la commedia di Eduardo rivista da Mario Martone.
non è una trasposizione fedele nella forma, ma lo è nella sostanza, il film segue l'opera teatrale di Martone, di qualche anno prima.
il risultato è molto positivo, il film non annoia un secondo, e affonta i temi eterni della colpa, della giustizia, della guerra, Barracano è un dio, che deve dispensare la giustizia, all'interno di un sistema di valori riconosciuto.
bravi gli attori, come il regista, non privatevene.
buona (eduardiana) visione - Ismaele
…il nuovo linguaggio, vocale e
gestuale, si discioglie in una messa in scena che parte dalla fissità teatrale
per trascenderla (la molteplicità dei punti macchina), segnata dal realismo
scenografico (l’arredamento da cafone arricchito delle due residenze dei
Barracano) e da nuove marche interpretative (il Sindaco - un boss del nostro
tempo, rintanato nella sua fortezza - è visto come un atleta: Di Leva dice di
essersi ispirato a Muhammad Ali), condita dallo stesso hip hop che era già
della produzione teatrale (Mario Martone agli attori: «Il testo di De Filippo è
uno spartito che può suonare come musica classica. Voi lo dovete far suonare
come musica rap»). E disvelante tutta quella parte che nel dramma è solo
raccontata, perché ambientata fuori dalle magioni Barracano, e che qui,
finalmente, conosce la strada.
La conseguenza quasi paradossale dell’operazione è che, a teatro come al
cinema, il testo, sradicato dal mondo eduardiano, messo alla prova della
contemporaneità - di una società che conosce una deriva aggressiva al limite
del primitivo - mostri nuda e cruda la sua formidabile costruzione, la densità
della composizione drammaturgica, la sua ambiguità morale, la potenza (e la
ferocia) dei personaggi e l’enigmaticità di alcune figure (quella del medico,
che vive in casa Barracano per ragioni che sono da cercare in un passato che -
lo stesso Martone lo sottolinea - è pinterianamente omesso).
Il film allora finisce indirettamente con l’indagare anche i pregiudizi sul
dramma che, dopo tanti anni di rappresentazioni codificate, inevitabilmente
esistono (e resistono). E nell’indicare nuove possibili strade da percorrere
nell’opera tutta di De Filippo, ancora sostanzialmente inviolata.
Martone riparte da sé stesso e da Eduardo De Filippo
trasportando su grande schermo una sua opera teatrale, regalandoci una somma
del suo cinema immenso e profondissimo, enciclopedico e immediato, appassionato
e appassionante. Il sindaco del Rione Sanità è un mosaico articolato e
prospettico, con una calligrafica attenzione a tutti i personaggi in scena e ai
movimenti di macchina che miscelano, benissimo, teatro e cinema,
cortocircuitando il cinema di Mario Martone sempre sospeso tra i due mezzi
espressivi, tra passato e presente, tra luci e ombre.
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