Paolo (Alberto Sordi) vive nel terrore del matrimonio, è una cosa per gli altri, non per lui.
Paolo ha un'impresa che vende di elettrodomestici (negli anni che con le cambiali venivano distribuiti in tutta Italia), e cerca di avere dei rapporti con Carla, una cliente che vende elettrodomestici, ma ogni volta fugge da qualsiasi impegno verso di lei.
Alberto Sordi è uno scapolo a tutti i costi e ci riesce, convince anche il futuro cognato, che non vuole più sposarsi, ad arrivare all'altare.
e in modo affrettato, alla fine del film, anche Paolo cederà.
Alberto Sordi è perfetto per il ruolo di scapolo, che esercitarà per tutta la vita.
buona (matrimoniale) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo
Il ragioniere Anselmi (Alberto Sordi) è uno
scapolo impenitente. Quando il suo amico Armando si sposa, è costretto a far da
testimone ma disprezza l'idea del matrimonio. Avendo lasciato all'amico e alla
moglie l'appartamento, va a vivere in una pensione dove conosce Gabriella, una
giovane hostess con cui intreccia una relazione. La ragazza ben presto si
innamora, ma lui si defila e lei si fa trasferire a Milano. Riconquistata la
libertà, dà sfogo alla sua vocazione da "don giovanni", ma ben presto
la solitudine lo attanaglia. Consigliato anche dalla madre, decide di trovare
una compagna di vita. Ma l'obiettivo si rivela arduo. Capirà alla fine che è la
signorina Carla, con la quale ha avuto furiosi litigi, a fargli battere il
cuore. Sarà lei a portarlo all'altare.
Un bel film, intelligente, amaro. Gli uomini fanno una pessima
figura. Le donne quasi, ma non certo allo stesso modo.
Erano gli anni del boom economico: come sempre, in tempi di
edonismo commerciale, emergono le critiche alle istituzioni tradizionali,
matrimonio in primis. Un po’ di criticabile individualismo da
Vitelloni, cinico e triste; un po’ di sana critica all’incoraggiamento, di
ascendenza popolareggiante e cattolica, verso il matrimonio come “obbligo
sociale e morale”: Sordi mette in scena tutto questo con un’interpretazione
perfetta, da par suo.
L’ansia della chiusura in un’unica relazione, che non può mai
essere esente da difetti, fa da contraltare all’angoscia della solitudine, che
difficilmente può essere una scelta portata fino in fondo in modo coerente,
nelle sue estreme conseguenze. Tutti questi tratti psicologici sono ben
descritti nella sceneggiatura, che è impeccabile come tutti gli altri fattori
tecnici della pellicola.
Le carte sono in tavola fin dalla prima scena: un uomo fa da testimone di matrimonio al socio in affari e lo osserva con compatimento, pensando che lui non cadrà mai in quella trappola. La prima parte si incarica di mostrare a cosa si riduce concretamente la sua libertà: avventure senza futuro, serate passate nell’affannosa ricerca di contatti umani, menzogne raccontate a sé stesso. Segue la decisione di accasarsi come male minore, e una serie di vicende tragicomiche legate alla scelta dell’anima gemella: alla fine lo troveremo accanto a quella che conosce meglio le sue debolezze e che gli incute anche un po’ di paura, l’umanissima paura di fare un salto nel vuoto. Pietrangeli è giustamente considerato il regista delle donne, ma qui dimostra di cavarsela benissimo anche con il presunto sesso forte: una commedia amarognola, magnificamente scritta e ottimamente interpretata, che ha il pregio di una grande autenticità. Non c’è solo una galleria di tipi femminili credibili e non banali, che non scadono mai nel macchiettismo per quanto poco spazio abbiano (l’affittacamere, l’hostess, la segretaria, la proprietaria della lavanderia, la studentessa d’arte, persino l’edicolante): c’è anche un notevole studio ambientale dell’Italia pre-boom, con gli elettrodomestici che annunciano il benessere ormai alle porte. Tale è la verità dei personaggi che possiamo facilmente immaginare la coppia inaridirsi e immeschinirsi al contatto con la vita quotidiana, e sentircene partecipi.
Nessun commento:
Posta un commento