lunedì 10 aprile 2023

El - Luis Buñuel

torna al cinema per pochi giorni, in una versione restaurata, uno dei capolavori di Luis Buñuel, del periodo messicano.

la storia è quella di un uomo ricco (Francisco), geloso, tiranno, schiavista, maledetto e della sua consorte (Gloria), assoggettata come una brava e sottomessa moglie alle volontà del marito.

siamo negli anni '50, in un posto, come tanti, in cui le donne valgono poco e l'uomo ha sempre ragione, la Chiesa cattolica è potente, i non bianchi sono poco più che schiavi.

il film contiene tanto di quello che verrà dopo (avranno copiato?) ed è bellissimo, ogni scena è perfetta e necessaria.

cercatelo e guardatelo al cinema, se vi volete bene.

buona (possessiva) visione - Ismaele


 

 

 

 

QUI si può vedere online, ma al cinema è cento volte meglio

 

 

 

Basada en la novela homónima de Mercedes Pinto de 1926, Él (1953) no sólo es una de las mayores obras maestras de Buñuel sino un trabajo que se conecta con sus primeros días como realizador y que anticipa muchas de sus temáticas predilectas de la etapa francesa posterior, como por ejemplo el cristianismo descocado, la represión sexual, las apariencias, las matufias del capitalismo urbano, la mojigatería religiosa/ social, el fetichismo, la pretensión de posesión amatoria y en general el surgimiento de monstruos occidentales adeptos al control total y “santificados” por el mercado, la comunidad y la Iglesia Católica…

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Scritto con Luis Alcoriza basandosi sulla novella del 1929 Pensamientos di Mercedes Pinto, preso a esempio da Jacques Lacan come caso clinico di sindrome paranoica, Él è stato uno dei più clamorosi insuccessi di Luis Buñuel. Dopo molto tempo il film è stato rivalutato e ne è stata riconosciuta la portata innovativa: rivisto dopo 70 anni rimane un modello di cinema eretico e sovversivo. Quella camminata a zig zag nel finale del monaco Francisco (proprio in questa scena interpretato dallo stesso Bunuel), rinchiuso da 10 anni in un monastero, rivela che la follia è sempre pronta a scoppiare da un momento all’altro. Basta una società complice e consenziente.

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Sebbene di solito Luis Buñuel fosse un grande umorista e un perenne surrealista, questo – un po’ come Il ladro di Hitchcock – è probabilmente uno dei suoi film più seri, e anche uno dei più complessi e maggiormente caratterizzati da un narrazione tesa ed ellittica, e si conclude con una delle più inquietanti scene finali mai girate. Considerato da molti il migliore tra i capolavori di Buñuel insieme a Estasi di un delitto e a L’angelo sterminatore, contiene alcune immagini che spingono a chiedersi se Hitchcock avesse visto e ricordasse Él quando girò La donna che visse due volte cinque anni dopo.

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Buñuel parlando del film rivela che: “è forse il film in cui ho messo più di mio. C’è nel protagonista qualcosa che mi appartiene”. Ed infatti è proprio Buñuel stesso che interpreta il protagonista di spalle nell’ultima scena del film, quella della camminata a zigzag nel convento. Che il film sia un capolavoro non ci sono dubbi, talmente è ricco di fini sfaccettature psicologiche e gustosi momenti di tagliente umorismo nero. Lo dimostra anche il fatto che il famoso psichiatra Jacques Lacan lo ha utilizzato come materiale didattico durante le sue lezioni sulla paranoia, per presentare il concetto psicanalitico di gelosia come omosessualità repressa. Chi altro negli anni Cinquanta riusciva a fare film con questa modernità di linguaggio e con questa sconcertante capacità introspettiva? Buñuel rules!

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