domenica 9 luglio 2023

Basta guardarla - Luciano Salce

negli ultimi anni dell'avanspettacolo, probabilmente alla fine degli anni sessanta e all'inizio degli anni settanta (sembra un secolo fa), si girava ancora nei teatri di paese portando barzellette, musica, ragazze in bella mostra, e il successo popolare era assicurato, poi la televisione, tra l'altro, ha seppellito l'avanspettacolo.

due compagnie a confronto, quella di Silver boy (Carlo Giuffrè), con Mariangela Melato, che scopre (in diversi sensi) la contadinella Maria Grazia Buccella (Erica Rikk) e quella di Farfarello (Luciano Salce), con Franca Valeri.

ritratto malinconico di un mondo che sta scomparendo, con ottimi attori e un grande regista.

un film da non perdere.

buona (sorprendente) visione - Ismaele



 

Uno dei film più sottovalutati del cinema di genere italiano, ma anche pellicola di culto per tutti gli estimatori dell’indimenticato Luciano Salce. La scelta di utilizzare come setting di una storia il mondo della Rivista o dell’Avanspettacolo, cioè quella forma di intrattenimento derivata dal varietà che dagli anni quaranta anticipava nei cinematografi la proiezione di un film, era stata già stata anticipata nel 1950 da Monicelli (Vita da Cani) e dalla coppia Fellini-Lattuada (Luci del Varietà), poi, dopo poco più di vent’anni, anche Sordi ha ripreso l’argomento dirigendo se stesso e la Vitti nell’ambizioso Polvere di Stelle, ma tra tutte queste apprezzabili opere, il ritratto fornito da Salce resta senz’altro quello più compiuto. Il suo film non si esaurisce con una semplice rappresentazione nostalgica, e pur recuperando il tono del repertorio originale con scrupoloso spirito filologico (“Cesare cosa oggi la tua cavalla? Eh, Oggi è nervosa perché gli hanno rotto la biga”), il regista dimostra che non vuole prendersi troppo sul serio e per questo lo sguardo sui personaggi non è mai compiaciuto o eccessivamente indulgente. Eppure per lui non deve essere stato facile, perché ogni membro della “compagnia” ha saputo fornire un interpretazione assolutamente al di sopra i personali standard. Se per Giuffré, la Melato e la Valeri si può parlare di eccellenti conferme, non è certo così per la Buccella che trova qui il ruolo della sua vita. Morbida, ingenua e stucchevolmente romantica, Maria Grazia Buccella sta al personaggio di Erica Rikk, come Vivien Leigh sta a quello di Rossella O’Hara. Davvero un peccato che nel proseguo della sua carriera l’attrice non abbia saputo più trovare parti così azzeccate e si sia inevitabilmente persa…

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Spassosa e insieme malinconica rievocazione del mondo dell'avanspettacolo al tramonto e dei suoi litigiosi retroscena, diretta dall’esperto Salce con stile fumettistico e qualche occhiata a classici come Eva contro Eva e È nata una stella. Gli attori sono assai brillanti: gli artisti da strapazzo Giuffrè e Salce, la superba finta spagnola Melato e la vecchia primadonna Valeri, sorta di Wanda Osiris dei poveracci. Un elogio particolare alla Buccella non solo per le gambe, ma soprattutto per il carattere di contadinella ingenua e di buon cuore conservato anche quando diventa soubrette.

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Il film definitivo sull'avanspettacolo. Carlo Giuffré giganteggia nei panni indimenticabili di Silver Boy. Lo segue a ruota Maria Grazia Buccella, alias Richetta/Erica/Erica Rikk. Ed è grandioso - anche se un po' meno dei primi due - il divertitissimo Luciano Salce nel ruolo dell'impresario Farfarello. La storia è quella dell'amore tra una contadinotta ciociara divenuta teatrante (di nascosto allo zio prete, sennò 'gli schiaffoni si sprecavano') e il decadente musicista siciliano Silver Boy. Non c'è altro film che dipinga con tanta ironica precisione la tipologia della ragazzina ingenua che s'innamora del teatro e, più in generale, tutta la squallida e cialtrona umanità che compone il mondo dello spettacolo. Ma non finisce qua, perché "Basta guardarla" è anche - e non poteva non essere - un atto d'amore consapevole e folle per il teatro e lo show business. Chi può coniugare dissacrazione e tributo senza trasformare il film in un pugno nello stomaco - tipo "L'angelo azzurro" - e, d'altro canto, senza rinunciare alla profondità dell'analisi? Solo Salce, uomo di teatro intelligente, colto e navigatissimo, il quale inserisce in un contesto farsesco e talvolta surreale - con tanto di spietate didascalie da fotoromanzo che irrompono sullo schermo per dissacrare i momenti sentimentali - dei personaggi pieni di tenerezza e umanità sottocutanea (soprattutto l'eccelsa Franca Valeri). Il prodotto definitivo è un affresco satirico esilarante, ma al tempo stesso realistico e affettuoso. Indubbiamente tra i massimi capolavori salciani.

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La morte del vaudeville italiano è qui rappresentata con la forza dell'italianità più pura: la naturale bellezza delle attrici, la cialtroneria, l'affastellamento di gerghi e dialetti, i luoghi comuni più tenaci (Franco gay, Giuffré gelosone) e una batteria di caratteristi d'eccezione oggi impensabile. Salce non riesce mai a elevare lo sguardo (non è Fellini) e talvolta si compiace nello spingere i toni popolari sino alla farsa; il retrogusto malinconico, tuttavia, è sincero e mai volgare. Come il vino buono non può che migliorare.

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