martedì 11 luglio 2023

Breve storia di lunghi tradimenti - Davide Marengo

un posto chiamato Queimada è il centro di un intrigo finanziario e politico.

gli avvoltoi dell'economia e della finanza vogliono rubare le risorse del mondo, a qualsiasi costo, finanziario e umano.

è una storia attuale di piccoli resistenti contro i massimi  padroni del mondo, una lotta senza quartiere.

a partire dal libro di Tullio Avoledo, un film che non è un capolavoro, ma riesce a dire le cose che deve.

buona (al litio) visione - Ismaele

 

 

QUI si può vedere il film completo

 

 

Un intrigo internazionale tra Italia e Sudamerica sulle tracce di litio, scorie nucleari e tanto denaro. Il respiro narrativo è quello dei bank thriller americani (più azione che denuncia), ma ben calato nel contesto attuale della finanza globale e ben temperato da una certa sensibilità nostrana. A un inizio visivamente folgorante succede una narrazione moderatamente incalzante (con qualche incertezza e scontatezza) che verso metà inizia a prendere il volo. Più del plot interessano le dinamiche complessive e quelle relazionali.

da qui

 

Un deserto bianco dove cielo e terra si confondono, una cerimonia dominata da abiti scuri e giganti di ferro, figure colorate che urlano e corrono. L’incipit di Breve storia di lunghi tradimenti rimbomba negli occhi per la sua forza visiva.

Un flashback sul passato colonialista dell’Occidente, che con un violento stacco di montaggio ci riporta nel presente dei crack finanziari. Giulio, un avvocato di una banca di provincia, si ritrova al centro di un intrigo internazionale ordito da una multinazionale, in cui sono coinvolti un’elezione politica in Sud America (a Queimada!), un deserto di sale e il controllo del litio, il petrolio del futuro.

Seguendo lo orme del thriller politico anni 70, Davide Maregno cerca di riportare il cinema italiano indietro nel tempo per parlare del nostro presente, dove i Paesi non si colonizzano più: si comprano.

L’operazione riesce almeno in parte, supportata da una squadra di attori in grande forma, con  Carolina Crescentini bionda famme fatale d’antologia. Ma la sceneggiatura, tratta da Breve storia di lunghi tradimenti di Tullio Avoledo, soffre di troppe semplificazioni. L’urgenze narrativa si percepisce ed è lodevole, ma la necessità di essere comprensibili scivola nell’involontaria macchietta, mentre la forza del j’accuse si (dis)perde tra omaggi (Queimada!) e cammei.

Eppure lo si promuove per il coraggio e porta a casa il risultato.

da qui

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