nella Taranto di un futuro non troppo lontano l'acciaieria ha rovinato la vita di quella città, che si è divisa in due parti, le due città, quella "normale", ordinata, colorata, e quella degradata, superinquinata, disperata, in mano alla banda delle Formiche, guidata da Testacalda (un bravissimo Alessandro Borghi).
a quella banda si uniscono Mondocane e Pisciasotto, due bambini amici per sempre (sembra).
il mondo va molto male, e c'è un sopra e un sotto, come spesso succede, la polizia fa di tutto per tenere separate le due città.
il film è denso di citazioni e rimandi a tanto (grande) cinema fantastico-apocalittico (lo scoprirete guardando Mondocane),
buona visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
…Raccontare infatti di due orfani che
crescono tra la zona loro assegnata e tutt’altro che fantasiosa di Tamburi, e
quella relativamente migliore e per loro inaccessibile di Taranto Nuova,
significa innanzitutto procedere a un discorso di indignazione
collettiva. Mondocane è a tutti gli
effetti, grazie alla maschera fanta-sociologica e ai richiami più o meno
diretti alla tetralogia di Mad Max, o a 1997:
Fuga da New York, un film di grave denuncia. La sua forma, che mescola
l’azione violenta al romanzo di formazione, è perciò sintomatica del contenuto.
E aiuta a comprendere meglio come serie emblematiche quali Gomorra o Suburra interpretino
piuttosto l’allucinazione dell’oggi e trasfigurino il realismo in
una modalità che rasenta l’apologo capovolto di un “mondo-cane” non invisibile.
Anche il protagonista di Dogman, occorre ricordarlo, con
la specifica sua professione enunciata nel titolo, dunque molto allusiva, ha
ribadito il concetto di fondo che Mondocane dispiega.
Dove la scelta di affidare a un attore-personaggio carismatico come Alessandro
Borghi il compito di convogliare in veste di cattivo leader dalle
maniere suadenti l’immaginario in un alveo che coniuga la suburra romana alla
diuturna, fatale e irrisolta tossicità ambientale tarantina, conferma l’idea
preliminare. Quella cioè di un gioco di squadra tutto italiano tra generi,
titoli, piccolo e grande schermo, dove lo sdegno si fa location e i luoghi
comuni a loro volta provocazione a tutto campo.
Vedendo Mondocane,
insomma, la memoria, oltre a viaggiare nel tempo cinematografico dei modelli
omaggiati, lascia intendere come mai opere diverse ma concomitanti, da La
paranza dei bambini a La terra dell’abbastanza,
da Gomorra a Suburra, film e
serie, quindi da Favolacce a La terra dei
figli, lancino un segnale d’allarme differenziato ma coerente,
inequivocabile e trasversale. Da non sottovalutare, bensì decifrare e
approfondire tra spazio, tempo, miscele di linguaggi parlati locali e
nazionali, stili collettivi e modelli produttivi.
…Lo spirito è a suo modo politico. La terra in cui tutti
vorrebbero scappare è l’Africa, dunque la provocazione è servita. Roma è
l’immagine opaca di una metropoli che ha avuto un’aura magica ormai perduta. E
il terreno di battaglia è Taranto, una città da tempo lacerata e terreno di
malavita. Mondocane suona come l’ultimo avvertimento. Nel
futuro immediato a pagare il prezzo più alto potrebbe essere ogni individuo,
senza distinzione tra buoni e cattivi.
Nella sua essenza tribale, anarchica, la vicenda riscopre
di tanto in tanto i sentimenti di fratellanza, famiglia, ascesa e caduta, in un
luogo in cui non c’è più spazio per il domani, anche se si è giovani. La regia
di Celli è solida, la voglia di plasmare immaginari tipici degli schermi
d’oltreoceano è dichiarata, rivissuta con sguardo sincero.
…Quello di Mondocane è
un universo rassegnato, pessimista come il genere richiede; un'ambientazione
che incuriosisce, in cui Roma non è più la capitale, in cui dopo la
"grande evacuazione" al massimo si può scappare in Africa, eppure la
macchina da presa non si muove dagli scorci stranianti di Taranto vecchia e
nuova. La prima senza legge, con le sue tribù di guerrieri e i suoi mezzi
d'assalto blindati, la seconda quasi distopica nel voler ricreare una normalità
da vignetta che nasconde le storture del sistema.
Al suo meglio il genere post-apocalittico catapulta verso il parossismo le
inquietudini del presente, e in questo Mondocane centra
l'obiettivo, declinando la storia travagliata della città, l'eredità
industriale, la geografia unica e le vicende dell'Ilva in un racconto d'azione
che affonda le radici nel reale e fa tappa in luoghi significativi come il
rione Tamburi e la Cittadella. In più lo fa abitando il suo mondo distopico con
la sicurezza di chi non deve spiegarlo eccessivamente (talvolta al limite
dell'incomprensibile per quanto riguarda il funzionamento di questa nuova
società).
Fotografia e regia tengono bene il passo di un
progetto ambizioso, regalando anche un finale particolarmente intenso. Qualcosa
in più andrebbe però chiesto alla sceneggiatura, un po' scarna nella struttura
di base, e all'incostante recitazione. Borghi è a suo agio nel ruolo di un
cattivo con il fervore didattico del maestro, e Barbara Ronchi gli fa da
contraltare sul lato opposto della legge. Sono i giovani però il cuore del
film, con i volti d'altri tempi dei protagonisti Dennis Protopapa e Giuliano
Soprano a fare il grosso del lavoro, e con il contributo decisivo della piccola
star Ludovica Nasti, già famosa per L'amica geniale e qui alla conferma.
Film temerario e a suo modo di rottura, che come Testacalda vuole "fare la
guerra", Mondocane mette il cinema nostrano di fronte a
domande spesso rimaste inespresse, e ci spinge a chiederci come alzare il
livello della narrazione di genere una volta deciso di affrontarla. Le risposte
non gli competono, ma il suo spirito baldanzoso è sufficiente a farci
riflettere.
Celli ha il coraggio di osare proponendo una distopia non troppo
distante dalla realtà , in cui Taranto è una città devastata, falcidiata
dall'attività di un acciaieria che, come un orribile mostro, non solo è
responsabile della crisi ambientale evidenziata nel film, ma la domina e ne
ridefinisce lo Skyline. In questo contesto di squallore e contaminazione
ambientale il regista racconta la storia di due ingenui adolescenti e della
loro amicizia, del loro tentativo di scalata del crimine, e lo fa azzeccando atmosfere,
personaggi e movimenti di macchina. Alcune istantanee rimangono nella memoria e
testimoniano il talento visionario di Celli che ci mostra una Puglia ma così
arida, ma al tempo stesso bellissima ( tutte le scene girate fuori dalla zona
contaminata). Purtroppo il film risulta poco compatto nella fase centrale e
perde un po' il ritmo, tuttavia "Mondocane" è un opera di indubbio
valore e tecnicamente di livello che merita senz'altro una visione.
…Peccato che questa brillantezza di intuizioni, a cui corrisponde un
indubbio sforzo in sede di costruzione dei contesti, valorizzati da una
fotografia davvero notevoli, vengano sviliti da una storia piena zeppa di
luoghi comuni e di banalità, all'interno della quale si muovono personaggi
davvero deboli e così sopra le righe, da risultare caricaturali.
Primo fra tutti, spiace ammetterlo ma è plateale, il Testacalda
di Alessandro Borghi, personaggio davvero risibile e
afflitto da una gestualità e da vezzi insopportabili che lo rendono una
macchietta già subito dopo i primi minuti in scena.
Ma anche i due ragazzini, pur bravi e ispirati (il biondo dalla voce
cupa interessante Dennis Protopapa e
il moro condizionabile Giuliano Soprano),
risultano afflitti dal vittimismo e dalla prolissità che imperversa nella
costruzione dei rispettivi personaggi e dei contesti attorno ai quali costoro finiscono
per interagire.
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