domenica 25 agosto 2024

La baraonda - Passioni popolari - Florestano Vancini

un piccolo film, ambientato nel Palazzetto dello Sport di Milano durante la Sei giorni di ciclismo.

una ragazza madre porta il figlio a conoscere il padre (Giuliano Gemma), e una serie di personaggi del pubblico.

non è un capolavoro, ma Florestano Vancini merita sempre.

buona (ciclistica) visione - Ismaele

 

 

 

…Lo scenario è sì quello delle corse ciclistiche all'interno del Palazzetto dello Sport di Milano ma questo funge solamente da pretesto per raccontare spicchi di umanità varia: dal padre di famiglia col ragazzino al seguito, vessato da balordi sugli spalti (scacciati da un Guido Nicheli formidabile e non accreditato) alle donne del servizio di pulizia che attaccano all'alba scendendo dal bus, al terribile frammento della giovane ragazza costretta a prostituirsi per procurare la roba al suo ragazzo (e farsi sugli spalti). 

 

Tutti questi coriandoli di vita comune, quotidiana, misera, allegra e litigiosa, fanno da contorno alla storia centrale, una relazione tra una giovane ragazza ed un medico maturo, che fino alla fine non si capisce se sia veramente reale o solamente inventata per secondi fini. Se questo è il centro nevralgico del film, va detto, non regge pienamente: le incongruenze ci sono eccome ed il ritmo balzella. Nonostante questo, Vancini risolleva quasi sempre il film con trovate divertenti, dialoghi geniali in dialetto ed un sapore quasi amacordiano di nostalgia. 

 

In definitiva è un film molto riuscito, spontaneo, divertente e malinconico, che marca il fatto che non solo le grandi storie sono degne di essere raccontate, ma anche le tante cazzate quotidiane, rimpianti e risate stupide.

da qui

 

Ovviamente a me l’aspetto che più affascina è la descrizione di quel mondo delle sei giorni… Il ciclismo come intrattenimento popolare di massa, cosa che non è più, un universo che appassionava anziani, ragazzi, le più varie categorie sociali… Credo che ormai le sei giorni in Italia siano morte e defunte, che io sappia l’unica ancora esistente è la Sei giorni delle rose a Fiorenzuola… Credo che il pubblico sia limitato a quattro gatti, chissà quanto resisterà ancora.
Insomma, apprezzo questo film in primis come testimonianza di un microcosmo che ormai, in Italia, non esiste più.

Per il resto, filmetto gradevole che scorre calmo fino alla conclusione con la sua narrazione lineare e morbida, niente scossoni, niente colpi di scena clamorosi… Un racconto semplice, un film descrittivo.

Fa specie vedere ora come all’epoca fosse, per quanto comunque non usuale, del tutto socialmente accettabile che un medico rinomato professionista avesse avuto una scappatella estiva con una minorenne durante le vacanze al mare. Né la gente intorno a lui si scandalizza, né lui fa più di tanto per nasconderlo. Il segno dei tempi.

da qui

 

Girato nel Palazzone, segue la varia umanità fanciullescamente popolare e freak che lo abitava. Inconsueto per Vancini: vorrebbe allestire un'orchestra felliniana ma dirige solo medi solisti. Di positivo c'è l'atmosfera da affresco storico, visto oggi sembra un film sui riti, l'euforia e le tante miserie che si consumavano in un moderno Colosseo. Portante è il duo Gemma-Angelillo, lui di gomma lei spigliata. L'uso del dialetto accentua la malinconia per la città scomparsa.

da qui

 

 

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