domenica 12 marzo 2023

L’ultima notte di Amore - Andrea Di Stefano

in certi momenti mi sembrava di vedere I padroni della notte, di James Gray, o Batman, di Tim Burton, Andrea Di Stefano è uno che sa come si fa il cinema, senza tempi morti, tutta sostanza.

ottimi attori, fra cui eccelle il solito Favino, nei panni di un buon poliziotto a cui si presenta l'occasione di guadagnare degli extra sostanziosi, adesso che arriva alla pensione, altro che il suo modesto e onesto stipendio.

nel suo viaggio al termine della notte la sua vita sarà in estremo  pericolo, come quella dei suoi amici e parenti.

è una corsa contro il tempo, sull'orlo dell'abisso, un film che è e sarà fra i migliori dell'anno, cinema d'altri tempi, come lo è Franco Amore, ma il futuro è adesso e tutto è appeso a un filo.

se non andrete al cinema a vedere questo film di Amore non saprete mai cosa vi siete persi, ma vogliatevi bene, entrate e allacciatevi le cinture di sicurezza, il viaggio inizia anche per gli spettatori.

buona (imperdibile) visione - Ismaele

 

 

...La scelta di Di Stefano di mostrare una metropoli più cool, di evitare le trappole del neo-neorealismo e abbracciare invece un’estetica da moderno poliziesco d’oltralpe, è vincente. Il regista dirige anche molto bene gli attori, sfruttando, come è prassi ormai, i dialetti per dare un’impronta più credibile e realistica quanto basta a tutto il pacchetto. Antonio Gerardi è praticamente un Joe Pesci de noantri, e col suo look prima repubblica ruba la scena ogni volta che appare. Al centro di tutto c’è un Favino che, come sempre, fa il suo, lavorando molto su timbro, accento e mimica per creare un personaggio coerente. È fondamentale tifare per Franco nonostante le sue evidenti tare, e Favino riesce nell’impresa. Oh, Favino è bravo raga, è inutile che stiamo ancora a fare le battutine. È vero che nel nostro cinema c’è da sempre la tendenza a dare tantissimo lavoro a quattro attori, ma se lo vogliono tutti ci sarà pure un motivo. È anche una boccata d’aria fresca il fatto di allontanarsi dalla solita immagine del celerinofigliodiputtana per presentare un personaggio molto più complesso e contraddittorio, che non ama la violenza ma è comunque corrotto…

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Di Stefano è arrivato a girare il film dopo un lungo e serissimo approfondimento di conoscenza sia del lavoro (e dell'usura che spinge ai prepensionamenti) del lavoro di poliziotto sia del sottobosco criminale milanese. Questo è un film a cui la comunità cinese di Milano ha dato il suo contributo non solo attoriale ma anche di conoscenza di quanto avviene sul territorio.

Poi c'è Milano, una metropoli prevalentemente ripresa di notte (a partire dai lunghi ma efficaci titoli di testa) che diventa teatro di una vicenda che come plot di base poteva essere ambientata ovunque ma che come mood trova in quelle vie, in quella piazza Duomo deserta, in quel contesto di mix di attività più o meno border line sul piano della legalità, il suo giusto contesto.

E poi c'è Pierfrancesco Favino. Nella terza stagione di 
Boris un personaggio diceva: "Una volta c'erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino". Tutti certamente no ma quelli che accetta sa come gestirli. Come questo Franco Amore di cui sa cogliere tutte le sfumature di coerenza ma anche di fragilità, di determinazione ma anche di paura. Anche di amore, quello privo della maiuscola del cognome, ma mostrato e dimostrato per la donna con cui condivide la vita.

Un personaggio a cui offre la giusta naturalezza insieme all'altrettanto giusta tensione una Linda Caridi che riesce ad essere credibile anche quando la sceneggiatura la colloca in una situazione al limite della verosimiglianza. Il cinema di genere in Italia abbisogna di film come questo e di registi come Di Stefano che ha la giusta passione ed empatia per affrontarlo. 

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Di Stefano ci consegna un prodotto cinematografico italiano intenso, suggestivo e ben confezionato, dimostrandosi un perfetto direttore d’orchestra in grado di dosare nella maniera giusta tutti gli elementi tecnici messi in campo. Tra tutti i tasselli spicca, senza ombra di dubbio, la musica, una colonna sonora estremamente sofisticata e che ci avvolge dentro le sue note, conducendoci, fin dalla sequenza d’incipit della pellicola, dentro quel mondo che il regista e sceneggiatore romano ha costruito drammaturgicamente. Udiamo un sospiro e poi un riff musicale affascinante, che possiede in sé quel sapore di paura e angoscia, tipico di quei soundtrack dei Goblin all’epoca dei cult movie di Dario Argento, in grado di creare una sorta di febbrile suspense nel suo pubblico. Accanto al lavoro musicale di Santi Pulvirenti troviamo una fotografia prettamente notturna di Michelotti, visivamente accattivante e che ci permette d’immergerci dentro la vita di un poliziotto che si ritrova catapultato all’interno di un mondo criminale fatto di droga e di perdizione dove tutto ciò che sapeva e che sperava di ottenere in futuro, svanisce, in uno schiocco di dita. La fotografia è al servizio di un abile regia, di un Di Stefano che è abile nel posizionare la macchina da presa e di creare un ritmo narrativo alquanto pieno di pathos, una tensione che ci cattura e che ci fa tenere incollati alla poltrona per l’intera durata della pellicola. Di Stefano sa come creare l’ansia, sa come metterla in scena, soprattutto nella scena in macchina in cui Franco Amore e l’amico Dino devono portare da un posto all’altro due “trafficanti di diamanti” asiatici, all’interno di una sequenza narrativa, avvolta dalla notte, dalla forte impronta poliziesca e crime, dove noi non possiamo che temere per le sorti del nostro protagonista, che vive un momento di alta tensione, dove la paura vibra nell’aria…

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Andrea Di Stefano è riuscito a gestire dignitosamente ogni singolo elemento, creando un giusto equilibrio tra scene d’azione (particolarmente d’impatto sono le sparatorie all’interno di una galleria alla periferia di Milano, così come i vari inseguimenti, ora in macchina, ora addirittura a piedi) e drammi personali scaturiti da importanti dilemmi morali (“Che fare? Autodenunciarsi alla polizia o cercare di scappare via lontano, mettendo in salvo la propria vita?”). Nulla è così scontato in L’ultima notte di Amore, ma al contempo il regista non si pone mai in modo giudicante nei confronti del suo protagonista…

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Nonostante Favino sia il “volto-copertina” del film, il tutto è sinergicamente orientato sui personaggi che animano il film. Ognuno, con la propria caratterizzazione, costituisce un elemento montante della struttura narrativa. L’ultima Notte di Amore è un film che può appagare sia gli amanti amarcord del cinema di genere, sia chi cerca un lavoro di intrattenimento. Non facile nella risoluzione pragmatica, ma molto audace l’idea. Va detto che questa scelta di Andrea Di Stefano rappresenta un re-inizio, se vogliamo, di quel cinema di genere oramai estinto. La malsana idea di bistrattare, dai più, un cinema genuino, come quello di genere, contrapposta a quella di Di Stefano di riportarlo in auge, è un intricante binomio non facile da trovare ai giorni nostri.

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…Girato quasi solo in notturna, in una città algida e caotica, governata dai cinesi, la macchina da presa segue col fiato sul collo il protagonista, caduto in maniera ingenua in una trappola malavitosa (“dicono tutti che è un poliziotto onesto ma vigliacco”) senza la possibilità di un happy ending. Thriller ad alta tensione, non lascia spazio a sospiri di sollievo: colpi di scena si sovrappongono in un continuo ritmo teso nel montaggio, nella recitazione, nella colonna sonora.

In un gioco di flashback e fast forward per due ore viene raccontata la partecipazione del poliziotto prima ad un salvataggio di emergenza a un vecchio signore cinese in un hotel (con tanto di massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca), di conseguenza la proposta dell’anziano – che è una sorta di boss locale – di un lavoretto facile facile per alzare cinquemila euro (“non faccio salire sulla mia macchina nessuno armato e nulla di illegale” dice Amore prima di lasciarsi convincere), la degenerazione del semplice trasporto di passeggeri in un atto violento che miete vittime innocenti. Prodotto per un pubblico che ama le emozioni forti.

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dice Andrea di Stefano:

L’Ultima Notte di Amore è una discesa agli inferi di un uomo onesto, un marito devoto, un amico affidabile, un agente ammirato dai suoi colleghi per serietà e devozione alla divisa. Ho sempre immaginato questo film come un film d’altri tempi, sia per fabbricazione che per narrazione, e con l’obiettivo ultimo di raccontare la storia del suo protagonista come una parabola religiosa. Un avvertimento a tutti quelli che pensano di tradire la propria natura per il miraggio di una vita migliore. Le scorciatoie morali non sono per tutti, alcuni riescono a farla franca, persone come Franco Amore non sono tagliati per queste soluzioni avventurose. Le dinamiche emotive del protagonista mi è sembrato di conoscerle intimamente fin da subito. Ho cominciato a intervistare agenti delle forze dell’ordine avendo le idee piuttosto chiare su chi fosse Franco Amore. Durante le ricerche ho incontrato di persona quegli esseri umani che sarebbero poi diventati Viviana, Cosimo, Bao Zhang, Tito, Dino… È stato un grande divertimento osservare nella realtà quelli che sarebbero poi diventati i miei protagonisti. Volevo fare un poliziesco realistico ambientato nell’Italia contemporanea, ispirato dall’amore per i film di Kurosawa e affascinato dai meccanismi tensivi di Hitchcock, ho cominciato a scrivere la sceneggiatura immaginando sempre Franco Amore col volto di Pierfrancesco Favino. Poi, durante uno dei primi giorni di riprese, seduto davanti al combo, tutto è cambiato e il film è diventato mio. Ammirando l’umanità dello sguardo di Pierfrancesco Favino mentre sorrideva a Viviana, ho finalmente realizzato che avevo scritto un film su mio padre. Quella familiarità che sentivo nei racconti degli agenti che non si sentivano ripagati per i sacrifici fatti, la delusione di andare in pensione da sconfitti, la burocrazia statale che spesso premia solo i più furbi, erano la ripetizione degli stessi dolorosi sfoghi che avevo assorbito da mio padre negli anni della mia adolescenza. Questo film è un omaggio a tutte le persone che ambiscono a essere persone per bene, come Franco Amore, come mio padre.

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2 commenti:

  1. Oddio, ora non esageriamo... :) James Gray è di altra categoria, però indubbiamente è un buon film, molto meglio di quello che mi aspettassi

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