepitosi in questo film.
l'investigatore Beauvoir, che aveva perso la figlia, mai conosciuta, quando era bambina, le resta solo una foto di classe, ma non sa qual è la figlia, tutte potrebbero esserlo.
la dolce assassina potrebbe avere l'età della figlia, lui la protegge dall'inizio, quando scopre il primo omicidio, l'investigatore Beauvoir è bravissimo a seguire sempre la ragazza, in tutti i suoi omicidi e travestimenti, e sorprendentemente fa il tifo per lei.
cosa fa la potenza dell'amore, verso una bambina mai conosciuta, che avrebbe potuto essere qualunque cosa nella vita, e in un inedito transfert la dolce assassina potrebbere essere sua figlia.
gran film, da non perdere, una sorpresa bellissima.
buona (coinvolgente) visione - Ismaele
QUI il film completo con sottotitoli in inglese
…Mortelle Randonnée sfida ogni casistica legata al genere di
riferimento, cercando sin dalle prime battute una strada propria, originale,
imprevedibile; lo capiamo quando nella scena iniziale l'investigatore Beauvoir,
soprannominato “l'occhio”, discorre al telefono con una donna misteriosa, per
poi chiudere la conversazione e perdersi nei ricordi, guardando una vecchia
foto che ritrae sua figlia Marie, mai conosciuta. Struggendosi nella nostalgia
e nella solitudine l'uomo parla a voce alta, rivolgendosi a se stesso e di conseguenza
a noi spettatori, dando vita a un bizzarro meccanismo empatico che sarà poi
perpetrato per tutto il resto della pellicola…
In
un certo senso sono due solitudini che si rincorrono. Il noir è solo un manto
di nebbia onnipresente che devia il cammino; solo attraversandolo si potrà
svelarne la direzione, dapprima oscura. Una vicenda ben più intimista, fatta di
fantasmi interiori, piloti della mente e delle azioni, con i suoi vuoti da
colmare. Serrault è ammirevole nel suo tenero paternalismo, non immune da una
notevole dose di ironia; altrettanto meritoria è la algida Adjani: misteriosa,
letale e bellissima.
Storia di un'ossessione costruita con le cadenze
del thriller e i personaggi del noir, dalla giovane e letale femme fatale della
Adjani al detective di mezza età compassato ed appunto pieno di fisime di un
grande Serrault. L'azione si sposta continuamente in location diverse eppure le
due figure rimangono al centro di un racconto unidirezionale che abbandona
presto la sua connotazione poliziesca per farsi intimo, non nella sua accezione
più assoluta ma in un'altra più idealizzata, non corrisposta: un rapporto da
figlia - padre dove ai passi scapestrati della prima ( irrefrenabile nei suoi
delitti in serie ) seguono sempre quelli comprensivi del secondo ( lui
trasgredisce palesemente i suoi doveri pur di proteggerla proprio perchè crede
di ritrovare in lei quella figlia che non ha mai potuto conoscere ). Un piccolo
- grande film poco conosciuto che varrebbe la pena di riscoprire e di ammirare
nella sua costruzione minimalista, nel disegno semplice ed allo stesso profondo
di due solitudini che si confrontano, nella ricercatezza di un'ironia di fondo
che poi è quella della vita. Visto in lingua originale sottotitolato, non so se
ne esiste una versione italiana.
…Un film dont chaque minute, chaque plan est hanté par
la douleur de la perte, par la solitude : c'est vraiment la sensation que
cette Mortelle randonnée distille. Quant on évoque la série noire ou le film noir, ce noir
se réfère à des histoires sombres, des crimes sordides, un environnement
anxiogène ou délétère. Ici la noirceur ne se trouve pas dans les crimes commis
par Catherine ou dans les ambiances grisâtres des banlieues pavillonnaires, des
hôtels ou des stations balnéaires vides dans lesquels elle nous entraîne à sa
suite. Cette noirceur, c'est celle de ces âmes damnées qui peuplent le film.
Ici, on a des idées noires, on broie du noir, on tente de fuir l'abîme, on y
plonge. Sans ses répliques savoureuses, ses quelques passages véritablement
comiques et ses seconds rôles hauts en couleur (Guy Marchand, Stéphane Audran,
Geneviève Page, Sami Frey, Macha Méril, Patrick Bouchitey, Jean-Claude
Brialy...), Mortelle randonnée serait un film
dépressif quasi insupportable. Mais Audiard a le goût du public, il sait
trouver le bon équilibre et s'il signe ici un film très radical, une œuvre en
forme d'exorcisme, il ne lâche pas la main de son spectateur, il ne l'abandonne
pas à la nuit. C'est triste, c'est sombre, mais jamais complètement
désespérant…
Claude Miller retrouve avec ce drame policier
flamboyant une grande partie de l’équipe de Garde à vue (1981),
à commencer par le prodigieux Michel Serrault et le dialoguiste Michel
Audiard : ce dernier sans renoncer à ses mots d’auteur et son humour
pince-sans-rire s’adapte avec brio à un univers éloigné du cinéma (Lautner,
Grangier) auquel on l’avait jusqu’alors associé. Après le huis clos mettant en
scène un policier et un notaire dans un commissariat de province, Miller opte
ici pour une multiplicité des décors et des villes (Bruxelles, Rome,
Biarritz...), donnant au récit une atmosphère de vertige narratif qui n’est pas
pour rien dans la fascination qu’exerce cette randonnée mortelle. L’adaptation
d’un roman policier américain de Marc Behm suit ainsi les mêmes modifications
géographiques que celles opérées par François Truffaut dans La mariée était en noir ou Bertrand Tavernier transplantant une histoire
policière de Jim Thompson dans le cadre de l’Afrique coloniale pour Coup de torchon. Mortelle randonnée est
en fait bien plus qu’une perle du film noir : c’est un portrait de la
douleur intériorisée et de la folie ordinaire. Les fêlures des deux personnages
font écho au comportement maladif de Patrick Dewaere dans La meilleure façon de marcher (1976). La souffrance et la
détermination du détective endeuillé et de la criminelle orpheline annoncent
l’obstination de Charlotte Gainsbourg dans L’effrontée (1985)
ou de Vincent Rottiers dans Je suis heureux que ma mère soit vivante (2009), ce dernier film bouclant
la boucle des problèmes de filiation récurrents dans l’œuvre de Miller…
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