in certi momenti mi sembrava di vedere I padroni della notte, di James Gray, o Batman, di Tim Burton, Andrea Di Stefano è uno che sa come si fa il cinema, senza tempi morti, tutta sostanza.
ottimi attori, fra cui eccelle il solito Favino, nei panni di un buon poliziotto a cui si presenta l'occasione di guadagnare degli extra sostanziosi, adesso che arriva alla pensione, altro che il suo modesto e onesto stipendio.
nel suo viaggio al termine della notte la sua vita sarà in estremo pericolo, come quella dei suoi amici e parenti.
è una corsa contro il tempo, sull'orlo dell'abisso, un film che è e sarà fra i migliori dell'anno, cinema d'altri tempi, come lo è Franco Amore, ma il futuro è adesso e tutto è appeso a un filo.
se non andrete al cinema a vedere questo film di Amore non saprete mai cosa vi siete persi, ma vogliatevi bene, entrate e allacciatevi le cinture di sicurezza, il viaggio inizia anche per gli spettatori.
buona (imperdibile) visione - Ismaele
...La scelta di Di Stefano di mostrare una metropoli più
cool, di evitare le trappole del neo-neorealismo e abbracciare invece
un’estetica da moderno poliziesco d’oltralpe, è vincente. Il regista dirige
anche molto bene gli attori, sfruttando, come è prassi ormai, i dialetti per
dare un’impronta più credibile e realistica quanto basta a tutto il pacchetto.
Antonio Gerardi è praticamente un Joe Pesci de noantri, e col suo look prima
repubblica ruba la scena ogni volta che appare. Al centro di tutto c’è un
Favino che, come sempre, fa il suo, lavorando molto su timbro, accento e mimica
per creare un personaggio coerente. È fondamentale tifare per Franco nonostante
le sue evidenti tare, e Favino riesce nell’impresa. Oh, Favino è bravo raga, è
inutile che stiamo ancora a fare le battutine. È vero che nel nostro cinema c’è
da sempre la tendenza a dare tantissimo lavoro a quattro attori, ma se lo
vogliono tutti ci sarà pure un motivo. È anche una boccata d’aria fresca il
fatto di allontanarsi dalla solita immagine del celerinofigliodiputtana per presentare un personaggio molto più complesso e
contraddittorio, che non ama la violenza ma è comunque corrotto…
…Di Stefano è arrivato a girare il film dopo un
lungo e serissimo approfondimento di conoscenza sia del lavoro (e dell'usura
che spinge ai prepensionamenti) del lavoro di poliziotto sia del sottobosco
criminale milanese. Questo è un film a cui la comunità cinese di Milano ha dato
il suo contributo non solo attoriale ma anche di conoscenza di quanto avviene
sul territorio.
Poi c'è Milano, una metropoli prevalentemente ripresa di notte (a partire dai
lunghi ma efficaci titoli di testa) che diventa teatro di una vicenda che come
plot di base poteva essere ambientata ovunque ma che come mood trova in quelle
vie, in quella piazza Duomo deserta, in quel contesto di mix di attività più o
meno border line sul piano della legalità, il suo giusto contesto.
E poi c'è Pierfrancesco Favino. Nella terza stagione di Boris un
personaggio diceva: "Una volta c'erano i ruoli, per gli attori. Adesso li
fa tutti Favino". Tutti certamente no ma quelli che accetta sa come
gestirli. Come questo Franco Amore di cui sa cogliere tutte le sfumature di
coerenza ma anche di fragilità, di determinazione ma anche di paura. Anche di
amore, quello privo della maiuscola del cognome, ma mostrato e dimostrato per
la donna con cui condivide la vita.
Un personaggio a cui offre la giusta naturalezza insieme all'altrettanto giusta tensione una Linda Caridi che riesce ad essere credibile anche quando la sceneggiatura la colloca in una situazione al limite della verosimiglianza. Il cinema di genere in Italia abbisogna di film come questo e di registi come Di Stefano che ha la giusta passione ed empatia per affrontarlo.
Di Stefano ci
consegna un prodotto cinematografico italiano intenso, suggestivo e ben
confezionato, dimostrandosi un perfetto direttore d’orchestra in grado di
dosare nella maniera giusta tutti gli elementi tecnici messi in campo. Tra
tutti i tasselli spicca, senza ombra di dubbio, la musica, una colonna sonora
estremamente sofisticata e che ci avvolge dentro le sue note, conducendoci, fin
dalla sequenza d’incipit della pellicola, dentro quel mondo che il regista e
sceneggiatore romano ha costruito drammaturgicamente. Udiamo un sospiro e poi
un riff musicale affascinante, che possiede in sé quel sapore di paura e
angoscia, tipico di quei soundtrack dei Goblin all’epoca dei cult movie di
Dario Argento, in grado di creare una sorta di febbrile suspense nel suo
pubblico. Accanto al lavoro musicale di Santi Pulvirenti troviamo una
fotografia prettamente notturna di Michelotti, visivamente accattivante e che
ci permette d’immergerci dentro la vita di un poliziotto che si ritrova
catapultato all’interno di un mondo criminale fatto di droga e di perdizione
dove tutto ciò che sapeva e che sperava di ottenere in futuro, svanisce, in uno
schiocco di dita. La fotografia è al servizio di un abile regia, di un Di
Stefano che è abile nel posizionare la macchina da presa e di creare un ritmo
narrativo alquanto pieno di pathos, una tensione che ci cattura e che ci fa
tenere incollati alla poltrona per l’intera durata della pellicola. Di Stefano
sa come creare l’ansia, sa come metterla in scena, soprattutto nella scena in
macchina in cui Franco Amore e l’amico Dino devono portare da un posto
all’altro due “trafficanti di diamanti” asiatici, all’interno di una sequenza
narrativa, avvolta dalla notte, dalla forte impronta poliziesca e crime, dove
noi non possiamo che temere per le sorti del nostro protagonista, che vive un
momento di alta tensione, dove la paura vibra nell’aria…
…Andrea Di Stefano è riuscito a gestire
dignitosamente ogni singolo elemento, creando un giusto equilibrio tra scene
d’azione (particolarmente d’impatto sono le sparatorie all’interno di una
galleria alla periferia di Milano, così come i vari inseguimenti, ora in
macchina, ora addirittura a piedi) e drammi personali scaturiti da importanti
dilemmi morali (“Che fare? Autodenunciarsi alla polizia o cercare di
scappare via lontano, mettendo in salvo la propria vita?”). Nulla è così
scontato in L’ultima notte di Amore, ma al contempo
il regista non si pone mai in modo giudicante nei confronti del suo
protagonista…
…Nonostante Favino sia il “volto-copertina” del film,
il tutto è sinergicamente orientato sui personaggi che animano il film. Ognuno,
con la propria caratterizzazione, costituisce un elemento montante della
struttura narrativa. L’ultima Notte di Amore è
un film che può appagare sia gli amanti amarcord del cinema di genere, sia chi
cerca un lavoro di intrattenimento. Non facile nella risoluzione pragmatica, ma
molto audace l’idea. Va detto che questa scelta di Andrea Di Stefano
rappresenta un re-inizio, se vogliamo, di quel cinema di genere oramai estinto.
La malsana idea di bistrattare, dai più, un cinema genuino, come quello di
genere, contrapposta a quella di Di Stefano di riportarlo in auge, è un
intricante binomio non facile da trovare ai giorni nostri.
…Girato quasi solo
in notturna, in una città algida e caotica, governata dai cinesi, la macchina
da presa segue col fiato sul collo il protagonista, caduto in maniera ingenua
in una trappola malavitosa (“dicono tutti che è un poliziotto onesto ma
vigliacco”) senza la possibilità di un happy ending. Thriller ad alta tensione,
non lascia spazio a sospiri di sollievo: colpi di scena si sovrappongono in un
continuo ritmo teso nel montaggio, nella recitazione, nella colonna sonora.
In un gioco
di flashback e fast forward per due ore viene raccontata la partecipazione del
poliziotto prima ad un salvataggio di emergenza a un vecchio signore cinese in
un hotel (con tanto di massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca), di
conseguenza la proposta dell’anziano – che è una sorta di boss locale – di un
lavoretto facile facile per alzare cinquemila euro (“non faccio salire sulla
mia macchina nessuno armato e nulla di illegale” dice Amore prima di lasciarsi
convincere), la degenerazione del semplice trasporto di passeggeri in un atto
violento che miete vittime innocenti. Prodotto per un pubblico che ama le
emozioni forti.
dice Andrea di Stefano:
L’Ultima Notte di Amore è una
discesa agli inferi di un uomo onesto, un marito devoto, un amico affidabile,
un agente ammirato dai suoi colleghi per serietà e devozione alla divisa. Ho
sempre immaginato questo film come un film d’altri tempi, sia per fabbricazione
che per narrazione, e con l’obiettivo ultimo di raccontare la storia del suo
protagonista come una parabola religiosa. Un avvertimento a tutti quelli che
pensano di tradire la propria natura per il miraggio di una vita migliore. Le
scorciatoie morali non sono per tutti, alcuni riescono a farla franca, persone
come Franco Amore non sono tagliati per queste soluzioni avventurose. Le
dinamiche emotive del protagonista mi è sembrato di conoscerle intimamente fin
da subito. Ho cominciato a intervistare agenti delle forze dell’ordine avendo
le idee piuttosto chiare su chi fosse Franco Amore. Durante le ricerche ho
incontrato di persona quegli esseri umani che sarebbero poi diventati Viviana,
Cosimo, Bao Zhang, Tito, Dino… È stato un grande divertimento osservare nella
realtà quelli che sarebbero poi diventati i miei protagonisti. Volevo fare un
poliziesco realistico ambientato nell’Italia contemporanea, ispirato dall’amore
per i film di Kurosawa e affascinato dai meccanismi tensivi di Hitchcock, ho
cominciato a scrivere la sceneggiatura immaginando sempre Franco Amore col
volto di Pierfrancesco Favino. Poi, durante uno dei primi giorni di riprese,
seduto davanti al combo, tutto è cambiato e il film è diventato mio. Ammirando
l’umanità dello sguardo di Pierfrancesco Favino mentre sorrideva a Viviana, ho
finalmente realizzato che avevo scritto un film su mio padre. Quella
familiarità che sentivo nei racconti degli agenti che non si sentivano ripagati
per i sacrifici fatti, la delusione di andare in pensione da sconfitti, la
burocrazia statale che spesso premia solo i più furbi, erano la ripetizione
degli stessi dolorosi sfoghi che avevo assorbito da mio padre negli anni della
mia adolescenza. Questo film è un omaggio a tutte le persone che ambiscono a
essere persone per bene, come Franco Amore, come mio padre.
Oddio, ora non esageriamo... :) James Gray è di altra categoria, però indubbiamente è un buon film, molto meglio di quello che mi aspettassi
RispondiEliminapensavo all'inseguimento nella notte...
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