Madeleine (Martine Chevallier) e Nina (Barbara Sukova) si amano e progettano il poco futuro che hanno davanti a loro.
il progetto di andare a vivere a Roma necessita di essere reso noto ai figli di Madeleine, ma non ha la forza di dirglielo, Nina insiste, Madeleine crolla.
un film che racconta una storia d'amore, nelle gioie e nelle difficoltà.
un gioiellino da non perdere.
buona (amorosa) visione - Ismaele
...Comincia lento, comincia
canonico nonostante il tema particolare, tutto raccontato dal punto di vista
della parte debole, presto lesa - quello di Madeleine, madre rosa dai sensi di
colpa, incapace di lasciarsi andare (e lasciare andare) una vita familiare che
di lei, pur non volendolo ammettere, non ha più bisogno. Seguiamo il punto di
vista di Madeleine, e Nina la vediamo poco, in ombra, come una spalla a volte
invadente, petulante, spesso eccessiva nelle sue azioni e reazioni.
La osserviamo sul pianerottolo guardandola dalla casa di Madeleine, la spiamo
oltre il vetro mentre confabula con l'agente immobiliare, la sospettiamo di
manipolare, approfittare, forse anche di sfruttare la fragilità dell'amante, amica
e vicina di casa. Poi, però, accade qualcosa.
E l'incidente messo in campo da Filippo Meneghetti ribalta tutta la storia.
Trasformando quello che poteva essere un semplice romanzo d'amore - in
principio fin troppo modesto: occorre pazientare fino alla conclusione del
primo arco perché la storia si inneschi, ma ne vale la pena - in un thriller
dei sentimenti in cui è impossibile prevedere cosà accadrà, letteralmente, fino
all'ultimo respiro delle protagoniste.
Il tema dell'amore omosessuale, e delle difficoltà
"burocratiche" nel gestire la relazione - tematiche esplorate in un
film affine, Una donna
fantastica di Sebastiàn Lelio - montano nella seconda parte del film
attraverso il rapporto con la badante, una eccezionale Muriel Benazieraf, e
quello con la famiglia di Madeleine, accomunati da una stessa cifra:
l'incapacità di vedere (proprio: letteralmente) l'amore fra due corpi, invisibili
a chiunque gli sia estraneo.
Maestro nel padroneggiare la musica dei suoni - il gracchiare
profetico dei corvi, il contrappunto emotivo della centrifuga di una lavatrice,
le parole attutite filtrate da una porta - Meneghetti in questo strepitoso
esordio dimostra una padronanza incredibile dei ritmi del racconto,
sorprendendo lo spettatore ogni volta che la storia sembrerebbe aver trovato un
approdo. Eccellenti le scelte di casting, con una Barbara Sukova emotivamente
estrema e sempre credibile e Martine Chevallier, che nel suo difficilissimo
ruolo mette tutto il mestiere di un'attrice della Comédie -Francaise.
…Film di confine,
d’amore e di sessualità diversa e disarmante, di conflitti psicologici che
l’età aggrava perché il fisico non regge, la malattia è in agguato, la testa
esplode perché vorrebbe cose che ormai non può più avere, la claustrofobia
delle scene, spesso ridotte a quello che si vede da uno spioncino, l’afasia che
da simbolica diventa reale, il silenzio, la chiusura, le sacche di pregiudizio
e incomprensione in cui si resta chiusi mentre la vita se ne va, di tutto
questo si poteva fare un film spietato, angosciante, funereo.
Questo non avviene, il sentimento dominante è una malinconia
che ti prende e ti lascia molto dopo la fine, le due protagoniste si calano
nella parte da grandi interpreti, il giovane Meneghetti mostra una sensibilità non comune,
e non tanto per l’aver affrontato il tema della diversità che oggi in tutte le
salse è diventato un nuovo luogo comune.
Il tema dominante è la solitudine, il vuoto che la vita si
ostina caparbiamente a crearti intorno dopo averti illuso che così non è, che
tante primavere ancora verranno ecc. ecc.
Resta una scatola di latta con foto di tempi dimenticati,
restano figli che non riconosci più dai bambini amorevoli che erano, restano
due appartamenti di piccola borghesia di provincia, pieni di mobili inutili.
Questo amore, così tenero, così delicato … Nina e Madeleine
lo vogliono difendere. E qui il film non può che finire sulle note di Chariot.
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