domenica 5 marzo 2023

Tutto in un giorno (En los márgenes) - Juan Diego Botto

Penélope Cruz Luis Tosar sono gli straordinari interpreti di un cinema civile di cui si ha sempre bisogno.

l'economia dell'homo homini lupus è un moloch che distrugge tutto quello con cui ha a che fare, non è economia civile, né economia sociale.

lo sanno i poveracci espulsi dalle loro case, perché non riescono a pagare l'affitto o le rate del mutuo, e lo sfratto (in spagnolo si chiama desahucio), con tanto di polizia per eseguirlo, nonostante le manifestazioni di solidarietà.

nel film ci sono alcune storie che si incrociano, sempre in situazioni di disagio, Penélope Cruz sarà (forse) sfrattata, Luis Tosar è un avvocato che fa i salti mortali per salvare qualcuno qualche volta (è un giusto), a costo di trascurare la sua vita familiare.

non è un film perfetto, ma necessario, andate e guardatelo tutti (lo si trova in un'ottantina di sale, sicuramente grazie alla fama di Penélope Cruz).

buona (senza sfratto) visione - Ismaele


PS: recentemente sono usciti Antidisturbios, una produzione spagnola di Rodrigo Sorogoyen, e Il legionario, un film italiano di Hleb Papou, due film di poliziotti e sfratti.


 

È nota ormai l’ambiguità, così come la scelta molto spesso poco funzionale delle traduzioni italiane rispetto a titoli cinematografici esteri. In qualche caso si tratta di una strategia perlopiù legata al marketing e alla promozione – scioccamente – accattivante del prodotto film, che altrimenti rischierebbe di apparire differente. In qualche altro caso invece la traduzione vorrebbe amplificarne ed evidenziarne il contenuto, come a voler accompagnare il pubblico ad una semplificata comprensione di ciò che vedrà in seguito. Non tutte le traduzioni italiane hanno giovato alla fama e alla promozione di un film, escluse rarissime eccezioni. Nel caso dell’esordio alla regia di Juan Diego BottoTutto in un giorno, si ha la conferma di quanto a volte – e sempre più spesso – i titoli nostrani possano privare di contenuto e simbolismo un film estero che a partire dal titolo vorrebbe comunicare molto direttamente con lo spettatore. Ecco dunque la distanza tematica chiarissima e immediata tra: Tutto in un giorno e En los márgenes

Tutto in un giorno è un esordio interessante, considerando soprattutto il linguaggio e discorso registico che non produce o crea distacco tra la macchina da presa, il contesto in cui si muove e gli individui che racconta, come molto spesso accade invece nel cinema dell’oggi e non solo, restando estremamente vicino ai corpi e ai volti, come a voler indicare, comunicare e sottolineare una condizione eterna di invasione e ingresso violento da parte di forze altre – ed esterne – nella vita degli individui. Lo spettatore si ritrova infatti a vivere questa condizione, subendola e perpetrandola al tempo stesso, perciò consapevole di una fragilità umana capace di produrre gesti ed emozioni contrastanti, inarrestabili e sorprendenti.

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Come è stato giustamente scritto, Tutto in un giorno ha la forza e l’afflato sociale di un film di Ken Loach o di Mike Leigh. O, ancora dei film Stéphane Brizé con Vincent Lindon. Tutto in un giorno è una storia politica, ma è anche una storia umana. Perché, come si diceva, tutto è politico. E le condizioni sociali ed economiche si rifrangono su quelle personali. Tutto in un giorno, in fondo, è un film sulle famiglie. La famiglia di Azucena e suo marito, che litigano perché i due hanno modi diversi di affrontare le cose. La famiglia di Raul, che allo stesso tempo si unisce e si divide: l’uomo sembra perdere la compagna di vita, che non sopporta il fatto di vederlo continuamente preso dal suo lavoro; ma, allo stesso tempo, il figlio acquisito sposa le sue cause e comincia a provare empatia per gli altri. E, finalmente, dopo aver sempre detto che è il patrigno, lo chiama finalmente, “padre”. E poi c’è la famiglia di quell’anziana signora, che vive nell’assenza, nel ricordo, nell’attesa: la donna apparecchia sempre la tavola da pranzo per tre, per il marito che è venuto a mancare e per il figlio che non vede da tempo, anche se è da sola…

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È un film che fa riflettere, che non si cura di compiacere lo sguardo di chi guarda né si sforza di essere consolatorio, va giù dritto a raccontare una realtà durissima, scomoda, saltando ogni tentazione di retorica e limitandosi a mettere in scena con  sobrietà, ma anche un tocco di grande umanità, storie di vita quotidiane. C'è di base l'intento dichiarato di mostrare come una situazione di grande stress economico possa mettere a repentaglio tutto: relazioni di coppia e familiari, certezze personali, persino la voglia di andare avanti. Cruz che grida "Vergogna" a fine film si fa portavoce di tutti coloro che, con estrema dignità, tentano di tirare avanti ogni giorno, come posso, meglio che possono, malgrado le immense difficoltà economiche e non solo che infestano le loro, le nostre, esistenze.

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Personaggi che si incrociano come le vite nelle strade delle città. Botto non risolve, ma racconta con l’occhio di un realismo filtrato dalle aspirazioni di Rafa che diventa il baricentro del racconto, crocevia di varie esistenze e impotente spettatore di un mondo che va in rovina, incapace, a differenza del Locke di Steven Knight, di organizzare con completezza la sua vita. Tutto in un giorno diventa un film sulle sconfitte, sulla dissoluzione familiare dovuta anche al sistema, oscuro e impenetrabile, senza volto che dal potere politico a quello economico-finanziario schiaccia e distrugge tutto e tutti quelli che non possono rispettarne le regole. Tra Kafka e il Philippe Lioret di Tutti i nostri desideri, con il filtro politico di Loach e la bravura imperiosa di Penélope Cruz e quella rassegnata di Luis Tosar.

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hablar del trabajo de Penélope Cruz y Luis Tosar es imperativo. La primera, de la que poco más podemos decir que no se haya dicho ya, convierte el dolor en algo palpable, que casi se puede tocar y respirar a través de cada mirada, cada lágrima y cada hilo de voz. Inmensa. El segundo, un despliegue de fuerza y sensibilidad, tan enterrado en la urgencia como en la búsqueda de algo más. Dos interpretaciones que si bien no dan totalidad, sí contexto a una obra que bebe de manera orgánica de lo coral pero que se fundamente en la transformación, en la capacidad de dar forma a las motivaciones individuales de sus personajes y que encuentra en Cruz y Tosar a sus motores…

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