un film girato praticamente tutto in una casa, quattro persone intorno a un tavolo, uno guida il gioco e gli altri tre devono confessare le loro colpe.
e le colpe non mancano.
in confronto a Bajo la rosa, Carnage di Roman Polanski era un film leggero.
chi cerca di capire e anticipare dove il gioco andrà a parare, si perde molto.
lasciatevi prendere per mano dalla storia, con una sceneggiatura che non lascia respiro, e non sarete delusi.
il regista non ha girato altri film dopo questo, peccato.
intanto non fatevi sfuggite questo piccolo gioiellino.
buona (bella e terribile) visione - Ismaele
…il rapitore della bambina non è il cattivone che vuole il riscatto, diventa una specie di angelo della morte, un boia che fa giustizia a chi è completamente indifeso, che fa giustizia anche a se stesso. Non utilizzo la parola vendetta perché qui abbiamo un uomo distrutto che costringe la famiglia a pensare alle cose orribili che fa ogni giorno, a scavare nella propria coscienza ed essere consapevoli del dolore che causano a chi gli sta intorno, tanto che le punizione vengono autoinflitte ed autoscelte, con una piccola spintarella dal mediatore di questo gioco perverso.
Gli spagnoli sono l’eccellenza di questo genere, portano tutto ad un
livello superiore, sia a livello recitativo che registico. C’è qualche buco
nella trama? Ovvio. Pregiudica la visione? No, sticazzi proprio, rimane un film
eccellente, sarebbe un 10 pieno nella mia personale scala di giudizio.
… Chi sarà
disposto a svelare le proprie colpe? Evidentemente debitore della spietata
crudeltà latente del cinema glaciale di Michael Haneke – con la morbosità
sadico-ludica di Funny Games (2007) a fare da terreno di
coltura –, Bajo la Rosa non brilla certo per piacevolezza
della confezione, ma piuttosto si fa forte di un solidissimo impianto
drammaturgico che distilla, in piccole ma spietate dosi, tensione e crudeltà
senza esclusione di colpi.
Il valore aggiunto
in tutto ciò – prodotto indiscusso della scrittura e della regia dello stesso
Ramos – sta nel fatto che, a parte un’obiettivamente insipida sequenza di
tortura, il vero dolore viene inferto quasi esclusivamente a suon di parole e
sguardi, evitando inutili barocchismi di sorta e sprofondando le radici in una
realtà dolente e inevitabile al tempo stesso. Se il prologo e l’epilogo
appaiono decisamente carichi di valore e forza espressiva – riuscendo a tratti
a sfiorare, seppur di striscio e con tutte le pinze del caso, l’efferatezza
esistenzialista del celeberrimo Miss Violence (2013)
–, è il corpo centrale di Bajo la Rosa a
destabilizzare un po’ il tutto, cadendo in imperdonabili ingenuità di messa in
scena e cercando disperatamente di mascherare una fisiologica penuria tecnica
che, alla lunga, non puo’ che farsi sentire. Per tutti coloro che avranno
l’ardire di assistere impassibili a una fellatio di recupero ai danni (si
fa per dire) di un imbambolato tecnico informatico, ricchi premi e cotillon all’orizzonte!
Imperfetto, pericolosamente ambizioso ma fieramente coraggioso, il secondo
lungometraggio di Ramos ha tutte le carte in regola per entrare, quale tassello
fondamentale, all’interno della filmografia di un cineasta che ha sicuramente
molto da dire (e da filmare), oltre che dimostrare l’indubbia salute e vitalità
di un piccolo ma necessario cinema all’ombra della Sagrada Família. Si prega di
prendere nota, grazie!
…A cosa si riferisce allora il titolo
“Bajo La Rosa”? Questo fiore simbolicamente è connesso con il segreto: nei
culti dedicati a Dioniso si utilizzavano delle rose poiché si pensava che
fossero in grado di alleviare gli effetti dell’ebbrezza (in modo tale che gli
ubriachi non potessero rivelare i loro segreti), ma anche durante il Medioevo i
confessionali erano adornati da una rosa con cinque petali accompagnata
dall’iscrizione sub rosae, a testimoniare la
discrezione e il silenzio. Proprio attraverso i segreti Josué Ramos distrugge
la famiglia borghese, penetrando fino al cuore del marciume e mettendo alla
gogna tutti i suoi componenti. Un thriller assolutamente degno di visione.
What It Is: When Oliver (Casablanc) and Julia’s
(Gelabert) daughter Sara (Patricia Olmedo) is taken a mysterious man in black
simply known as “hombre de negro” or “the man in black” (Blas). When the family
receives a call about their daughter from the man who took her they agree
to meet with him in their house on his terms. What he’ll uncover is a web of
lies and deceit where every stone will finally be unturned and every secret
brought into the light.
What We Think: With moments of tension and
terror this is a thriller that will leave you breathless. From the first
touching note to the last scream of terror the twist and turns make this one of
Spain’s best export in quite some time. Both Casablanc and Gelabert bring so
much emotion to the lead couple and Blas is sinister from the jump as “the man
in black”. There are themes here that bring so much gravitas to the characters
and the plot as a whole. So much of this is built on the backs of the shadows
of everything else going on.
…Rodada
cronológicamente, Bajo la rosa desarrolla, en algunos
momentos, planteamientos argumentales que recuerdan a Agatha Christie –hay un
secreto, un culpable, una localización, varias pistas y el tiempo apremia-, y
a thrillers de factura claustrofóbica marcados por una hora
límite. Conscientemente, el realizador canario también plantea una estructura
de balances en la que la percepción del espectador, que se mueve en la clásica
dualidad de buenos y malos, va evolucionando. Las situaciones de partida, y el
acertado montaje de los primeros minutos, nos muestran a unos protagonistas
estereotipados, con coordenadas vitales que costará romper. Ese doble fondo
argumental de los personajes es un acierto y encaja con el juego moral que se
establece entre público e historia, siempre en permanente cambio, en constante
revisión.
A
pesar de las limitaciones técnicas, el trabajo del tinerfeño en la dirección es
notable. La planificación de la escenas se basa en la improvisación actoral; no
hay red de seguridad y esto también se nota en los encuadres dubitativos y los
desenfoques que se perciben en varios momentos, fruto de ese seguimiento de la
acción sin plan previo, casi a ciegas. A pesar de todo, Bajo la
rosa muestra de manera descarnada la importancia del encuadre
cinematográfico, de la capacidad que tiene la mirada de la cámara para provocar
reacciones en el espectador. Ramos consigue sin artificios, y por
medio de un montaje sencillo y transparente, provocar que el público pase de la
carcajada nerviosa al silencio más sobrecogedor.
Bajo
la rosa no deja indiferente; no deja una sonrisa en la cara, tampoco
lágrimas. Es una película que cuesta aplaudir –suele ocurrir en las historias
centradas en una venganza- pero que queda fijada en la memoria del espectador
como un secreto incómodo del que es difícil desprenderse. Bajo la rosa también
es el descubrimiento de una trayectoria prometedora, la de Josué Ramos. Habrá
que seguirle la pista como director y guionista.
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