una storia tratta da Edgar Allan Poe, ma il racconto è sempre meglio.
una storia dove thriller, sesso e male di vivere si avvinghiano in una lotta di tutti contro tutti.
non è certamente un film memorabile nella storia del cinema, ma non è così male come potrebbe sembrare dal titolo.
buona (Edvige) visione - Ismaele
…il
film non presenta particolari meriti artistici: le cose migliori di Sergio
Martino nel genere si potranno vedere in Tutti i colori del buio, uscito
nello stesso anno. Persino un’idea avveneristica come si potrebbe credere sia
quella dei deliri battuti sulla macchina da scrivere (resa poi nota al grande
pubblico da The Shining di Kubrick
un decennio più tardi) è in realtà una becera citazione di Les Diaboliques, film thriller francese di metà anni
Cinquanta. La sceneggiatura è condita da espressioni dialettali, frasi
trashissime e ripetuti riferimenti erotico-sessuali (il più delle volte le tre
cose vanno a braccetto). La colonna sonora è ordinaria, la prestazione degli
attori (eccezion fatta per la Fenech) è lineare senza essere eccezionale (un
po’ meglio comunque Pistilli nella parte dello scrittore decadente, una specie
di Lou Reed in età avanzata). Nel mezzo, oltre alle pregevoli scene erotiche,
persino una trashissima gara motociclistica! Insomma, in definitiva da vedere
solo per la notevole presenza di una Fenech in formissima e per qualche
omicidio splatter non da buttare.
…Rudy Salvagnini (Dizionario
dei Film Horror – tre stelle): “Ispirato a Il gatto nero di
Edgard Allan Poe, ne fornisce una versione moderna che unisce senza sforzo le
malate suggestioni tratte da Poe (il gatto ossessivo) agli stilemi tipici del
thriller all’italiana nella versione di Sergio Martino, ricchi di morbosità,
ossessività e alto tasso erotico. C’è sempre una certa meccanicità negli
sviluppi narrativi, ma, pur se con qualche calo di ritmo, l’interesse resta
alto e gli spunti originali non mancano. La regia di Sergio Martino è sempre
vivace, alla ricerca di inquadrature insolite”. Pino Farinotti non la pensa
così perché concede soltanto una stella ma non fa lo sforzo di motivare. Paolo
Mereghetti (una stella e mezzo): “Un giallo contorto e goffo, tratto dal
racconto Il gatto nero di Poe, sceneggiato dal regista con Gastaldi, Bolzoni e
Scavolini. Il risultato dei loro sforzi, però, è solo noia, tanto più se le
scene sexy sono tagliate (solo nella versione televisiva,
nda). Spiacenti, ma la rivalutazione è rimandata al prossimo decennio”. Critica
saccente e sciocca, siamo in presenza di un buon film amato dal pubblico per la
sapiente tensione erotico – morbosa che riesce a creare e per gli inquietanti
colpi di scena. La sopravvalutazione di Mereghetti come critico
cinematografico, invece, è sotto gli occhi di tutti…
Ispirato ad un racconto di Poe questo
giallo-thriller dal titolo che è tutto un programma ha un incipit con ballo
hippy e in abito adamitico di alcune avvenenti donzelle che mi ha strappato
piu'di una risata. Poi è tutto prevedibile dalla prima all'ultima sequenza,con
maniaco,moglie interessata,amica imbecille e gatto nero che svela tutto. La
Fenech si lancia anche in acrobazie saffiche con l'altra protagonista ma il divertimento
è veramente poco...Capisco che si stia rivalutando questo tipo di cinema ma
rivalutare un'opera come questa è francamente troppo.....
Un Sergio
Martino iper ispirato confeziona un thriller davvero appassionante soprattutto
per la regia e per l’intreccio perverso che si innesca con il trascorrere dei
minuti con personaggi super ambigui. La sceneggiatura prende spunto dal
racconto “Il Gatto Nero” di E.A.Poe senza restare troppo fedele al racconto (a
parte la sequenza finale) preferendo dar vita al classico intreccio tipico
degli spaghetti thriller del periodo con il susseguirsi di colpi di scena.
Primo tempo thriller con pazzo omicida in
azione, secondo tempo più incentrato sul lato perverso della storia e con meno
assassinii. Spruzzatine gore qua e in là (disgustosa la scena con gli occhi di
pecora disposti su un tavolo), presenza di topless femminili.
Brava la Fenech decisamente migliore dell’altra
attrice protagonista, più che sufficiente Pistili, mini cammeo per Rassimov che
indossa un’improbabile parrucca. Notevole la regia di Martino (voto: 8.5),
regista molto discontinuo, ma capace di tanto in tanto di estrarre dal cilindro
delle prove maiuscole come nella fattispecie. Sufficiente la colonna sonora.
Il film presenta due scene che sono state citate
da film decisamente più famosi, mi riferisco a “Shining” (scena della macchina
da scrivere che batte continuamente la stessa parola) e a “U Turn” (soprattutto
per l’ultimo omicidio del killer). Da vedere sicuramente per gli amanti del
genere.
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