una commedia, anzi una tragedia, il primo film girato da Ugo Tognazzi.
commedia degli equivoci e tragedia dell'amore che manca, e del non detto.
Ugo Tognazzi dirige se stesso, in un personaggio che non sorride mai, se non col cane Adolfo.
buona (puttanesca) visione - Ismaele
QUI il film completo
Tognazzi esordisce alla regia con un sottoprodotto del suo
genere prediletto, che si inserisce come titolo minore nel filone che lo ha
reso celebre. La storia è poca cosa, una commediola basata sugli equivoci che
lascia il tempo che trova; Tognazzi ci sguazza e approfitta di buone spalle che
non segnano particolarmente lo schermo, ma fanno il loro legittimo dovere (a
parte Mario Carotenuto, sempre una spanna sopra il caratterista semplice e
purtroppo sempre impiegato una spanna sotto il protagonista). C'è anche un
cameo dell'amico Vianello in apertura. Gradevole la colonna sonora jazzata; il
finale vorrebbe essere 'ribelle' ed anticonformista, ma ottiene l'effetto
completamente opposto, sminuendo la figura femminile con un'esplicita
dichiarazione di inferiorità nel rapporto con il maschio (in un film dove non
mancano le prostitute e le figure femminili di dubbia moralità, l'uomo
sottomesso alla donna deve vergognarsi per la sua inaccettabile situazione).
Mezzo passo falso, ma la commedia, quel poco che deve fare, lo fa; Tognazzi
regista si rifarà in seguito alla grande…
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(Ugo Tognazzi in La Fiera del Cinema, Roma, n. 10, ottobre
1961, p. 47). |
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«Tognazzi direttore di se stesso nel film "Il
mantenuto". Vi da prova di moderazione, non accentrando ogni battuta e
ogni "pointe" sul proprio personaggio, sfuggendo cioé al pericolo
che minaccia in genere gli attori che per la prima volta si cimentano in funzione
di regista. Gli sceneggiatori Scarnicci e Tarabusi gli hanno fornito un
canovaccio esile, ma comunque meglio congegnato delle farsette solite
imperniate sul popolare comico. [...] Accanto a Tognazzi, che stavolta appare
controllato, come del resto già nel "Federale",
l'avvenente Ilaria Occhini e la bizzarra Margaret Robsahm. [...]». |
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[Anonimo], Corriere della Sera, Milano, 3 gennaio 1962. |
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«L'esordio di Ugo Tognazzi nel campo della regia
cinematografica non è stato clamoroso: ma neppure si è risolto in un
naufragio. Si potrebbe dire che è stato dignitoso, ecco. Era ingenuo
aspettarsi da un uomo con le caratteristiche, le capacità ed i limiti del
comico cremonese, un capolavoro. Ma per la verità ci si poteva aspettare
anche una serie di vecchie battute e di situazioni stantie. Aver evitato
questo pericolo e senza dubbio un merito di Tognazzi. [...] Discreta
l'interpretazione, oltre che di Tognazzi, di Ilaria Occhini. Brava come
sempre Marisa Merlini». |
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Vice, Avanti!, Milano, 3 gennaio 1962. |
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«[...] Un film comico come tanti altri, con un Tognazzi [...]
più umano rispetto a precedenti caratterizzazioni. Ma il film vuole essere
qualcosa di più: una satira di certi ambienti che potremmo definire
"pasoliniani", con un fondo di amara misoginia. Purtroppo la satira
si ferma alla scenetta del sogno [...]. Il risultato è un film pulito e ovvio
nel primo tempo (con qualche rara battuta indovinata), disordinato e
raffazzonato al momento di tirare i fili della vicenda, di concludere. [...]
Prevedibile come interprete, Tognazzi e come regista alquanto privo di
personalità. Ilaria Occhini è bella, ma il regista ha preferito mettere se
stesso in primo piano. Che errore!». |
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V.D.C. [Valentino De Carlo], La Notte, Milano, 3/4 gennaio
1962. |
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«[...] Tognazzi [...] non è mai riuscito a superare la
battuta, lo sketch da avanspettacolo: è anche se talora la sua ironia appare
in qualche modo graffiante, essa non è mai andata in profondità; raramente si
e trasformata in satira di costume. [...] Invece "Il mantenuto",
sia pure in modo monco e stentato, sia pure disperdendosi ancora nel facile
trucchetto strapparisata, qualcosa dice. E soprattutto ha il coraggio di
concludere in modo serio e amaro, senza nulla concedere ai compromessi abituali.
[...] Tognazzi [...] non perdona nessuno [...], non "carica" il suo
film di messaggi o di intenzioni: si limita, una volta tanto, a dire fino in
fondo la verità, a darci un'immagine precisa delia realtà. Che il suo film
zoppichi a lungo prima di trovare il "passo" adatto, non toglie
nulla al merito di aver avuto questo coraggio». |
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F.V. [Franco Valobra], Cinema Domani, Milano, n. 1,
gennaio-febbraio 1962, pp. 73-74. |
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