prima di tutto gli attori, bravissimi, riescono a fare un film corale, grande merito di Marco Bellocchio.
Edgardo, bambino ebreo, viene rapito per ordine del papa (eppure quanti ebrei sono stati torturati e ammazzati per la falsa accusa di rubare bambini cattolici?)
e non ci sono santi, alla fine a Edgardo faranno il lavaggio del cervello e sarà un prete cattolico per sempre.
che cose terribili le religioni, motore, a volte, e alibi, troppo spesso, di guerre e distruzioni.
molte scene valgono da sole la visione del film, una mi ha colpito molto, quando Edgardo libera Gesù dai chiodi e lo fa fuggire, come in Buongiorno notte la fuga (di Aldo Moro) è la salvezza, potere del sogno, o come in Habemus papam, di Nanni Moretti, Michel Piccoli papa scompare.
diserzione e fuga, via d'uscita dalle costrizioni e dall'insostenibilità della realtà.
sembra un film che parla di altri tempi, in realtà è molto attuale.
bambini rapiti (stia attento il papa al tribunale de L'Aja), guerre, confini, religione e politica, può bastare?
un film da non perdere.
buona (tormentata) visione - Ismaele
…Rapito
non è diventato un prodotto minimalista né ha declinato alla sua funzione di
essere un bel film in costume, anche spettacolare, in cui si ricostruisce, con
finezza e bravura, l’Italia e la Roma dell’Ottocento (ottima la fotografia
di Francesco Di Giacomo). All’interno di una trama che ci
obbliga a ricordare e a ripensare alla nostra Storia patria all’epoca della sua
Unificazione, raccontata, com’è, con una strategia visiva di taglio
realistico, Marco Bellocchio però
non manca di inserire alcuni dei suoi stilemi stilistici “sur-reali” come
in Buongiorno, notte (2003) o, più di recente,
in Esterno notte (2022). Con essi, infatti,
l’invenzione fantastica vuole essere più “reale” della riproduzione
naturalistica dei fatti in quanto serve a offrirci una chiave di lettura più
alta e approfondita di essi.
Ben interpretato
da tutto il cast – in cui ci piace segnalare Filippo Timi nella
parte del Segretario di Stato, Cardinal Antonelli – Rapito parte
lentamente, quasi in sordina ma nel corso dei minuti diventa sempre più
avvincente, alterando tocchi umoristici a frecciate polemiche contro
l’integralismo religioso, spaziando tra superstizione, fede, ricerca della
giustizia e arroganza del Potere sia esso temporale che spirituale.
È un film
importante di un grande artista che a quasi 84 anni si può permetter di
offrirci ancora un film sorprendente e appassionato, oltre che come si diceva
all’inizio di una potente, prorompente forza espressiva. Di ciò noi, il cinema
italiano non può che ringraziarlo sentitamente, con gratitudine. Grazie Marco.
… Come Esterno notte, al centro di tutto c’è la cronaca
di un rapimento che fa scalpore. Anche stavolta, Marco Bellocchio lavora
su un doppio piano, pubblico e privato. La famiglia di Edgardo come particella
di una comunità più grande, l’Italia lacerata da divisioni di fede, ideologie e
pensiero. Una complessità, questa, plasticamente riprodotta nella babele di
lingue che complica la comunicazione, il latino liturgico e l’ebraico dei riti
privati, l’italiano e il dialetto. L’ottusità denunciata dal film non è di
destra o di sinistra, non laica né tantomeno clericale. Rapito non
è un film contro la Chiesa, pure colpevole, qui, di un crimine odioso contro la
famiglia e la decenza. Piuttosto, un affresco malinconicamente impietoso sul
trauma di un’identità individuale (e collettiva, in controluce) disgregata
dalla cieca aderenza ai dettami di un Potere, di un’Istituzione, di un’Idea.
Bisogna sempre diffidare di chi parla in maiuscole. Nessuno si premura di
raccontarlo al povero Edgardo, che finisce il suo viaggio a metà strada, non
più ebreo ma neanche del tutto cristiano. Sospeso tra due mondi, della
complessità della vita non coglie la ricchezza, solo la confusione.
…Bellocchio costella tutto il suo film di
scene visivamente impressionanti, che non possono lasciare indifferenti tanto
per la loro potenza formale che per il loro significato simbolico: tra queste
non possiamo che ricordare quella del viaggio in barca di Edgardo verso Roma,
una sorta di discesa all’inferno notturna; quella in cui il bambino libera Gesù
dalla croce sgravandosi del senso di colpa che lo attanaglia; o, infine, quella
in cui ci viene mostrato per la prima volta papa Pio IX, intento ad analizzare
le vignette satiriche che gli sono state dedicate…
…Risulta così assolutamente indovinata la
scelta di affidarsi a un cast che si rivela più corale del previsto: le viscerali
interpretazioni dei componenti della famiglia Mortara,
soprattutto quelle Russo Alesi e Ronchi, convincono sin dal primo istante, e
ancor più intense si rivelano le prove di chi dovrebbe incarnare il lato oscuro
della Chiesa: non soltanto Pierobon, eccellente
interprete di un papa umano e spietatissimo, ma anche i “funzionari” Fabrizio
Gifuni e Filippo Timi, i quali restituiscono allo spettatore
tutte le contraddizioni di un’istituzione soprattutto politica, oltre che
religiosa…
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