domenica 26 marzo 2023

Miracle - Jang Hoon Lee

Miracle è un film (quasi) normale, una storia di ragazzi e ragazze e anche di uomini e donne, ma non solo, ci sono i fantasmi.

una parte della sceneggiatura avrebbe potuto scriverla Cesare Zavattini, un'altra John Hughes, e poi Jang Hoon Lee le ha messe insieme (scherzo, naturalmente, forse).

il film non annoia un momento, piccoli e sostanziosi colpi di scena tengono alta l'attenzione.

ma anche le cose normali diventano eccezionali, al cinema.

si ride, si piange, si parteggia per i passeggiatori all'interno dei binari, e per la piccola scuola che apre nuovi mondi. 

e alla fine tutti, o quasi, i nodi si sciolgono, e i nostri eroi toccheranno la luna, contro la teoria della probabilità.

buona (testarda) visione - Ismaele

 

 

 

Amori adolescenziali, tragedie famigliari e miracoli che rendono l'impossibile possibile ritornano, in un affresco mélo della vita nella provincia remota e dei sacrifici che questa comporta.

Joon-kyeong cresce nel senso di colpa, convinto di aver causato solo tragedie e sofferenze e per questo di non essere amato dal padre. Le sue capacità intellettive divengono quindi le risorse per poter aiutare il prossimo, in una negazione di sé e della propria felicità che è tipica della morale ricorrente in molto cinema popolare sudcoreano. Intriso di neo-confucianesimo, Miracle non brilla certo per adesione allo spirito del tempo contemporaneo: basta soffermarsi sulle scelte compiute dai personaggi femminili per rendersene conto.

La massima ambizione della sorella del protagonista è di provvedere alla famiglia e in particolare ai due maschi superstiti; quella della potenziale fidanzata, invece, è di essere la sua musa e sostenere, anche da remoto, gli sforzi di Joon-kyeong nel perseguire la propria carriera. Ma probabilmente questa etica retriva e patriarcale contribuisce a contestualizzare Miracle in una bolla atemporale che riguarda lo spirito di corpo sudcoreano e l'elogio delle risorse inaspettate della povera gente, costretta dalle circostanze a sacrifici inimmaginabili per i cittadini privilegiati di Seoul.

Il regista Lee non toglie mai il piede dall'acceleratore del sentimentalismo, indulgendo sui momenti più strappalacrime e sfruttando al massimo il toccante contrappunto della colonna sonora.

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…il film, vincitore del Premio del pubblico all’ultimo Far East Festivalscava più a fondo nelle contraddizioni di questo protagonista, tanto geniale in matematica e fisica, quanto complessato e represso nelle relazioni umane.

E lo fa con un umorismo delicato e incisivo, capace di passare dalla commedia di costume al melodramma adolescenziale, dallo spaccato sociologico (quanti danni fa in Corea il bisogno di “obbedire agli ordini”?) al culto dei morti. Un film insolito e sorprendente che mescola un originale percorso di formazione giovanile (grazie a una compagna di studi decisamente disinibita) con il ritratto di un Paese dalle mille contraddizioni.

Per chi vuole scoprire le fragilità di un Paese complesso come la Corea del Sud

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Il regista sudcoreano, che firma anche la sceneggiatura del film, adotta la metafora per tratteggiare un ritratto umano in cui si mescola rimorso, dolore e rivalsa, adatto alla fruizione di un pubblico eterogeneo, senza limiti d’età. Miracle ha il grande pregio di tenere alta l’attenzione dall’inizio alla fine, lavorando d’astuzia con la propria sceneggiatura e spingendo sul pedale delle emozioni (forse abusandone troppo) sul finale della pellicola. Il risultato è un’opera sicuramente riuscita, in grado di smuovere le coscienze del proprio pubblico, pagando esclusivamente nell’happy ending finale un’artificiosità che stona leggermente con quanto fatto vedere prima. Premio del pubblico al Far East Film Festival a testimonianza del mordente esercitato dal film di Lee Jang-hoon nei confronti dello spettatore.

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A stupire in particolar modo, come spesso accade nelle produzioni asiatiche non graniticamente legate all’idea di “genere cinematografico” di stampo americano, è il continuo cambio di registro: con estrema delicatezza Miracle passa dal racconto di formazione (perché, di fatto, il protagonista sta cercando di gettare un ponte davanti a sé per il proprio futuro, di avere una voce che lo smarchi dall’isolamento esistenziale) al melò, dall’irresistibile umorismo al dramma venato quasi di giallo. A fare da collante c’è la non comune abilità nella gestione delle emozioni e dei sentimenti umani, con l’emersione di caratteri – anche quelli più apertamente in secondo piano – tridimensionali e sfumati, dal complesso background (basti pensare al padre di Jun-gyeong).

Miracle ha intenzioni nobili ben tangibili, ci ricorda tempi e questioni semplici, è pieno di malinconia per un’epoca recente ma ormai passata, possiede un calore e una vena emozionale in grado di far ridere e piangere gli spettatori. Ed è, ultimo ma non ultimo, attraversato da interpretazioni di primo piano e gran richiamo, in questo caso soprattutto ovviamente per chi già li conosce in Corea: Park Jeong-min (recentemente visto anche in Decision to Leave) è uno degli attori più richiesti della sua generazione, mentre Im Yoona è una diva amatissima del k-pop. Tutti tasselli che servono a ribadire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che la qualità del cinema coreano non è più un’eccezione o un miracolo: è una regola consolidata.

Miracle: conclusione e valutazione

Delicato lavoro di regia e sceneggiatura particolarmente ispirata, sia nei momenti più leggeri che in quelli maggiormente drammatici. Fotografia trasognata e ovattata, in perfetta sintonia con lo spirito nostalgico del film. Cast perfettamente in parte, capace di rendere al meglio il respiro emotivo che attraversa ogni scena, mentre la colonna sonora si limita a un lavoro di rifinitura, restando ai margini della storia raccontata.

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