il film racconta le avventure di una ragazzina che comincia le avventure amorose a pagamento, e ci prende gusto, ma non per il sesso, né per i soldi, ma sopratutto per la trasgressione e la curiosità.
il regista racconta una storia complicata senza mai solleticare chi guarda con le storie di sesso, con uno sguardo insieme partecipato e indagatore, sembra che anche lui voglia capire qualcosa di Isabelle, dati, cause e pretesti.
un film che merita senza nessun dubbio.
buona (inquietante) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, in
italiano
…Il film non vuole essere la fotografia di una
perversione, ma dipingere il ritratto di un’età estrema in cui c’è un tale
bisogno di conoscersi da arrivare persino al punto di sdoppiarsi per osservarsi
dal di fuori, di farsi del male per sentirsi, c’è bisogno di perdersi per
ritrovarsi, occorre allontanarsi da sé, trovare la giusta distanza per mettersi
a fuoco e scoprire la propria immagine. La storia di Isabella rappresenta la
complessità della ricerca identitaria in un mondo dove l’autorità genitoriale
si è indebolita, le intimità familiari sono poco fruibili perché sono vissute
più razionalmente che con profondità emotiva, col risultato che i figli
rimangono soli e cercano vicinanze alternative o sostitutive.
Sulle pagine dei quotidiani si riportano sempre più
spesso episodi di giovani appartenenti a famiglie borghesi che si
prostituiscono senza un apparente valido motivo, il film ci mette a contatto
col dolore segreto e impensabile che l’adolescente può patire nel suo percorso
di crescita, dolore irriconoscibile ed inimmaginabile dagli adulti di
riferimento, in particolare dai genitori. Nella vita di Isabella il rapporto
fallimentare tra i suoi genitori probabilmente ha causato un senso di vuoto, di
disorientamento, di sfiducia, ha aperto angoscianti interrogativi sull’amore.
Meglio non fidarsi troppo, non abbandonarsi alle emozioni che possono essere
fonti di sofferenza insopportabile.
Ozon nel raccontarci la storia di Isabella ci permette di
avvicinarci a piccoli passi, con rispetto e delicatezza, alle turbolenze del
mondo adolescenziale, si percepisce in lui una passione per questa età che
ritrae con una competenza emotiva che lascia intravvedere una sua
identificazione profonda e partecipata. Ne fa un dipinto che affascina e turba
allo stesso tempo, sono tratti che non vogliono saturare di significato, ma
permettono di sognare l’adolescenza senza violare il mistero ineffabile di cui
è intessuta.
Questo film ha qualcosa in comune con quello di Kechiche, la
vita di Adele. Entrambi hanno un inizio simile (un'adolescente che consuma
senza convinzione il suo primo rapporto) e una scena a metà film (un ballo
liberatorio). Entrambi discutono di testi letterari a scuola. Ed entrambi
condividono inoltre l'onestà intellettuale da parte dei registi nel mostrare le
diverse esperienze di vita delle protagoniste, molto distanti fra loro. Ma
mentre il film di Kechiche mi ha coinvolto abbastanza poco e a distanza di
tempo confermo tutte le mie riserve nonostante l'indubbia bravura del regista,
questo l'ho trovato ben più interessante. Intanto per la recitazione
volutamente algida della protagonista, bravissima, che bene rende i turbamenti
dell'adolescenza, le sue ribellioni e l'incapacità di capire cosa stia
cambiando dentro, e poi per la tematica assolutamente attuale e ben
preoccupante, se si pensa alle storie recentissime di prostituzione minorile
riportate nelle cronache di questi stessi giorni. Un personaggio vivo e
intelligente quello di Isabelle, e quindi non classificabile facilmente per la
strada scelta, aprendo così immediatamente una serie di domande allo
spettatore. Interessante il rapporto madre figlia, interessante che ogni
personaggio non abbia mai un contorno netto (la madre che ha il suo segreto, il
patrigno che sembra quasi accettare le provocazioni di una cresciuta Isabelle,
Isabelle stessa, cresciuta troppo in fretta da una parte ma in fondo ancora in
parte innocente). Ogni personaggio mostra sé stesso e il suo doppio.
Interessante le problematiche che un uso non sufficientemente controllato di
internet da parte dei genitori può far scaturire: credo si possa anche scorgere
una riflessione su quanto una generazione sia realmente rimasta indietro
sottovalutando sia le potenzialità positive che quelle negative di questo
magnifico strumento. Tutto ciò rende vitale e coinvolgente il film, nutrito in
molti punti anche da una non indifferente ironia che non guasta mai, senza
contare che una scena finale recitata da una magnifica Charlotte Rampling
restituisce un tocco di umanità profonda e toccante a tutta la storia. Bel film
senza riserva alcuna.
…Ozon la lascia raramente. La sua cinepresa è quasi sempre incollata
su di lei, forse ad avvalorare la frase del patrigno che la madre legge come
«essendo lei così bella è destino che faccia la prostituta».
È rilevante la possibile intesa fra la madre e l’amico di colore?
Isabelle sembra usarla come alibi e pezza giustificativa. Forse pensa che una
relazione possa fondarsi solo sull’ipocrisia e, allora, tanto vale fingere
completamente e quindi di nascosto e farsi pagare per inscenare questa
finzione?
Isabelle non parla con nessuno del suo segreto. Escogita una sorta di
vendetta, ha solo paura? L’unica volta che andrà alla festa della sua classe lo
farà per che cosa? Per spingere la compagna nella sua direzione? O per
proteggerla? Per toglierle un’illusione e dissacrare l’aura di magia? Per
sbugiardare l’amore?
Lo smarrimento della madre è sincero? Fino a quando lascia indagare
la sua paura? Quando si viene a sapere tutto, prima assale Isabelle, poi si
ritrae, contrae la sua paura, o meglio ha paura della propria paura e chiede
scusa alla figlia e qui c’è tornato alla mente un passo formalmente e
psicologicamente simile visto in Caché (Haneke,
2005).
La paura della donna nasce dalla sua figura di madre che si chiede
come ha fatto a non capire, come e dove ha sbagliato o il suo è un vuoto più
totale, più cosmico?
È sufficiente ed è corretto fare un’analisi sociale, politica,
economica del film? Andare sul versante “crisi del capitalismo”, “disfacimento
della borghesia” è percorrere il cammino ortodosso? Ce ne sono altri? Si deve
guardare alla morte di ogni senso religioso?
Forse tutte queste cose insieme o nessuna di esse. Ozon non spiega,
ma non si ritrae. Semplicemente non si può spiegare ciò che non si capisce. Se
è vero che Isabelle non parla quasi mai, quando lo fa non ha bisogno di mentire
e questo perché non le vengono poste le domande pertinenti, le questioni
cruciali a cui forse nemmeno lei saprebbe dare delle risposte. L’unica vera
menzogna è quella sulla sua età. Denuncia 20 anni agli uomini che le fanno
domande. Ma forse lo fa solo per metterli alla prova, per vedere fino a quando
sono disposti a barare con se stessi.
Domande su domande, ma nessuna risposta decisiva. Non ci resta che il
finale del film. Come analizzarlo? La persona che Isabelle attende nella hall dell’albergo è una doppia agnizione e un
altro mistero. È una donna e possiamo aver già pensato ad una svolta saffica
dell’esperienza sentimentale della ragazza: le cose potranno anche andare così
e probabilmente quest’ipotesi lascia indifferente la protagonista. Si presenta
a Isabelle e a noi con gli occhiali da sole e non la riconosciamo. Poi
scopriamo che è Charlotte Rampling. Ma entrambe le donne sono in effetti prese
da un teatro, dalla camera 6095. L’una vuole vedere dove il marito ha vissuto
la realizzazione del suo ultimo desiderio («è bello morire mentre si fa
l’amore»). L’altra sembra quasi colta da una forma di nostalgia…
Forse il film più duro e difficile di Ozon, ma anche quello riuscito
meglio.
"François Ozon sembra parta dal ripubblicato 'Bella di giorno' ma anche dalla cronaca: racconta la fenomenologia del sesso di una 17enne amorale borghese che si prostituisce a 300 euro in hotel di lusso e si trova fra le braccia un vecchio infartuato. Scandalo sociale, non morale, scandito in quattro stagioni, alla Rohmer tutto osservato con sincerità da un regista che si trova dentro una scomoda verità. Magnifica Marine Vacth." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 7 novembre 2013)
"Prodigiosamente prolifico per gli standard
odierni, il francese quarantaseienne François Ozon è già al suo quindicesimo
titolo: in media uno per ogni anno di attività da quando è regista. Ritmi
d'altri tempi. Ma a parte questo in Ozon c'è anche da ammirare la fusione tra
un certo eclettismo di generi e temperature, e una sostanziale continuità nell'indagare
sulle sorprese che possono riservare le relazioni umane, sessuali e non solo.
Anche se il sesso c'entra quasi sempre parecchio. Solo che i risultati non sono
tutti di pari livello. Molto riuscito il penultimo 'Nella casa' (...), ma
decisamente meno riuscito questo 'Giovane e bella' presentato in concorso
all'ultimo Festival di Cannes. (...) Isabelle si prostituisce. Esce di casa in
jeans e maglietta infilando in un borsone abiti seducenti rubati dall'armadio
della mamma, si cambia in una toilette della metropolitana uscendone
inequivocabilmente trasformata, e si reca agli appuntamenti in albergo con
uomini che l'hanno contattata via Internet. Poi ritorna alla sua tenuta da
ragazzina imbronciata, inventa qualche storia su quello che fa e non fa, e nasconde
i soldi sotto la biancheria. Tutto senza fare una piega. (...) Laddove, si
direbbe, si vuole arrivare a puntare il dito contro l'inconsistenza o
l'inadeguatezza dei genitori cinquantenni - e i loro poco responsabili
comportamenti e messaggi libertari? - colti del tutto di sorpresa e,
soprattutto la mamma, del tutto inorriditi. Per accreditare la scelta di
Isabelle come atto di ribellione al rovescio: la denuncia, attraverso una vita
segreta così estrema, di una mancanza di guida e di autorità. Come se lei non
fosse responsabile dei suoi atti. Il corso degli eventi, che segue una
scansione stagionale (punteggiata dall'appropriata voce di Françoise Hardy),
converge in una visione della protagonista e dell'adolescenza che rifiuta ogni
sentimentalismo. E un mistero insondabile, che il regista ritiene sia stato e
sia troppo idealizzato, con in sé qualcosa di ineluttabilmente brutale, di
certo privo di ogni simpatia." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 7
novembre 2013)
"Dietro la scelta della bellissima Isabelle
(Marina Vatch, una rivelazione) non c'è infatti un desiderio di trasgressione
quanto una volontà estrema e disturbante di autoaffermazione. La costruzione di
un'identità radicalmente diversa da quella prevista. Un gesto quasi banale,
benché violento, oggi che bastano pochi clic per costruirsi o sognare una
seconda vita. Queste però sono solo deduzioni. Attento da sempre al nodo che
lega famiglia, sessualità e identità, Ozon non dà infatti spiegazioni ma
fornisce due o tre indizi decisivi. Isabelle ha una madre affettuosa ma
distratta, un padre lontano, un fratellino ficcanaso, e nessun assillo
materiale. Allora perché quella scelta? Cosa cerca - e forse trova - in quella
doppia vita, in quei clienti che non sempre la umiliano, in quella segreta indipendenza
che getta luce accecante sugli adulti? Ozon non giudica, non condanna e non
assolve, ma mette a fuoco l'essenziale. Non si tratta di quattrini e tanto meno
di perversione, quanto di potere (e sapere). Se non può avere l'amore o almeno
il piacere (la sua prima volta è stata un disastro), Isabelle vuole tutto il
resto. Sarà la vedova dell'unico cliente per cui provava qualcosa (toccante
apparizione di Charlotte Rampling) a dischiudere, a lei e a noi, il senso
profondo della sua parabola. Senza moralismi ma con la forza poetica
dell'invenzione. Altro che scandalo: 'Giovane e bella' è un film profondamente
morale." (Fabio Ferzetti, "Il Messaggero", 7 novembre 2013)
"Scandito sull'arco di quattro stagioni
contrappuntate da altrettante canzoni di Françoise Hardy - assurta al successo
nel lontano 1962 con il titolo simbolo del disagio adolescenziale 'Tous les
garcons e le filles' - 'Giovane e bella' di François Ozon racconta il romanzo
di formazione, non solo sessuale, di Isabelle (...). Pur mettendo alla prova lo
spettatore - che introdotto nelle alcove dei lussuosi hotel in cui la minorenne
intrattiene i suoi maturi clienti rischia di sentirsi, pur incolpevolmente,
sollecitato a un ruolo di voyeur - Ozon dimostra una straordinaria finezza di
approccio. E in una sospensione di giudizio che non si traduce mai in
indifferenza, registra questa storia di giovinezza rapita con sensibilità e
limpidezza di stile. Quanto alla ventiduenne Marine Vacht, modella di Lagerfeld
e Chloe, con la sua imperfetta bellezza, la sua scostante riservatezza e le sue
inattese tenerezze, è una Isabelle tanto conturbante quanto
imperscrutabile." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 7 novembre
2013)
"(...) 'Giovane e bella', diretto dal più
ondivago ma ingiustamente sottovalutato dei registi francesi, François Ozon. La
concorrenza era spietata all'ultimo festival di Cannes, eppure 'Jeune et jolie'
(titolo originale) un premio l'avrebbe meritato, se non altro per la splendida
protagonista Marine Yacht, una Laetitia Casta in magro ma con molto più peso
scenico. Una Lolita illetterata, una forza carnale della natura, la sua
Isabelle, di cui Ozon ci dice tutto in una inquadratura d'iniziazione: il suo
primo ragazzo la sorprende sdraiata sulla spiaggia, con l'ombra della mano le
accarezza il seno. Lei è luce, gli altri potranno continuare a toccarla, previo
pagamento, ma rimarranno come quella mano: ombra. Satelliti. Isabelle non la
tieni, sotto il parka (...) è una sex bomb, ai libri preferisce il letto, a due
piazze: non è una nuova 'Bella di giorno', ma una bella di mezzogiorno, quando
smonta dal liceo e monta in camera d'albergo. La clientela non le manca, e si
capisce, ma Isabelle è pericolosa, la 'petite mort' che promette può
ingigantirsi. Ma la vera vittima del suo libero arbitrio non è una persona,
bensì una classe sociale, meglio, la condizione dell'essere borghese, in primis
quella della sua famiglia BoBo (bourgeois bohémien), tutta segreti, bugie e
qualche cannetta. Già, da smascherare non è la sua doppia identità, piuttosto la
doppiezza dei suoi 'cari', e Ozon lo fa con chirurgica precisione, senza parole
al vento né fragorosi colpi di scena: le madri sfarfalleggiano, i patrigni
hanno le intenzioni, se non le mani, lunghe, l'unico a salvarsi è il
fratellino, che osserva muto e curioso la sua soeur fatale. È quest'ultima la
posizione etica di Ozon, il suo sguardo senza accenti gravi su una ragazza che
troppo frettolosamente si taccerebbe di immoralità: invece no, Isabelle non è
solo 'ars amandi', padroneggia l'arte rara di stare al mondo in armonia con se
stessi, il proprio corpo, la propria testa. Il cuore? Chiedete troppo, lo
stesso Ozon si astiene: (...) il regista non subisce la fascinazione del
peccato, non mette su un peep show voyeuristico (il sesso c'è: esplicito, non pornografico)
e la liberazione sessuale post-sessantottina non rifinisce sullo stendardo.
'Giovane e bella': così è se vi pare, le domande hanno la meglio sulle
risposte. Almeno quelle riguardanti Isabelle, perché non finisce qui: senza
l'aureola da Giovanna d'Arco delle marchette, nondimeno Isabelle è la sintesi
di un teorema antiborghese scostante e ambiguo, sottile e disturbante, che
s'insinua dentro e non se ne va. (...) Film attualmente impossibile dalle
nostre parti per misura, sguardo e raziocinio, ricorda ai salotti più o meno
buoni qualcosa di scomodo: per vendersi ancora bisogna non essersi venduti del
tutto. Sappiamo dalle cronache, la madre di Lea non è l'unica a non averlo
capito: meglio, a far finta di non averlo capito. Vogliamo fare lo stesso? Da
vedere, subito." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 7 novembre
2013)
"Da circa vent'anni ritengo François Ozon
una delle personalità più interessanti del cinema francese. Basterebbero a
confermarlo film quali 'Sotto la sabbia' (2001), '8 donne e un mistero' (2002)
e, l'anno scorso, 'Nella casa'. Oggi torna ad occuparsi di giovani, come nel
2000 con 'Gocce d'acqua su pietre roventi', e affronta un tema di cui si
discute molto in Francia (...), quello delle adolescenti che si prostituiscono,
alcune per necessità, molte altre per il bisogno spesso solo inconscio di
osservare le proprie reazioni nei confronti del sesso. E', quest'ultimo, con
ogni probabilità il caso di Isabelle, la protagonista di 'Giovane e bella'
(...). Un cammino accidentato, percorso da Ozon senza addentrarsi nelle ragioni
e nella psicologia della protagonista, per presentarci solo quello che fa e che
gli altri, clienti, familiari, amiche, osservano in lei. Con il distacco quasi
dell'entomologo che analizza al microscopio i movimenti di un insetto. Senza
mai perdere, con questo, un sentimento di forte umanità che quasi si sublima
nel finale quando la vedova del suo ultimo cliente vorrà conoscerla e andare
con lei nella stanza d'albergo dove l'altro era morto. Con accenti delicati ma
anche asciutti, immagini solide e ferme e, nonostante certi risvolti scabrosi,
anche con pudore. Isabelle è la modella Marine Vacth, bella e espressiva. Fra i
molti, nei panni della vedova ricordo con grande stima, Charlotte Rampling che
non nasconde lealmente la sua età. Ricordo anche la bella voce e le belle
canzoni di Françoise Hardy. Sul filo della nostalgia." (Gian Luigi Rondi,
'Il Tempo - Roma', 7 novembre 2013)
"(...) un film di François Ozon, regista
mai banale, capace di giravolte narrative e stilistiche che rendono la sua
filmografia una delle più sorprendenti in circolazione. 'Giovane e bella' parla
di un'adolescente parigina che si prostituisce via internet. Durante Cannes,
passò lo stesso giorno di 'The Bling Ring' di Sofia Coppola, altro film su
ragazzine dalla vita pericolosa. In più Ozon pensò bene, forse astutamente
forse no, di rilasciare una dichiarazione che gli procurò qualche anatema: in
un'intervista disse, più o meno, che l'idea di prostituirsi è una fantasia
comune a molte donne. Apriti cielo! La frase era infelice, ma all'improvviso
sembrò che Ozon avesse sputato sulla Marianna e su tutte le mamme di Francia.
'Giovane e bella' è disturbante perché descrive il fenomeno della prostituzione
giovanile senza dare giudizi. (...) Film quasi documentaristico: l'assenza di
pistolotti sentenziosi è un pregio, il gelo emotivo forse è un difetto. Ma il
monito ai genitori arriva diretto, per vie inaspettate: non bastano né il
benessere né le buone intenzioni, dormite preoccupati anche quando tutto sembra
andar bene. Marine Vatch, la protagonista, è bravissima" (Alberto Crespi,
'L'Unità', 7 novembre 2013)
"Non convince 'Giovane e bella' di François
Ozon su una diciassettenne borghese che senza alcun apparente motivo comincia
prostituirsi prediligendo uomini maturi. L'attualità ci regala purtroppo
episodi analoghi, ma il regista, deciso a non esprimere giudizi, racconta con
troppa freddezza e distacco il malessere morale e la maleducazione sentimentale
dei giovani di oggi." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 7 novembre 2013)
"Piacerà alla crescente schiera degli
ammiratori del francese François Ozon, un regista (spesso) di pessime
intenzioni e (quasi sempre) di ottimi risultati. Qui in partenza sembra voler
scimmiottare il mitico 'Questa è la mia vita' di Jean-Luc Godard, ma il
risultato è molto migliore. (Giorgio Carbone, 'Libero', 7 novembre 2013)
"Isabelle c'est moi! viene alla mente
guardando la «giovane e bella» interpretata con grazia superba da Marina Vatch,
protagonista del nuovo film di François Ozon. L' adolescente «bunuealiana» che
si prostituisce dalle 5 alle 7, per poi tornare nella calda casa borghese, si
accorda alla grazia ludica, e alla seduzione infantile che animano i film del
regista francese. Nei quali i personaggi femminili sono al centro (da '8 donne'
a 'Sotto la sabbia', forse anche per questo è un raffinato scopritore di nuovi
talenti), sempre amatissimi pure quando sfumati in chiaroscuri di ambiguità.
Non è lo psicologismo che interessa Ozon, e tantomeno le spiegazioni sociologiche,
ciò che fa vibrare la sua macchina da presa è il rispetto dell'individualità di
questi personaggi, e la loro libertà. Sta a noi spettatori capirli, cercare una
risposta ai loro gesti, amarli oppure odiarli. Lui, appunto, li ama. (...) non
si può essere seri a diciassette anni ci dicono i versi Rimbaud e le canzoni di
Françoise Hardy che accompagnano questo (quasi) romanzo di formazione. In cui
come il precedente 'Dans la maison' ('Nella casa'), il regista esplora la
materia sfuggente dell'adolescenza. E insieme del suo controcanto, la
cosiddetta «età adulta», visto che in Ozon le due dimensioni sono intimamente
intrecciate. La scelta di Isabelle rimarrà senza spiegazioni, Ozon almeno non
ne dà, ed è la cosa più «scandalosa» e disturbante che si possa fare. Sarà
colpa della separazione dei genitori? Sarà perché quella prima volta è andata
male? Chissà. «Isabelle si prostituisce come potrebbe drogarsi, o bere, o
soffrire di anoressia, l'adolescenza è un momento di frizione» ha dichiarato
Ozon al festival di Cannes dove il film era in concorso. Lui però, conducendoci
nella sua intimità, non ne svela l'enigma. È la bellezza, e la scommessa, del
film." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 7 novembre 2013)
"(...) quadro di una società che ha perso
ogni coordinata morale, dove tutti finiscono per accettare ogni cosa perché gli
adulti «non devono colpevolizzarsi» e i giovani sono già sulla stessa strada.
Solo la vedova dell'ultimo cliente (una Rampling visibilmente ingrigita) sembra
interessata a scoprire la verità ma, appunto, è una vecchia, di un'altra
generazione. Oggi nessuno sembra volersi fare domande, sia nel Messico della
violenza quotidiana sia nella Parigi della propria compiaciuta abbondanza. Né
nella vita reale né tantomeno al cinema." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere
della Sera', 17 maggio 2013)
"Jeune & Jolie" (giovane e bella).
Segnarsi il nome. E la lucente fotogenia: 17 anni come liceale Isabelle nel
film, 23 come mannequin parigina nella vita, un briciolo di provocazione in
un'onda d'innocenza. Lattuada e Rohmer l'avrebbero contesa. Scomparsi i grandi
vecchi, ci pensa François Ozon, che deve essere partito dal brivido caldo di un
fotogramma di Marine per scriverle intorno un sillabario dell'adolescenza
schiava e fragile, un filmetto curato, sensibile, pieno di sesso, pulito, in
una prima giornata di concorso segnata dalle ambizioni sbagliate di un'età
disorientata e presuntuosa, sedotta dal denaro in ogni angolo del mondo
(...).In quattro stagioni intense e quattro belle canzoni di Françoise Hardy, Isabelle
cade e risorge, bruciando ogni tappa dell'esperienza sessuale. (...) C'è
materia per un libro-film di Moccia, invece dimostra come un trattamento,
passando da intelligenza e sensibilità, diventa cinema coinvolgente, a partire
dal tocco della cinepresa sul volto, i gesti, i tempi della protagonista.
". (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 17 maggio 2013)
questo film sembra molto interessante, poi a me Ozon piace. argomento molto difficile, non c'è dubbio, forse persino più oggi che 40, 50anni fa
RispondiEliminatutto Ozon (ma come fa?) è molto interessante
Eliminasono andato a ripassare, sai com'è dopo tanti anni... Ricky lo stroncai addirittura, mi prese malissimo e infatti molti commenti mi danno contro. gli altri , ne ho visti 7 in tutto, mi sono piaciuti
RispondiEliminane ho visti molti di Ozon, e Ricky è stato quello che non sembra suo, come una favola, e come in tutte le favole bisogna stare al suo gioco, e lasciare ogni pregiudizio prima di ascoltarla e vederla
Eliminal'avevo visto al cinema, nel 2009, e nel vecchio blog su splinder avevo scritto:
E’ un film strano, difficilmente classificabile, meno male. Lo vedi ed è una sorpresa, davvero non lascia indifferenti, o piace molto o per niente. Se non lo vedi nessuno te lo può spiegare, non è perfetto, ma questa è una sua forza, per quanto sembri strano. A me è piaciuto molto, e così spero di voi.