mercoledì 12 aprile 2023

Bajo la rosa - Josué Ramos

un film girato praticamente tutto in una casa, quattro persone intorno a un tavolo, uno guida il gioco e gli altri tre devono confessare le loro colpe.

e le colpe non mancano.

in confronto a Bajo la rosaCarnage di Roman Polanski era un film leggero.

chi cerca di capire e anticipare dove il gioco andrà a parare, si perde molto.

lasciatevi prendere per mano dalla storia, con una sceneggiatura che non lascia respiro, e non sarete delusi.

il regista non ha girato altri film dopo questo, peccato.

intanto non fatevi sfuggite questo piccolo gioiellino.

buona (bella e terribile) visione - Ismaele



 il rapitore della bambina non è il cattivone che vuole il riscatto, diventa una specie di angelo della morte, un boia che fa giustizia a chi è completamente indifeso, che fa giustizia anche a se stesso. Non utilizzo la parola vendetta perché qui abbiamo un uomo distrutto che costringe la famiglia a pensare alle cose orribili che fa ogni giorno, a scavare nella propria coscienza ed essere consapevoli del dolore che causano a chi gli sta intorno, tanto che le punizione vengono autoinflitte ed autoscelte, con una piccola spintarella dal mediatore di questo gioco perverso.

Gli spagnoli sono l’eccellenza di questo genere, portano tutto ad un livello superiore, sia a livello recitativo che registico. C’è qualche buco nella trama? Ovvio. Pregiudica la visione? No, sticazzi proprio, rimane un film eccellente, sarebbe un 10 pieno nella mia personale scala di giudizio.

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… Chi sarà disposto a svelare le proprie colpe? Evidentemente debitore della spietata crudeltà latente del cinema glaciale di Michael Haneke – con la morbosità sadico-ludica di Funny Games (2007) a fare da terreno di coltura –, Bajo la Rosa non brilla certo per piacevolezza della confezione, ma piuttosto si fa forte di un solidissimo impianto drammaturgico che distilla, in piccole ma spietate dosi, tensione e crudeltà senza esclusione di colpi.

Il valore aggiunto in tutto ciò – prodotto indiscusso della scrittura e della regia dello stesso Ramos – sta nel fatto che, a parte un’obiettivamente insipida sequenza di tortura, il vero dolore viene inferto quasi esclusivamente a suon di parole e sguardi, evitando inutili barocchismi di sorta e sprofondando le radici in una realtà dolente e inevitabile al tempo stesso. Se il prologo e l’epilogo appaiono decisamente carichi di valore e forza espressiva – riuscendo a tratti a sfiorare, seppur di striscio e con tutte le pinze del caso, l’efferatezza esistenzialista del celeberrimo Miss Violence (2013) –, è il corpo centrale di Bajo la Rosa a destabilizzare un po’ il tutto, cadendo in imperdonabili ingenuità di messa in scena e cercando disperatamente di mascherare una fisiologica penuria tecnica che, alla lunga, non puo’ che farsi sentire. Per tutti coloro che avranno l’ardire di assistere impassibili  a una fellatio di recupero ai danni (si fa per dire) di un imbambolato tecnico informatico, ricchi premi e cotillon all’orizzonte! Imperfetto, pericolosamente ambizioso ma fieramente coraggioso, il secondo lungometraggio di Ramos ha tutte le carte in regola per entrare, quale tassello fondamentale, all’interno della filmografia di un cineasta che ha sicuramente molto da dire (e da filmare), oltre che dimostrare l’indubbia salute e vitalità di un piccolo ma necessario cinema all’ombra della Sagrada Família. Si prega di prendere nota, grazie!

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A cosa si riferisce allora il titolo “Bajo La Rosa”? Questo fiore simbolicamente è connesso con il segreto: nei culti dedicati a Dioniso si utilizzavano delle rose poiché si pensava che fossero in grado di alleviare gli effetti dell’ebbrezza (in modo tale che gli ubriachi non potessero rivelare i loro segreti), ma anche durante il Medioevo i confessionali erano adornati da una rosa con cinque petali accompagnata dall’iscrizione sub rosae, a testimoniare la discrezione e il silenzio. Proprio attraverso i segreti Josué Ramos distrugge la famiglia borghese, penetrando fino al cuore del marciume e mettendo alla gogna tutti i suoi componenti. Un thriller assolutamente degno di visione.

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What It Is: When Oliver (Casablanc) and Julia’s (Gelabert) daughter Sara (Patricia Olmedo) is taken a mysterious man in black simply known as “hombre de negro” or “the man in black” (Blas). When the family receives a call about their daughter from the man who took her they agree to meet with him in their house on his terms. What he’ll uncover is a web of lies and deceit where every stone will finally be unturned and every secret brought into the light.

What We Think: With moments of tension and terror this is a thriller that will leave you breathless. From the first touching note to the last scream of terror the twist and turns make this one of Spain’s best export in quite some time. Both Casablanc and Gelabert bring so much emotion to the lead couple and Blas is sinister from the jump as “the man in black”. There are themes here that bring so much gravitas to the characters and the plot as a whole. So much of this is built on the backs of the shadows of everything else going on.

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…Rodada cronológicamente, Bajo la rosa desarrolla, en algunos momentos, planteamientos argumentales que recuerdan a Agatha Christie –hay un secreto, un culpable, una localización, varias pistas y el tiempo apremia-, y a thrillers de factura claustrofóbica marcados por una hora límite. Conscientemente, el realizador canario también plantea una estructura de balances en la que la percepción del espectador, que se mueve en la clásica dualidad de buenos y malos, va evolucionando. Las situaciones de partida, y el acertado montaje de los primeros minutos, nos muestran a unos protagonistas estereotipados, con coordenadas vitales que costará romper. Ese doble fondo argumental de los personajes es un acierto y encaja con el juego moral que se establece entre público e historia, siempre en permanente cambio, en constante revisión.

A pesar de las limitaciones técnicas, el trabajo del tinerfeño en la dirección es notable. La planificación de la escenas se basa en la improvisación actoral; no hay red de seguridad y esto también se nota en los encuadres dubitativos y los desenfoques que se perciben en varios momentos, fruto de ese seguimiento de la acción sin plan previo, casi a ciegas. A pesar de todo, Bajo la rosa muestra de manera descarnada la importancia del encuadre cinematográfico, de la capacidad que tiene la mirada de la cámara para provocar reacciones en el espectador. Ramos consigue sin artificios, y por medio de un montaje sencillo y transparente, provocar que el público pase de la carcajada nerviosa al silencio más sobrecogedor.

Bajo la rosa no deja indiferente; no deja una sonrisa en la cara, tampoco lágrimas. Es una película que cuesta aplaudir –suele ocurrir en las historias centradas en una venganza- pero que queda fijada en la memoria del espectador como un secreto incómodo del que es difícil desprenderse. Bajo la rosa también es el descubrimiento de una trayectoria prometedora, la de Josué Ramos. Habrá que seguirle la pista como director y guionista.

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