un'opera prima strepitosa e terribile, intorno alla crudeltà verso i bambini.
un sadico nazista "vive" in un polmone d'acciaio, in una casa conla moglie e la figlia.
appare un giorno un ragazzo, che baderà al malato, e fino ad ora questa è la parte, per quanto terribile, più leggera rispetto alla seconda parte.
un signor film, con un finale a sorpresa.
buona (crudele) visione - Ismaele
QUI il film completo, in spagnolo
…Tras el cristal è il lungometraggio d’esordio con il quale il
regista fornisce già una eccellente e matura prova di coraggio e di
originalità: nonostante il tema trattato non sia dei più… diciamo così,
“commestibili”, Villaronga è stato infatti capace di confezionare un film molto
lucido nella sua follia distruttiva, senza mai indulgere ad eccessi di forma,
interpretazioni sopra le righe, o forzature compiaciute. La storia, nerissima –
e come si è visto particolarmente “sgradevole” - non strizza mai l’occhio
a nessuno (e a nessuno fa sconti). E’ lineare e composita al tempo stesso e
mescola, dosandoli con destrezza e una assoluta padronanza del mezzo espressivo
utilizzato, toni “bassi” da horror movie (mai “trash” però) a drammatici
interrogativi “alti” che invitano a riflettere e meditare sulla fascinazione
ineluttabile del male.
E’ probabilmente in assoluto, assieme a Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini (anche se meno esplicito nelle immagini rispetto
a questo), uno dei film più scioccanti mai apparsi al cinema (nonché uno
di quelli in cui il tema omosessuale viene sviluppato su un versante
quanto mai delicato). Oggettivamente però, qui l’omosessualità indotta che è
determinante per gli accadimenti, non rappresenta il fulcro centrale di
un genere che in ogni caso di abissi senza nome e senza soluzioni ne ha
raccontati parecchi in questi anni, come possono benissimo testimoniare per
esempio i disperati protagonisti di Spetters di Paul Verhoeven (1979) o il solitario
“visitatore notturno” del più recente Il fantasma di João Pedro Rodrigues (2000).
La vicenda in sé è straordinariamente forte –
persino disturbante, voglio sottolineare nuovamente - e molte sono le
sequenze francamente insostenibili più per la mente che per gli occhi, è
bene intenderci, però, poichè salvo qualche momento “inevitabilmente” crudele
anche per lo sguardo, ogni passaggio, anche il più scabroso, è risolto sempre
con la stilizzata eleganza della forma che non consente cadute nel
grandguignolesco, e tutto è ottenuto – anche l’insostenibilità dell’orrore -
utilizzando un accorto ed eloquente linguaggio cinematografico. Credo che
sia proprio per questo che è capace di attrarre e avvince lo spettatore
nonostante le sue malsane atmosfere (o forse proprio grazie a queste), poichè
come dice Angelo, il giovane protagonista del film, l’orrore è come il peccato, e come questo ha
anch’esso il suo fascino.
Indubbiamente comunque, poche altre volte si è
visto sullo schermo con analoga impietosa franchezza, a quali aberranti
bassezze può scendere e arrivare la perversa cattiveria dell’uomo, peraltro
concretizzata in questo caso nella più esecrabile fra le violenze: quella verso
i bambini che ci viene mostrata senza filtri o simbologie, dispiegata cioè
nella malsana aggressività con cui vengono devastati e distrutti –
fisicamente e mentalmente - gli esseri più puri e innocenti dello scibile
umano. La degradazione sistematica dei corpi come
degenerazione dell’animo e del pensiero, dunque (così si potrebbe sintetizzare e
concludere)…
Glaciale, soffuso, visionario dramma
esistenziale che sonda le torbide pulsioni dell'umana natura. Attraverso le
psicologie dei protagonisti Villaronga indaga duramente nelle piaghe soffocanti
di una vita segnata nel profondo e in contrapposizione rievoca ricordi malsani
addizionando un senso indicibile di macabro, sete di vendetta, pazzia. Acuta
riflessione sulla pedofilia, il rimpianto, l'importanza dei sentimenti. Sa
colpire a fondo ma poche volte si compiace, anche quando si osa nella
messinscena cupa e opprimente. Finale affascinante.
De difícil clasificación, la ópera prima de Agustí de Villaronga, que tras su presentación en el
Festival de Berlín, se convirtió en uno de los mayores escándalos de la
historia del cine español, es una morbosa y singularmente explícita conjunción
de film de terror y alegoría sociopolítica, cuya trama gira en torno al horror
derivado de las técnicas de dominación y la enfermiza vulneración de la
infancia, como periodo supuestamente feliz de la vida pero permanentemente
necesitado de protección, donde las circunstancias de un criminal de guerra nazi
tras la Segunda Guerra Mundial le llevan a acabar postrado en un pulmón
artificial y atendido por un joven psicópata. Lástima que, a pesar de toda esta
elegancia visual, Villaronga sólo consiga apuntar alguna idea dispersa sobre el
tabú y el descenso al infierno humano.
…Tras el Cristal no es una película para recomendar su visionado al
público general, no se trata de una experiencia que se recuerde con agrado.
Pero si se trata de una obra reservada para los cinéfilos en búsqueda de
experimentar un realismo puro y duro con temáticas prohibidas pero presentes en
una sociedad decadente. Mucha gente tildará de “enfermos” a quienes deciden ver
este tipo de obras, pasando por alto que lo enfermizo es la realidad que sirve
de motor para largometrajes como este. El debut cinematográfico de Agustí
Villaronga es sin lugar a dudas una de las películas más perturbadoras en la
historia del séptimo arte.
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