un film davvero coinvolgente, una tragedia greca (con coro sullo sfondo) a Parigi, una famiglia protagonista del film, quattro fratelli e una madre.
un bambino ammazzato scatena la rivolta, questo è il film, l'obiettivo è la rivolta.
un grande e bellissimo piano sequenza iniziale vi stregherà, e il film lo guarderai fino al termine, senza nessun rimpianto.
polizia contro i ragazzi della banlieu, come nel film L'odio di Mathieu Kassovitz.
buona (imperdibile) visione - Ismaele
ps: due anni prima era uscito un (grande e imperdibile) film danese, Shorta, di Frederik Louis Hviid e Anders Ølholm, secondo me Romain Gavras non se l'è perso (e voi che aspettate?)
…I
primi 12 minuti sono pazzeschi (alcuni passaggi sono talmente grandiosi che non
riesco a vedere il trucco che, sicuramente, ci deve essere), con l'inquadratura
che passa da Abdel a Karim (quasi sempre avremo un solo personaggio seguito -
alla Aronofsky - ma passeremo continuamente da uno all'altro), e poi la
distruzione della stazione di polizia, e poi l'ambulanza rubata sulla quale
entriamo in corsa, e poi quella moto che impenna, e poi l'arrivo al quartiere e
poi tutti sul tetto con la "macchina da presa" (dico in senso lato,
essendo un drone o un trucco di post produzione) che finalmente si allontana
dai corpi, dai tumulti, dai vicoli e si rifugia nel cielo (tra l'altro
moltissimi dei piani sequenza termineranno così, con l'inquadratura che termina
andando all'indietro ed allargando il campo).
Un incipit prodigioso,
incredibile, da pelle d'oca…
…la vera perla di
Athena sta in un altro aspetto che molti hanno trovato sbagliato, malfatto,
quando addirittura assurdo e quasi ridicolo.
Ovvero il ritrovarsi
davanti un'intera città in fiamme, in rivolta, vedere 2000 persone aggirarsi e
poi a morire sono solo i 4 fratelli.
Ma è qui che Athena
(anche il titolo lo dimostra, credo) vuole diventare simbolico, tragedia
(greca).
In un caos infernale
dove può morire chiunque alla fine muoiono solo i 4 fratelli, fratelli poi che
hanno scelto parti avverse, destini diversi.
Come a dire che tutto
questo odio, tutta questa violenza, tutta questa Apocalisse alla fine uccide
senza distinzione chiunque, in qualsiasi parte si trovi e qualsiasi idea abbia.
E quei 4 fratelli
diventano quindi simbolo della morte di tutti, di come l'odio porti alla
distruzione di ogni cosa, di come non ci siano vincitori e vinti, ma solo
vittime, ovunque.
Quei 4 fratelli siamo
tutti noi, esseri umani (quindi fratelli) che possiamo ritrovarci di qua o di
là della barricata ma che se poi, in mezzo alla guerra, ci accorgiamo che
questa uccide tutti.
Una vera tragedia
scespiriana, a pensarci.
E Abdel, il fratello
"buono" che tutto voleva fermare è invece simbolo di chi dà la vita
per gli altri ma poi, una volta capito che niente può essere fermato, che tutto
è perduto, non ha ormai più speranza e, letteralmente, crolla (le sue scene di
follia sono bellissime, non tanto per l'efferato omicidio del fratello ma
specie per questa sua ormai completa dissociazione dalla realtà (non
sente/capisce nemmeno che nel frattempo si è scoperto che la polizia non
c'entra niente con la morte del fratellino).
Un film che quindi
riesce a raccontare mille cose senza usare il plot (miracolo, davvero) ma solo
basandosi su aspetti tecnici (i piani sequenza, i costumi) o simbolici (la
morte dei 4 fratelli).
Siamo a livelli di
cinema altissimi, poche volte battuti.
Tante cose restano addosso, come l'omicidio di Karim, come quello che compie
Abdel dell'altro fratello, come le sequenza di nebbia e sordità del giovane
poliziotto, come quel campo di fiori immacolato dove l'ex miliare, con le
cuffiette, non sente nulla dell'apocalisse che ha intorno, come quell'ultimo
carrello indietro che dal palazzo esce fuori, per mostrarci l'ultima terribile
esplosione.
E in tutto questo, in
un film che parla di morte, di caos, di controllo ormai non più possibile, di
come anche un solo piccolo gesto potrebbe portare al collasso di un intero
paese, un film frenetico, incredibile, teso e inarrestabile c'è solo una figura
che sembra staccata da tutto, una figura tragica.
Una mamma.
Che chiama i propri
figli, che non si rende conto di quello che sta succedendo e di quello che loro
sono e rappresentano per gli altri.
Una mamma che quei
figli li perderà tutti.
Ma non sono loro 4 a
morire.
Siamo tutti noi
Alla potenza del testo Athena sovrappone
quella delle immagini per una pellicola di un cinema, in particolare francese,
che ripercorre tante opere del medesimo stampo, ma che possiede una cattiveria
e un ferire tutto moderno. Un’estetica che esalta l’indignazione dei personaggi
innalzando la compiutezza di un’operazione piena di grazia rabbiosa e
dolorante.
Un film che aggredisce, virulento e
assennato. Un’impetuosità però mai piena solo di se stessa, bensì di una
giustizia che forse tarderà ad arrivare, ma di cui la settima arte continuerà a
parlare, ad accendere e narrare.
Athena guarda alla periferia francese contemporanea e ne riporta
la rabbia e i conflitti sociali dell'attualità. Un'opera dalla regia estetica
che non ha però paura di sporcarsi nel mezzo della lotta. Una storia di
comunità e di famiglia, di fratelli e di scelte sbagliate.
…Athena è una dichiarazione politica enorme, una totale denuncia
nei confronti dei reali responsabili che si celano dietro all’emergere di certe
dinamiche, gli sfruttatori del disagio pubblico, nonché gli aizzatori dell’odio
che per portare avanti i propri interessi si cibano del dolore e del
risentimento altrui. In quanto «moderna tragedia greca» (così l’hanno definita
Romain Gavras e Ladj Ly), il destino dei personaggi di Athena è segnato da fili invisibili tracciati dai
veri dominatori del caos, in un contesto dove l’amore familiare e qualsiasi
idea di giustizia cessano di avere alcun significato, perché in realtà è tutto
già scritto e determinato.
Tra sequenze d’azione over the top, cori impetuosi (un altro rimando alla
cultura greca antica) e parallelismi con la realtà, Athena si afferma come lo specchio effettivo di
una tragedia più ampia e reale, che risiede là fuori, al di là dei confini
dello schermo, plasmandosi giorno dopo giorno e annidandosi tra le pieghe della
quotidianità, nei discorsi di tutti i giorni, nelle battaglie (giuste o
sbagliate che siano), nelle questioni politiche e non. Athena è il riflesso e il simbolo di una guerra
che è già in corso, una guerra che riguarda tutti noi e che, prima ancora che
sul campo, si combatte sul profilo delle idee.
…Sul fronte narrativo è oltremodo furbo: non è nemmeno
vagamente incendiario come vorrebbe far credere di essere. Non possiamo entrare
nel dettaglio senza fare sostanziali anticipazioni, per cui ci limitiamo a dire
che è peculiare che un film con questo background e questa tematica centrale si
affanni così tanto per assolvere le forze dell’ordine. La scorciatoia inserita
negli ultimissimi minuti dal film più che un colpo di scena sembra proprio una
furbata per evitare di prendere una posizione che, alla luce degli avvenimenti
di cronaca recenti, non si può nemmeno più definire forte, bensì coerente,
realistica. Anche la composizione della famiglia del ragazzino morto e l’identità
dei suoi fratelli ricalcano una serie di stereotipi poco plausibili per un film
che in teoria mira ad essere un pugno nello stomaco e una denuncia sociale
puntuale. Qualcuno ci è anche cascato, ma i film duri e puri son ben altri.
…Romain Gavras ce lo mostra all’inizio, con lunghi ed elaborati piani
sequenza. Il primo in particolare, di circa 12 minuti, è senza alcun dubbio tra
i più incredibili che ci siano mai capitati di vedere sullo schermo: una
sequenza talmente ricca e articolata da costringere a chiederci durante la
visione, non una ma più volte, come fosse stata possibile realizzarla. Una
sequenza che potremmo definire davvero “girata da Dio”, quasi nel senso
letterale del termine, perché ci sono alcuni movimenti di macchina al suo interno
che sembrano davvero impossibili. Inutile specificare che è proprio questa la
sequenza, che si conclude con il titolo del film, quella che ha strappato un
meritatissimo applauso a scena aperta ai critici veneziani durante la
proiezione stampa.
Ma la strabiliante messa in scena di Gavras non si limita ai soli
piani sequenza: in modo quasi miracoloso tutto il film riesce a tenere
perfettamente in equilibrio il senso di tragedia (familiare ma non solo) e
quello del racconto epico, costringendo lo spettatore a una tensione costante,
fino ad arrivare a un paio di scene davvero forti da un punto di vista del
coinvolgimento emotivo. E se è vero che da un punto di vista narrativo e
tematico, come vedremo a breve, il film può certamente far discutere, da un
punto di vista realizzativo c’è davvero la sensazione di trovarsi davanti a un
miracolo. Merito di tutto il reparto tecnico che ha organizzato alcune riprese
incredibilmente complesse (alcune con oltre 250 extra presenti) e ha sfruttato
al meglio macchine da presa IMAX di nuovissima generazione, ma anche di tutto
il cast che ha contribuito in modo eccelso a regalare al film quella
naturalezza necessaria per raccontare una storia del genere…
… Athena sarebbe stato un film d’azione fantastico se
ambientato in una metropoli distopica, o su un altro pianeta. In quel caso,
mettendo su un impianto allegorico con qualche riferimento alla realtà, ci
saremmo goduti una sinfonia epica urbana immortalata in un videoclip gigante
dal respiro epico magniloquente esaltato da una regia, un montaggio e una
fotografia incredibili. Non è così, perché Athena si nutre avidamente della
realtà e del contesto sociale delle banlieue parigine per raccontare una
tragedia greca ambientandola nella contemporaneità, che dopo le premesse
interessanti nel corso del film perde di senso, compattezza e incisività
narrativa, finendo per specchiarsi nelle sue soluzioni tecniche davvero
notevoli. Anche quando sembra abbandonarsi soltanto alla vertigine dell’azione
fine a se stessa e alla rabbia cieca dei suoi protagonisti, il suo rapporto
ambiguo con la realtà rientra prepotentemente in scena, lasciando più di un
dubbio sulla costruzione narrativa e il senso del film. Nonostante tutto, anche
solo per la bellezza e la spettacolarità di alcune sequenze d’azione, il
lungometraggio di Gavras resta una visione consigliata.
…Al di là degli
elementi strutturali che vogliono omaggiare la forma tragica greca in generale,
vi sono nella trama, nella caratterizzazione dei personaggi, chiari rimandi a
una specifica tragedia, tra le più note anche al grande pubblico: l’Antigone sofoclea. A dare l’avvio alla ribellione
è un corpo fraterno, oltraggiato non perché insepolto ma perché invendicato.
Karim si può considerare equivalente di Antigone nella sua opposizione
orgogliosa e combattiva a tale oltraggio, che lo porta all’autoannientamento.
Come Antigone, egli è sordo alla voce di donna – qui non della sorella Ismene,
come in Sofocle, ma della madre, le cui continue telefonate accompagnano
il muoversi concitato del giovane – che tenta di distoglierlo dal conflitto,
così come alle istanze di pacificazione e razionalità che provengono dalla
figura maschile e autorevole del fratello maggiore Abdel. La sua tragedia è
quella di una vita sacrificata nel primo affacciarsi all’età adulta in nome
dell’intransigenza.
Se Karim può essere visto come equivalente di Antigone, Abdel
ricopre il ruolo assegnato nella tragedia antica a Creonte. Egli appare la
prima volta – in divisa – pronunciando un discorso di uomo dello Stato, così
come il Creonte sofocleo (vv. 162-210). Come Creonte, si confronta con un
‘coro’ di anziani concittadini (nel suo caso, i padri di famiglia di Athena,
riuniti intorno all’imam locale), che in lui
riconosce un leader. Simile a quello della
controparte tragica appare il suo impegno perché le ragioni del sangue e della
parentela non prevalgano sulla sua lealtà alla patria francese, sull’alto
dovere del mantenimento dell’ordine (cfr. soprattutto i vv. 182-183, 187-190,
486-489, 658-665). Ma come per il personaggio sofocleo, la solidità delle
sue convinzioni si fa sordità alle ragioni dell’altro esattamente come
l’intransigenza postadolescenziale ed eroica di Karim/Antigone.
Athena è in primo luogo la
tragedia di Abdel, che dovrà abbandonare ogni certezza e invertire la rotta
dell’integrazione. Il culmine del percorso si celebra nella scena della morte
di Karim, che assomma qui al ruolo di Antigone quello di Emone. Armato di una
molotov accesa e incalzato da Abdel ad arrendersi, egli guarda il fratello con
quello che – per chi conosce il testo antico – pare reinterpretare lo sguardo
«fisso e muto» (vv. 1230-1231, trad. Giovanni Raboni) che il giovane fidanzato
di Antigone rivolgeva al padre Creonte; dal canto suo, Abdel ripete il gesto di
Creonte, prendendo tra le braccia il corpo suicida del congiunto che non ha
potuto salvare con un tardivo rinsavimento. Immediatamente dopo, un ulteriore
lutto colpiva, nel testo di Sofocle, la famiglia di Creonte: il suicidio della
moglie Euridice (vv. 1278 ss.). Anche in Athena la
catena del sangue non si interrompe con Karim: la morte del più anziano dei
fratelli, Mokthar, segue immediatamente la sua. Nel film, più forte è la
responsabilità di Abdel, che uccide Mokthar con le proprie mani in preda alla
furia; ma è opportuno ricordare che Creonte, nel testo di Sofocle, si definiva
a più riprese assassino, pur involontario, tanto del figlio quanto della moglie
(vv. 1263-1264, 1317-1320, 1340-1341; cfr. anche vv. 1312-1313). Diversamente
da Creonte, Adel è davvero un assassino ed in più un suicida. Se nella tragedia
di Sofocle Creonte invoca la morte (vv. 1307-1309, 1328-1332), ma non la
ottiene (vv. 1336-1337), Abdel invece la sceglie e la causa, consegnandosi
all’esplosione di un intero blocco di alloggi di Athena.
Nella vicenda di Karim e Abdel si possono riconoscere temi
narrativi e rapporti tra i personaggi che in diversi momenti si avvicinano a
quelli dell’Antigone di Sofocle e in generale al mito dei
figli della stirpe di Edipo. La capacità del film di mantenere la promessa di
rileggere in chiave contemporanea lo spirito della tragedia greca è stata da
più critici messa in discussione, anche con un confronto sfavorevole con la più
raffinata riscrittura della Medea euripidea
proposta, nella stessa Mostra, da Saint-Omer di
Alice Diop (vedi qui il post di Gherardo Ugolini). Athena, film sconsolato, violento, caotico,
provocatorio, conquista o respinge, ma resta una interessante riscrittura
attualizzante di alcuni temi della tragedia greca e anche della tragedia
‘classica’ francese, ossia di quel genere tragico che si concentra sulla
rappresentazione delle forti passioni degli individui e dei luttuosi destini
individuali e familiari e in cui il sottofondo politico e sociale passa in
secondo piano rispetto alle figure degli ‘eroi’.
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