in un film del 1962, I giorni contati, di Elio Petri, si descrivono le truffe con i finti incidenti, come in Spaccaossa.
la fotografia è di Daniele Ciprì, alla sceneggiatura hanno lavorato anche Ficarra e Picone, insieme a Vincenzo Pirrotta, nel film il Vincenzo procacciatore di vittime.
un film nel quale non c'è niente da ridere, c'è una rassegnazione al male senza limiti.
un film che colpisce.
buona (assicurativa) visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
…Un macigno sempre presente sulla
coscienza dello spettatore che Pirrotta segue nella sua caduta, lineare come la
forza di gravità. Non c'è una profonda elaborazione, né una ricerca
sofisticata; c'è l'urgenza di testimoniare di una storia presentata in modo
corale, attraverso prospettive molteplici. Qui aiutano gli ottimi attori: Luigi
Lo Cascio nel ruolo di un invalido cocciuto che si rifiuta di pagare, la sempre
memorabile Aurora Quattrocchi nei panni di una madre "anima nera" di
Munziana memoria, e poi volti affidabili come Ninni Bruschetta e lo stesso
Pirrotta che si sobbarca il ruolo di protagonista.
Loro, come altri ancora, accumulano micro-storie che si sommano in un ritratto
atmosferico di una città e di un sistema sociale. Disperati che si mangiano
l'un l'altro, nella desolante scala di grigi di un direttore della fotografia
d'eccezione come Daniele Ciprì. Mentre le porte si chiudono di fronte a valigie
in procinto di cadere, l'occhio di Pirrotta rimane ben aperto sull'orrore
umano, soprattutto quello che si insinua con una certa sorpresa nel rapporto
tra Vincenzo e la madre: la conferma di quanto, per chi arriva farsi spaccare
le ossa, non ci sia mai stato scampo.
…Nei volti
delle protagoniste di Spaccaossa si dipingono tutte
le possibilità dell’essere donna in una società annientata dal maschilismo e
dalla sete di potere. C’è
Maria, la rassegnata moglie di
Francesco, a cui Simona Malato dona
tutta la compassione umana che il suo personaggio prova per quelle anime
dannate, segregate nella sua dimora fino al riscatto del premio assicurativo;
lei è la fortezza umana, ma fragile, costretta a obbedire agli ordini e a stare
al gioco. Tanto Maria, moglie del carnefice, quanto la Patrizia di Rossella Leone, la moglie della vittima
(Mimmo), restano a penzoloni nel bilancio matrimoniale e, seppur trattate in
modo differente, a entrambe non resta che assistere alla tragedia, unendosi
inesorabilmente a quel coro disperato e rimanendo, di fatto, come ai margini
della narrazione.
Altro ruolo tocca invece alla talentuosa Selene Caramazza, che si veste di
fragilità per interpretare Luisa, una ragazza tossicodipendente nei cui occhi
si scorge, a un certo punto, una palese voglia di riscatto. Legata
sentimentalmente a Vincenzo, sarà lei stessa vittima della “spaccatura”,
invischiata in una decisione lacerante e dolorosa che la lascerà annegare verso
l’irreparabile. Se Luisa è apparentemente forte e ribelle, nelle sue vene
scorre la solitudine più assoluta e ogni suo passo, ogni sua scelta, sembra
confermarle che non ha speranza di voltare pagina. È figlia dispersa, sorella
respinta, utente (del centro di disintossicazione) derisa e, come in un
triangolo perfettamente bilanciato, Luisa rappresenta nella vita di Vincenzo un
ipotetico passo avanti verso la vita, l’amore, il bene che si è in grado di
fare. Peccato però che a falciarlo sia proprio l’altro punto focale della sua
vita, quella madre anziana incarnata da Aurora
Quattrocchi che, sotto l’aura della debolezza fisica, cela
un’astuta perfidia assumendo le caratteristiche umane di una madre matrigna,
che prima accoglie in casa una povera sventurata e poi spinge il figlio
affinché la sacrifichi.
Le donne, in Spaccaossa, è come se
chiudessero un immaginario cerchio dei vinti, vomitando sulla stoffa del fato
azioni che potrebbero rivoluzionare, se non il mondo, la loro condizione. Ma
non c’è nessun lieto fine, in questa terra lontana dai riflettori in cui Dio
resta solo imbrattato di preghiere, senza elargire miracoli. A tutti spetta di
morire, realmente o in senso figurato, crocifissi a un destino che spacca
parimenti le illusioni…
…A Pirrotta se
non altro va dato il merito di non aver edulcorato il mondo che vuol
descrivere, la Sicilia di Spaccaossa è
per certi versi fin troppo realistica, non c’è spazio per la fantasia. Non
avrebbe avuto senso dipingere i protagonisti di questa tragedia come dei
personaggi usciti da qualche cartone animato sopra le righe.
Spaccaossa è un
film lucido, ma che non riesce fino in fondo ad essere coerente con quello che
voleva descrivere, incespica nel momento in cui la narrazione non sa che scelte
compiere. A chi è rivolto questo lungometraggio? Al circuito popolare o a
quello d’essai? Difficile saperlo.
Purtroppo, Spaccaossa è
un esordio che non suscita scalpore in quanto tratta un argomento importante,
ma in modo superficiale e caotico. Gran peccato considerando il buon punto di
partenza. L’augurio è che questa storia possa essere nuovamente trasposta,
perché ha senza alcuna ombra di dubbio più di un elemento accattivante.
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