Gana è un'assistente domiciliare in una cittadina bulgara anonima e grigia.
Gana ruba i documenti dei pazienti, che hanno un prezzo nel mercato nero.
Gana non sorride mai, ne ha proprio tutte le ragioni.
alla fine la sua corazza non funziona più bene e Gana riesce a commuoversi e anche a pentirsi (forse).
un film che merita.
buona (algida) visione - Ismaele
…Film dai ritmi tutt'altro che
frenetici Godless ci presenta certamente una regista che ha ben in pugno la
storia, che si serve di una tecnica di ripresa molto realista, che varrà la
pena seguire da vicino e che, e qui viene il vero punto dolente della
pellicola, sembra volere accentuare in maniera quasi manieristica lo squallore
dell'ambientazione, partendo dalle strade scalcinate per finire ai paesaggi
urbani da edilizia sovietica passando persino attraverso una orgia quasi
grottesca ; il calcare troppo la mano su questo tipo di atmosfere toglie qualcosa
al film, creando quasi un clima artificioso: una elegia del degrado insomma
francamente forzata.
Ma al di là
di questo Godless possiede indubbiamente buone qualità, universalmente
riconosciute dalla sequela di premi racimolati, tra i quali anche quello per la
migliore attrice al Festival di Locarno: in effetti la prova della esordiente
Irena Ivanova è sorprendente per come riesce a compenetrare un personaggio che
contiene dentro di sè tutte le contraddizioni che sono quelle di una società
intera.
…l’esordiente
e folgorante Ivanova, che si porta a casa – sempre da Locarno – il premio
dedicato alla migliore attrice.
L’accettato annullamento di Gana è lento come la narrazione di Godless: il film
abbraccia quei tempi di narrazione silenziosi e genuflessi, con dialoghi
minimali e lunghissime pause. È cinema alto, viscerale; impegnato, ma anche
impegnativo.
Dopo novanta minuti amari e disillusi, di un drammatico realismo che azzanna
alla gola, arriva una chiusura ambigua e nebulosa che complica un po’
l’interpretazione, la redenzione e le implicazioni “teologiche”.
Mai come in questo caso il titolo della pellicola
sintetizza tono, messaggio ed essenza di ciò che la sua regista vuole
inquadrare: lo scorcio di Bulgaria che esplora è una terra arida e dimenticata,
quasi ripudiata da qualsiasi entità superiore, con le fetide azioni umane senza
limiti, esentate dai castighi divini e concesse da quelli autoritari.
La tragica e logora umanità di Godless è a pezzi e fredda come
una chiesa sconsacrata, talmente lontano dalla luce che la sua anima, quasi,
non esiste neanche più.
Una
sale de ver una película como Godless y
no puede evitar fantasear con cómo sería la reacción si la cinta llegara a las
manos de algún técnico, digamos de la Oficina de Turismo de Bulgaria, y es que
el panorama que Petrova presenta de su país en su debut en el largo, más allá
entendemos de la honorable fachada de la capital, Sofía, dista de ser
halagüeño. No nos sorprende el qué, ya que no deja de ser combustible
inagotable en las cinematografías de los países de Europa del Este el reflejar
el entramado de corruptelas institucionales y la degradación de las estructuras
sociales y las consecuencias de ello sobre la moral individual de sus
ciudadanos; quizás lo que nos sorprenda sea el cómo, o más bien cómo Petrova se
esfuerza en mantener un tono digamos alto y sin pausas en su relato de cuán
deprimente, cuán desesperanzado y cuán degradado es el día a día de los
protagonistas de la cinta.
Con esto no
querría subirme al carro de las críticas, que en similar dirección, ha
recibido Godless sobre
todo a raíz de llevarse el Leopardo de Oro en Locarno (la cinta tampoco se ha
ido de Sarajevo con
las manos vacías). Que vaya por delante que a mí la película de Petrova me ha
gustado (aunque ello me haga plantearme qué tipo de tara psicológica arrastro
para mantener este tipo de afinidades en lo cinematográfico), pero a diferencia
de lo que la directora ha comentado en alguna entrevista, si mal no recuerdo,
no comparto que el mensaje llegue con menos fuerza, si es un mensaje lo que
quieres transmitir, si nos permitimos introducir otro tipo de elementos que de
alguna forma “aflojen la cuerda” posibilitando cierto alivio al espectador, y
ahí tenemos decenas de muestras no muy alejadas geográficamente que lo
demuestran…
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