lunedì 5 giugno 2023

Rapito – Marco Bellocchio

prima di tutto gli attori, bravissimi, riescono a fare un film corale, grande merito di Marco Bellocchio.

Edgardo, bambino ebreo, viene rapito per ordine del papa (eppure quanti ebrei sono stati torturati e ammazzati per la falsa accusa di rubare bambini cattolici?)

e non ci sono santi, alla fine a Edgardo faranno il lavaggio del cervello e sarà un prete cattolico per sempre.

che cose terribili le religioni, motore, a volte, e alibi, troppo spesso, di guerre e distruzioni.

molte scene valgono da sole la visione del film, una mi ha colpito molto, quando Edgardo libera Gesù dai chiodi e lo fa fuggire, come in Buongiorno notte la fuga (di Aldo Moro) è la salvezza, potere del sogno, o come in Habemus papam, di Nanni Moretti, Michel Piccoli papa scompare.

diserzione e fuga, via d'uscita dalle costrizioni e dall'insostenibilità della realtà.

sembra un film che parla di altri tempi, in realtà è molto attuale.

bambini rapiti (stia attento il papa al tribunale de L'Aja), guerre, confini, religione e politica, può bastare?

un film da non perdere.

buona (tormentata) visione - Ismaele


 

 

 

Rapito non è diventato un prodotto minimalista né ha declinato alla sua funzione di essere un bel film in costume, anche spettacolare, in cui si ricostruisce, con finezza e bravura, l’Italia e la Roma dell’Ottocento (ottima la fotografia di Francesco Di Giacomo). All’interno di una trama che ci obbliga a ricordare e a ripensare alla nostra Storia patria all’epoca della sua Unificazione, raccontata, com’è, con una strategia visiva di taglio realistico, Marco Bellocchio però non manca di inserire alcuni dei suoi stilemi stilistici “sur-reali” come in Buongiorno, notte (2003) o, più di recente, in Esterno notte (2022).  Con essi, infatti, l’invenzione fantastica vuole essere più “reale” della riproduzione naturalistica dei fatti in quanto serve a offrirci una chiave di lettura più alta e approfondita di essi.

Ben interpretato da tutto il cast – in cui ci piace segnalare Filippo Timi nella parte del Segretario di Stato, Cardinal Antonelli –  Rapito parte lentamente, quasi in sordina ma nel corso dei minuti diventa sempre più avvincente, alterando tocchi umoristici a frecciate polemiche contro l’integralismo religioso, spaziando tra superstizione, fede, ricerca della giustizia e arroganza del Potere sia esso temporale che spirituale.

È un film importante di un grande artista che a quasi 84 anni si può permetter di offrirci ancora un film sorprendente e appassionato, oltre che come si diceva all’inizio di una potente, prorompente forza espressiva. Di ciò noi, il cinema italiano non può che ringraziarlo sentitamente, con gratitudine. Grazie Marco.

da qui

 

Come Esterno notte, al centro di tutto c’è la cronaca di un rapimento che fa scalpore. Anche stavolta, Marco Bellocchio lavora su un doppio piano, pubblico e privato. La famiglia di Edgardo come particella di una comunità più grande, l’Italia lacerata da divisioni di fede, ideologie e pensiero. Una complessità, questa, plasticamente riprodotta nella babele di lingue che complica la comunicazione, il latino liturgico e l’ebraico dei riti privati, l’italiano e il dialetto. L’ottusità denunciata dal film non è di destra o di sinistra, non laica né tantomeno clericale. Rapito non è un film contro la Chiesa, pure colpevole, qui, di un crimine odioso contro la famiglia e la decenza. Piuttosto, un affresco malinconicamente impietoso sul trauma di un’identità individuale (e collettiva, in controluce) disgregata dalla cieca aderenza ai dettami di un Potere, di un’Istituzione, di un’Idea. Bisogna sempre diffidare di chi parla in maiuscole. Nessuno si premura di raccontarlo al povero Edgardo, che finisce il suo viaggio a metà strada, non più ebreo ma neanche del tutto cristiano. Sospeso tra due mondi, della complessità della vita non coglie la ricchezza, solo la confusione.

da qui

 

Bellocchio costella tutto il suo film di scene visivamente impressionanti, che non possono lasciare indifferenti tanto per la loro potenza formale che per il loro significato simbolico: tra queste non possiamo che ricordare quella del viaggio in barca di Edgardo verso Roma, una sorta di discesa all’inferno notturna; quella in cui il bambino libera Gesù dalla croce sgravandosi del senso di colpa che lo attanaglia; o, infine, quella in cui ci viene mostrato per la prima volta papa Pio IX, intento ad analizzare le vignette satiriche che gli sono state dedicate…

da qui

 

Risulta così assolutamente indovinata la scelta di affidarsi a un cast che si rivela più corale del previsto: le viscerali interpretazioni dei componenti della famiglia Mortara, soprattutto quelle Russo Alesi e Ronchi, convincono sin dal primo istante, e ancor più intense si rivelano le prove di chi dovrebbe incarnare il lato oscuro della Chiesa: non soltanto Pierobon, eccellente interprete di un papa umano e spietatissimo, ma anche i “funzionari” Fabrizio Gifuni e Filippo Timi, i quali restituiscono allo spettatore tutte le contraddizioni di un’istituzione soprattutto politica, oltre che religiosa…

da qui

 


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