giovedì 16 marzo 2023

Holy spider – Ali Abbasi

quell'assassino seriale di prostitute, Saeed, continua a farla franca.

la gente lo approva, e la polizia non sembra troppo dispiaciuta.

ma quella giornalista di nome Rahimi sente l'urgenza di fare qualcosa, rischiando la vita.

il dramma è che quel killer è amato in famiglia, sembra uno che fa la volontà di Allah, e quando arrivi alla fine capisci quanto le cose sono compromesse, gli assassini sembrano eroi, non più vili killer, nascere donna in Iran (come in altre infelici parti del mondo) non è per niente facile.

film senza fronzoli, secco, incisivo, grande cinema.

buona (rischiosa) visione - Ismaele

 

 

 

l'ultima sequenza del film è addirittura la più bella, la più simbolica, la più terrificante.

Un filmino casalingo.

Il giovane ragazzo che usa la sorellina per simulare gli omicidi del padre.

La madre lì che non li ferma.

3-4 minuti intensi, potenti, fastidiosi che hanno veramente un mondo dentro.

L'uomo (il ragazzino) che imita il padre, come a dirci che niente cambierà, che anche le nuove generazioni cresceranno con quei dettami e quell'ideologia.

La donna (la piccola bambina) come vittima sacrificale, presente e anche lei futura.

E la madre (la società) che se ne sta lì, inerme, ormai assuefatta al mondo in cui è cresciuta.

Tre minuti che raccontano tutto, 3 minuti che raccontano i 20 anni successivi alle vicende del film.

Tre minuti che se non fossero terribili li definiremmo straordinari

da qui

 

Proprio all'epoca dei fatti, Abbasi stava per lasciare il suo paese e iniziare il percorso che l'avrebbe portato a stabilirsi in Svezia e poi in Danimarca. La storia di Saeed Hanaei, che fu poi catturato e giustiziato, è rimasta nota per la trasparenza e l'apertura con cui l'uomo rivendicò i suoi propositi omicidi, e per l'assurdo supporto che i suoi proclami religiosi gli garantirono presso una parte dell'opinione pubblica.

Abbasi omaggia questo aspetto di auto-evidenza della storia, spogliando la mitologia cinematografica del serial killer di ogni mistero: il suo Saeed è protagonista del film da subito, tanto quanto l'eroina Rahimi che gli dà la caccia, e prima che i rispettivi sentieri entrino in rotta di collisione c'è tutto il tempo di sviscerare la figura di un uomo tormentato dai traumi della guerra, insoddisfatto della direzione della sua vita, e carismatico nel guadagnarsi l'approvazione della moglie e del figlio prima ancora che degli altri cittadini di Mashhad, pronti a scagliarsi contro il basso valore morale e il cattivo esempio delle prostitute uccise…

da qui

 

Holy Spider fin dalle prime sequenze coinvolge lo spettatore nel sopravvivere e peregrinare disperato, tossico, rassegnato e perseguitato di una prostituta come tante di Mashhad, che nel cuore della notte lascia il figlioletto solo a casa, per raggiungere le abitazioni e poi i veicoli di squallidi uomini sconosciuti che approfittandosi della sua situazione la coinvolgono in prestazioni sessuali feroci, sottopagate e violente, facendo uso del suo corpo come fosse un oggetto, che se nel cuore della notte appare eccitante e proibito, alla luce del giorno diviene invece repellente, perverso, sporco e immorale.

Abbasi mostrando le ecchimosi della donna, nel suo specchiarsi nuda e invisibile a sé stessa durante la preparazione casalinga per un nuovo turno notturno sulle strade di Mashhad, racconta senza l’uso alcuno di dialoghi e parole, il dramma e la tragicità della condizione fisica e psicologica alienante, discriminante ed incredibilmente pericolosa vissuta e subita dalle prostitute – e più in generale dalle donne – nell’Iran di quegli anni, attraverso una lente cinematografica potente, oscura e immediata che si pone a metà strada tra reportage d’inchiesta, opera documentaristica, cinema horror e dramma…

da qui

 

Holy Spider mostra il killer e l’uomo, il buono e il marcio, parte di un’unica entità, disturbata e disturbante. Le prostitute sono la radice del male, e come tali, vanno spazzate via, gettate tra i rifiuti, essendo esse stesse corpi spazzatura, ricettacolo di perdizione e malattie. Ma Abbasi non si limita solo a dare un volto al killer, mostra le prostitute e le loro diverse personalità: donne sole e consapevoli della propria condizione, disumanizzate dagli uomini e dal sesso, da una società che condanna e non perdona. Abbasi cattura il bravissimo Mehdi Bajestani, ritraendolo per strade che dovrebbero essere in Iran, ma che per non scendere a compromessi sono state ricreate in Giordania. Strade sporche, volutamente fuori fuoco, che sembrano assorbire il marciume del suo protagonista. Holy Spider è un film duro, spietato, che grazie alla violenza evocata e non solo mostrata, si spoglia dei generi per diventare qualcos’altro. Un film ibrido, visivamente affascinante e terribile. Sporco, come le mani imbrattate di sangue e gli occhi vitrei e spenti del suo sconcertante assassino.

da qui

 

 


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