un film che arriva dal Mito.
una bellissima ragazza, Stella, che vive col padre cieco, è il sogno proibito di tutti gli uomini del villaggio (ed è odiata dalle donne del villaggio, bìva da sè).
poi arriva un riccone, che la corteggia e quando lei conosce il figlio di lui, solo allora cede e sposa il vecchietto.
ma Stella è il figlio che vuole, la gente mormora, arriva il dramma finale.
sembra un film un po' neorealista, un po' mitico, in realtà il cinema italiano e quello spagnolo erano molto vicini, in quegli anni.
un film che merita molto, abbiate fiducia.
buona (marina) visione - Ismaele
Trasposizione melodrammatica della tragedia
di Euripide: in un villaggio di pescatori la giovane e bellissima Stella fa
innamorare di sé un uomo ricco e molto più anziano di lei, Giovanni. Stella lo
respinge anche perché si è innamorata del figlio di Giovanni, Fernando. Quando
il giovane, in una lite con il padre, cade in mare e affoga, Stella raggiunge a
nuoto il suo corpo ormai sommerso dalle acque e si lascia morire.
La indefinicion de las normas que la censura cinematografica
franquista empleaba en la valoracion de las peliculas entorpecio gravemente la
labor de los profesionales del cine espanol. Sin embargo, tambien propicio que
ciertos titulos insolitos consiguieran incomprensiblemente ver la luz. Es el
caso de Fedra de Manuel Mur Oti (1956), pelicula en la que dos seres androginos
escenifican una pasion fisicamente imposible ilustrada por unas imagenes de
descarnado erotismo y sadismo. Las circunstancias historicas y la habilidad del
director Mur Oti y el productor Cesareo Gonzalez consiguieron, no obstante, que
la censura aprobara su exhibicion.
…En 1956, España
era un país todavía acorralado por las sotanas, los púlpitos y los fusiles.
Sobre una tierra hostil como era aquella, contar la verdad era una tarea que
solo podía llevarse a cabo de una forma: eludir una censura eficaz por
reaccionaria y embrutecida. Eludirla mediante la sutileza, la cultura y la
inteligencia.
Mur Oti
eludió la tumba recurriendo a la cuna, a los mitos griegos, a la fuerza y
sabiduría de los personajes femeninos. Fedra, el mito que sedujo desde Eurípides y Séneca,
hasta Racine y Unamuno, ocuparía su lugar inmortal
en el cine gracias a una película y dos tipos olvidados.
La visión de
Mur Oti del mito se basa -a modo de templo griego- en cuatro pilares clave: su
sensibilidad narrativa capaz de eludir la excesiva teatralidad propia de los
textos griegos, la composición y el juego de luces y sombras de Berenguer, un
guión incisivo y mordaz y la pasión personificada: Emma Penella.
Mur Oti y
Berenguer abren fuego sobre el mar mediterráneo con un ejercicio de composición
y narración que vuelan la cabeza del espectador desde el minuto uno. De la
estatua griega olvidada en la playa a la izquierda del cuadro mientras una voz
en off reclama a Homero y Ovidio -un
plano que llama a Fellini a gritos-, pasamos a la luz mediterránea retenida por las sombras de
la hilera de barcos que avanzan lentamente hacia tierra.
Una tierra
en la que el hombre -la representación de Hipólito y Teseo–
interpretados por Vicente Parra y Enrique Diosdado respectivamente,
es un mero instrumento, un canal por el que guiar al espectador hacia la fuerza
de la naturaleza que da razón de ser a la película: el mar, la fuerza en sí
misma, la pasión, el misterio y la sabiduría.
Es decir,
Fedra -Estrella en la película- el mito en manos de Emma Penella, aquella
hermana de Terele Pávez, con su mismo aspecto visceral, su físico
arrollador y su voz profunda como el abismo marítimo (aunque la estúpida
censura se ocupó de eliminar su voz mediante un ridículo y lamentable doblaje).
Así, aun con
la censura en contra, Mur Oti sitúa el mito, la película y al espectador en su
lugar: una mujer frente a la bajeza y la envidia de un pueblo que la teme, la
envidia y la odia, frente a los hombres que pretenden hacerla suya o huyen
ocultando una homosexualidad patente -el personaje de Vicente Parra y su
condición reclama al mejor Tennessee Williams en La
gata sobre el tejado de zinc-.
Estrella es
el mar que cubre la tierra, una tierra que no puede contener su movimiento, ni
flotar sobre sus olas, ni contener su fuerza.
Mur Oti
utiliza el aire y la luz mediterráneos filtrados por la óptica de Berenguer, y
reviste su película con el aspecto del neorrealismo onírico propio de
Fellini y la cruda realidad de Vittorio de Sica para conseguir contar la historia del mito como
él quería, con la fuerza salvaje e incontenible de Emma Penella arrastrando la
tierra, los caballos de Hipólito y la miserable condición de su pueblo a lo más
profundo de la tierra: el fondo del mar.
Fedra es una
película arrolladora, trágica, real, y como el mar y los mitos, olvidada e
inmortal.
Mi aspettavo un film di stampo melodrammatico, in realtà a
pesare di più è la componente mitologica e di tragedia antica all'origine della
storia. I personaggi sono mossi da violente e distruttive passioni, specie la
protagonista e il suo infelice e ingenuo marito (ma anche i pescatori sono
bruciati dal fuoco del desiderio per Estrella). E quando ci si dà a passioni
virulente il risultato e l'autodistruzione e la morte; in questo le tragedie
antiche erano molto morali e coerenti. Nessuno dei personaggi sembra
comprendere come l'amore sia un sentimento che si può realizzare solo nella
reciprocità. Il marito praticamente compra il corpo e il consenso di Etrella
(come tenta di fare anche il bottegaio), mentre lei si consuma di desiderio per
il figliastro, e si preoccupa assai poco se sia ricambiata o no, e se abbia
delle speranze di realizzare il suo amore. Le basterebbe che lui le si conceda.
L'ho trovato meno forte e coinvolgente di
"Cielo negro", ma comunque un buon film drammatico, tutto sommato
diverso, per toni e atmosfere, dal coevo cinema italiano.
E' bella e selvaggia l'Estrella/Phaedra di
Manuel Mur Oti.
Talmente bella da sconvolgere un intero villaggio di pescatori,
desiderata dai suoi uomini tanto quanto detestata dalle sue donne.
Talmente selvaggia e forte da incutere avversione in Fernando/Ippolito che lei desidera al punto
di non considerare minimamente la di lui opinione avversa.
Sposare il padre di Fernando, Don Juan/Ippolito non
le servirà ne ad avvicinare e conquistarne il figlio ne ad evitare una fine
tragica.
La Phaedra di Seneca è trasportata sulle coste spagnole,
dove i veli neri e gli sguardi arcigni delle donne mediterranee segnano di
umore sanguigno il bellissimo bianco e nero di questo film.
Potentissime le scenografie in cui la Grecia è richiamata dalle
rovine in prossimità delle quali vive Estrella, lontana ed isolata dal
villaggio che lei infuoca con la sua smisurata sensualità.
Certo Estrella è
una è Phaedra che si spinge ben
oltre rispetto a quella della tragedia ellenica, ma l'atmosfera carica e
potente che proprio il suo personaggio fuori dalle righe scatena nel
villaggio non si dimentica facilmente.
L'ho pescato stanotte su Rai3 nella trasmissione di Ghezzi
(meno male che c'è lui). E' un film in spagnolo con sottotitoli e la
storia è ispirata alla tragedia greca. Il film mi è piaciuto sopratutto per la
fotografia, un magnifico b/n con tagli di inquadrature e paesaggi che fanno un
pò ricordare Orson Welles. La protagonista è molto brava e bella e di una
nativa bellezza e segue fino in fondo il suo destino d'amore. Il film mi
ricorda molto il neorealismo, girato sempre all'aperto senza nessuna
preparazione scenica, o almeno così sembra…
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