lunedì 19 agosto 2024

Re Granchio - Alessio Rigo De Righi, Matteo Zoppis

la storia di Luciano fra le campagne laziali e la Patagonia.

il vino, l'amore e la ribellione sono le compagne di Luciano, insieme a un viaggio in Patagonia, alla ricerca di un misterioso tesoro d'oro.

un film che non ti aspetti, una bella sorpresa, con Gabriele Silli (che interpreta Luciano) davvero bravo.

approfittate di Raiplay, tempo ben speso.

buona (avventurosa) visione - Ismaele



QUI si può vedere il film completo, su Raiplay

  

 

"Re Granchio" è un racconto che inizia con il ritorno a casa del suo protagonista. Luciano torna al borgo in campagna dopo un periodo di cura dall’alcolismo a Roma. Qui si invaghisce di Emma, contadina e amica d’infanzia, che è tuttavia la giovane prediletta del Principe del borgo.
La lotta di Luciano contro il Principe vorrebbe simboleggiare l’aspetto ribelle e contestatario del protagonista nei confronti della proprietà borghese: aprire la porta serrata, per nuova legge invalicabile, e poi dar fuoco alla proprietà del Principe sono segni di una contestazione anche politica, visto il brindisi (ironico) sia alla sua potestà sia alla Repubblica. I gesti anarchici di Luciano sono tuttavia imprecisi e lo condurranno a commettere involontariamente un omicidio.
La crescita del protagonista passa per un lungo prologo prima della ricerca del tesoro; in questo Capitolo I – Il fattaccio di Sant’Orsio, curato in fase di scrittura anche da Carlo Lavagna ("Shadows", 2020), si mette spesso in mostra la natura fanciullesca ormai perduta di Luciano come a ricordargli che ora è un uomo e gli atteggiamenti da lui tenuti andrebbero tenuti a freno.
Costretto infine a fuggire da Vejano, "Re Granchio" diventa non soltanto un western e un racconto d’avventura composto di storie, ma anche un racconto di riformazione. Luciano cambia identità e si presenta allo spettatore come il sacerdote Antonio Maria de la Vera, persona presa in prestito e definitivamente abitata come sancisce la croce con inciso Luciano che pianterà lui stesso sull’isola durante il viaggio.

da qui

 

Diviso in due parti che ricordano da una parte, le radici del racconto popolare tramandato oralmente del cinema di Olmi, e dall'altra l'epica visivamente suggestiva e potente del viaggio avventuroso alla Herzog, Re Granchio è un cinema coraggioso che guarda ai contenuti senza calcoli commerciali di sorta, restituendoci finalmente un senso di orgoglio per un progetto che rifugge ogni facile compromesso narrativo per andare dritto sino al suo nobile scopo, con un risultato sorprendente.

Ottima prova per l'artista e qui attore Gabriele Silli, un volto ed un corpo degni di essere ritrovati in altre avventure cinematografiche.

da qui

 

...Rigo de Righi e Zoppis vengono dal documentario e per una volta non si vede, nel senso che sì, c’è la precisione del reale, ma con la loro sontuosa regia vanno più dalle parti della favola magica dove tutto è possibile, un Kaspar Hauser che diventa Fitzcarraldo; ma pure verso la fotografia narrativa di Salgado, il cinema libero di viaggio ed escursione, insieme a un gusto molto nostrano (un po’ garroniano?) per le facce, la materia, l’artigianato che si deve toccare sempre.

Re Granchio è cinema che resta per pochi ma che ha l’aspirazione di parlare a tutti. È tutto più semplice e meno ostico di quanto possa sembrare (anche al pubblico del cinema festivaliero che oggi preferisce lo streaming e, per mille motivi pure comprensibili, diserta le sale). È tutto bellissimo (la fotografia di Simone D’Arcangelo, la musica di Vittorio Giampietro, le scene di Fabrizio D’Arpino, i costumi di Andrea Cavalletto) e accessibile, collocato in un luogo sempre più raro del cinema (e dell’industria) ma mai pedante o presuntuoso.

E, torniamo al principio, ha quello spirito di racconto che oggi torniamo ad avere anche qua, alla maniera dei registi pittori/narratori di un tempo. Si dovrebbe chiudere con “la favola bella del giovane cinema italiano”, ma non lo farò, ci siamo capiti lo stesso.

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...Ciò che di Re Granchio si rivela estremamente interessante e memorabile è la riflessione che il film compie sulla violenza e il sadismo della morte e ancor più sull’impostazione cinematografica, assolutamente contrastante tra le tre sezioni del film.

La prima, quella dei giorni nostri che è allegra, malinconica e scherzosa. Ossia sull’anzianità che ha dignitosamente e gioiosamente accettato la morte. La seconda, dolce e cruda nel suo mostrare e raccontare lo sviluppo e la corsa parallela dell’amore e della violenza che si rivela non definitiva, quanto generatrice di una nuova dannazione o in alternativa, di una nuova esistenza in attesa di pacificazione e perdono, cioè il nucleo della terza e sicuramente più interessante sezione. Incredibile dunque come il terzo segmento del film riesca nel legarsi a uno stile ormai assolutamente riconoscibile e davvero distante dall’estetica italiana, ossia quello generalmente proposto dalla sempre più nota casa di distribuzione e produzione newyorkese A24, cui appartengono titoli come The WitchMidsommar e Lamb. Così come quei film la terza sezione di Re Granchio in formato 16:9 propone scenari sconfinati, meravigliosi e fortemente evocativi da un punto di vista simbolico, cupo, demoniaco ed evidentemente inquietante. Re Granchio si rivela dunque un prodotto outsider, tanto quanto lo è il suo protagonista per i popolani del borgo e così come Luciano, anche Re Granchio vive di una spinta ultraterrena, posseduta probabilmente, metaforica e simbolica. Qualcosa che nel cinema italiano di allora e poi dell’oggi risulta introvabile e per fortuna, ormai non più.

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