tre episodi su tre galeotti che escono di galera, ma la vita lì fuori non è facile per nessuno.
tre storie che sono come tre film, di alto livello, con attori bravissimi e un regista davvero grande.
non perdetevelo, vale, vale.
buona (galeotta) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo
…Eppure, nell’eclettismo registico sempre asservito alla
ficcante lettura delle complessità e all’afflato umanitario che trova
giocoforza la maggior parte della propria linfa nella messa in scena delle
ingiustizie, Avanzi di galera mai si permette di giudicare i propri
personaggi, e anzi trova forse proprio nel secondo episodio – il gangster
movie, l’unico con l’“avanzo di galera” realmente connesso alla criminalità – i
suoi maggiori picchi umani. In una tensione costante fatta di luci di taglio,
snodi narrativi e movimenti di macchina che anticipano Fernando Di Leo e il
Lucio Fulci “giallo”, pistole, pugni in faccia, inseguimenti automobilistici e
un cattivissimo Arnoldo Foà nel ruolo del capo dei capi, il personaggio
interpretato da Eddie Constantine si ritrova invischiato in una realtà che non
ammette vincitori, ma solo amare sconfitte. Sono minacce, offerte, resistenze,
vendette trasversali, fino a quel nascondiglio ormai vuoto, l’inutile conflitto
a fuoco e il corpo inerme del protagonista che sparisce sott’acqua, fra i
giunchi e la fanghiglia. Un’immagine forte, intensa, emozionata. Come quando,
nell’episodio precedente, il dottor Luprandi (Richard Basehart), nel bel mezzo
della lotta contro l’ospedale per riavere il suo lavoro e la sua posizione, si
ritrova sotto casa la vedova del paziente perso alla base della sua
incarcerazione a dargli ancora dell’assassino sperando così di ottenere,
imbeccata da un avvocato con ben pochi scrupoli, ulteriori risarcimenti in
denaro. Uno snodo narrativo che torna poco dopo, come voce fuori campo, come un
fresco e traumatico ricordo pronto a compromettere la salute nervosa e
l’effettiva capacità di operare del medico. La mano trema, il bisturi sembra
pesare una tonnellata, e solo l’amata moglie – nel romanticismo splendidamente
ostinato del melodramma – potrà riportare, a suo rischio e pericolo, il proprio
marito alla normalità di un chirurgo talentuoso la cui unica colpa era stata
quella di volersi prendere la responsabilità di un’operazione estremamente
rischiosa e, come può accadere, andata male. A proposito del terzo episodio
invece, quello con Walter Chiari, ci torna alla mente la realtà carceraria
femminile messa in scena solo quattro anni dopo dal Renato Castellani di Nella città l’inferno. Dove il film di Castellani era stato capace di affidare
all’innocenza perduta di una Giulietta Masina che passa da ingenua cameriera a
scafata prostituta, a latere dell’intenso magnetismo di Anna Magnani, un’acuta
lettura di quanto il carcere potesse cambiare profondamente, in peggio, le
persone, Cottafavi prende il volto bonario e simpatico Walter Chiari e lo
trasforma in una maschera agrodolce, da una parte disperato nella sua
solitudine contro chi – a partire dalla propria famiglia e dall’avvocato incapace
di difenderlo – lo crede colpevole, dall’altra gigione e cascamorto – si veda
la sequenza sul tram – con l’infermiera che parrebbe l’unica persona disposta a
vederlo come innocente. Un’ambiguità che rasenta quasi il bipolarismo, motore
della commedia amara che chiude, ponendosi dalle parti del neorealismo rosa, il
cerchio di uno straordinario film tripartito, in grado di far convivere –
seguendo o anticipando – il melodramma di Raffaello Matarazzo con gli spari e
gli inseguimenti di Fernando Di Leo, per poi passare a un Dino Risi che pare
avere già un occhio a quella che sarà l’introspezione di Valerio Zurlini. Avanzi di galera è insomma un manuale di storia del cinema italiano
intriso della più cocente umanità: un recupero prezioso, che meriterebbe gli
scaffali d’onore e che invece giace impolverato nella memoria di pochi cinefili
d’assalto.
…quel che pensava del film il regista VITTORIO COTTAFAVI:
«Sfortunatamente
era un film a episodi e io non sapevo ancora come essere più secco, più conciso
in ciò che andavo realizzando. Se avessi avuto maggiore esperienza, se avessi
riflettuto di più, sarei stato più preciso a riguardo della storia, e più
improvvisatore nella direzione degli attori» (V. Cottafavi, in B.
Tavernier, Entretien avec Vittorio Cottafavi,
“Positif”, nn. 100-101, dicembre 1968-gennaio 1969.
«Avanzi di galera è un film nato male, il titolo
stesso non era invitante, attori non di grosso nome, Eddie Constantine avrebbe
potuto funzionare sul mercato francese, ma la sua parte era quella del
poveraccio, non dell'eroe. Il tema di fondo, tuttavia, è sempre lo stesso: Walter Chiari facendosi
giustizia da sé diventa un colpevole, ma in realtà è una vittima; Eddie
Constantine invece non è una vittima ma viene ugualmente punito dal destino
perché il luogo dove aveva nascosto il tesoro non esiste più. Il film è un po'
troppo magniloquente, ma l'ho girato con piacere, come tutti del resto, se no
non li faccio» (V. Cottafavi, in L. Ventavoli, Pochi,
maledetti e subito. Giorgio Venturini alla FERT (1952-1957), Museo
Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
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