Immacolata e Concetta si sono conosciute in galera e si sono innamorate. quando Concetta esce di prigione va a stare a casa di Immacolata.
Immacolata ha un marito che convive con loro, e le cose si complicano.
se uno non lo sa potrebbe pensare a un film di Fassbinder o dei fratelli Dardenne.
un film da non perdere.
buona (altra) visione - Ismaele
Si parla da secoli di scuola
cinematografica napoletana, a ragione. Napoli, dopotutto, è un mondo a sé, un
universo che vive in una dimensione tutta sua, con leggi determinate che sono
più connesse alla vita vissuta in quanto tale che alla vita ideale e finanche
idealizzata che contraddistingue molte altre parte della penisola.
D’altro canto, la tradizione del melodramma popolare in
Italia può rifarsi quasi soltanto all’esempio dell’imprescindibile trio
Matarazzo-Nazzari-Sanson (lacrime assicurate in un tripudio di ingiustizie e
sopraffazioni, inserito in un contesto prettamente provinciale), ed ha avuto
proprio in Napoli un centro nevralgico, in particolar modo con
l’istituzionalizzazione della sceneggiata nel cinema basso degli anni cinquanta.
L’operazione che in questo senso fa Salvatore Piscicelli è
innanzitutto interessante a livello squisitamente cinematografico, perché rifonda il mèlo italiano (pardon
napoletano) mettendo in atto una precisa scelta di campo: contaminare la
florida tradizione napoletana con i canoni più essenziali, stilizzati e scarni
di un certo cinema contemporaneo che trova la sua massima espressione in
Fassbinder.
Se i riferimenti a Fassbinder sono quantomeno evidenti, è
curioso vedere come Piscicelli (e la sua principale collaboratrice Carla
Apuzzo) abbiano inserito elementi capitali del mondo partenopeo, soprattutto
riferiti al campo teatrale in cui, si sa, Napoli regna.
La sceneggiata napoletana (roba da culto) viene asciugata dei
suoi orpelli sia scenici che recitativi che proprio stilistici in senso lato,
ambientata in luoghi quasi sudici in cui respiri l’odore della miseria umana e
non, integrata di elementi decisamente non tipici ma che automaticamente
diventano costitutivi: se è vero che la storia pone al centro un amore lesbico, è anche vero che immediatamente
la circostanza omosessuale passa in secondo piano, poiché si afferma arrogante
il vero carattere malsano della relazione, ossia la gelosia.
Al suono di tammurriate
e danze popolari, la vicenda si districa in un’asciuttezza che è
spigolosità, con una carica erotica nascosta non espressa attraverso le
numerose scene di sesso, ma attraverso ciò che non si vede. Ed è certamente
singolare notare come in un film che si concede praticamente tutto siano le
cose nascoste ad essere quelle più interessanti.
Ad esempio, il personaggio di Concetta, che calibra
freddamente ogni azione, mossa da estremistica passione, mostra tre o quattro
volte reali impulsi umani: sono lacrime e sangue, ma l’interesse sta proprio
nel percepire come lacrime e sangue crescano nella sua personalità. Al
contrario, Immacolata è la regina della tragedia napoletana, con i suoi
eccessi, le sue scosse e i suoi tormenti. Un esordio che fa tremare i polsi per
la rigorosità libera e scatenata che trasmette con severa veemenza.
Esordio sorprendente di Salvatore Piscicelli, che con questo
dramma della gelosia attua una sapiente commistione tra cultura “alta” e
stilemi tipici della cultura popolare, tra contenuti di indubbio pregio sul
piano del linguaggio cinematografico, tanto che Olivier Assayas sui Cahier du Cinema parlò di un "primo film ricco e consapevole di un autentico
cineasta", e una forma che si rifà chiaramente ai tempi
e ai modi della sceneggiata napoletana. La ricercata teatralità dei corpi si
sposa sapientemente con le venature melodrammatiche di un triangolo amoroso
intriso di forti passioni e insane gelosie. "Immacolata e Concetta" è
un film che nasce già maturo, a suo modo unico nel panorama della filmografia
italiana, così impastato nella cultura popolare eppure così capace di
proiettarsi oltre i confini del suo contingente. Un film che mentre si snoda
attraverso l'elaborazione di un amore difficile da far accettare, non manca di
gettare uno sguardo di tipo antropologico sulla realtà Partenopea nel suo
insieme (siamo a Pomigliano d'Arco), sia attraverso la riproposizione di idiomi
e pratiche che sembrano proiettarci in una dimensione atemporale (emblematica
in tal senso è la sequenza del pellegrinaggio delle due donne al santuario
della Madonna di Montevergine in seguito all'incidente che ha reso paralitica
la figlia di Immacolata), che mostrando il modo in cui la provincia è stata
inghiottita dall'area metropolitana secondo uno sviluppo urbanistico brutale ed
alienante. Immacolata e Concetta si amano si è detto, ma se ciò che le unisce è
l'amore, ciò che le divide è la diversa gradazione con cui una è disposta a
concedersi all'altra…
Nessun commento:
Posta un commento