lunedì 28 novembre 2022

Tori e Lokita - fratelli Dardenne

ogni tanto di sente parlare del fenomeno migratorio come se fosse un'invasione di orde di unni che vogliono rubarci tutto.

poi si va a vedere Tori e Lokita, e si scopre la faccia degli "invasori", Tori e Lokita sono due di quegli invasori, che cercano un posto nel mondo, ma sono umiliati e offesi ogni momento.

Tori e Lokita sono due persone che hanno scelto di essere unite, contro vento e marea, subendo di tutto, ma cercando una via d'uscita.

Lokita vorrebbe diventare una collaboratrice domestica, magari un'infermiera, e vivere con Tori, ma della gentaglia sia africana che belga li sfruttano, gli rubano i (pochi) soldi e la gioventù.

non è il miglior film dei fratelli Dardenne, il nostro mondo visto e vissuto dai bambini, da Tori e Lokita, ma come sempre è un film necessario.

buona visione (in una delle trenta sale dove si può vedere) - Ismaele


 

 

 

… Una fiaba al contrario, formalmente sorretta da una macchina da presa nervosa ma non distratta, che tratteggia l’intimità dei protagonisti non nascondendo(si) niente, assolutamente niente, dei tanti abusi, piccoli e grandi, che lastricano la corsa a ostacoli verso l’accoglienza. La violenza del film è implicita, più suggestione che esposizione morbosa. Gli spazi bianchi lasciati all’immaginazione aggiungono un surplus di asprezza, va tenuto conto che nel caso di Lokita, giovane donna, si aggiunge un abuso in più e una violazione in più.

Il cinema dei fratelli Dardenne è umanità e umanesimo. Coniuga realismo sociale e verità dei sentimenti, empatia e rigore formale. Se la proposta cinematografica dei due fratelli ha forse perso negli anni parte della radicalità originaria, non è venuta meno la voglia di stare in mezzo alle cose e alle persone. Un cinema realista ma d’eredità chapliniana, un Chaplin arrabbiato che non ha nessuna voglia di far ridere, lì dove la dolcezza dello sguardo posato sui cosiddetti ultimi fa da contraltare alla durezza degli esiti. Ecco, se è vero che tutto il cinema di Jean-Pierre e Luc Dardenne sta nell’immagine che apre Tori e Lokita, è un’esagerazione ma corretta da uno spiraglio di verità, forse quello che manca oggi, al film e più in generale alla visione d’autore del duo, è la capacità di dare un volto e un corpo alla voce fuori campo. C’è un fondo d’umanità anche nei toni algidi di chi respinge i bisogni dei due protagonisti. Il film guarda in faccia la violenza, il resto è opaco. Per un cinema che sa guardare lontano, ci si potrebbe spingere anche oltre.

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La película funciona sobre todo gracias a las poderosas interpretaciones de los dos jóvenes protagonistas, que con sus miradas se comen la cámara. Los directores no pretenden ser crueles con lo que están contando, solo nos muestran la cruda realidad y lo hacen con una narrativa sencilla y pocos diálogos. La parte final es claramente un grito de emergencia y un alegato sobre las políticas migratorias. Su visionado merece mucho la pena.

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Nella storia del cinema i due registi il loro capitolo lo hanno scritto, però oggi opere di questo genere sembrano un pò stanche, senza sbocchi, bisognose di voci nuove.

Così questo Tori e Lokita, girato con più mestiere che passione, capace come sempre di portarsi dietro lo spettatore ma stavolta anche di perderlo quando la camera si ferma (come nella faticosa parte con Lokita segregata nel seminterrato).

 

Film di servizio scritto bene girato benissimo, ma le storie e i personaggi che restavano nel cuore sono ormai un ricordo; ripesca una nostra canzone (Alla fiera dell’est) che diventa il giusto tema del film, ma anche il finale risulta tutto pianificato a tavolino.

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In un film dalla schiena dritta, che cede raramente alla retorica, stona un po’ il finale che ne esplicita a piena voce, quasi gridandolo, l’afflato umanitario più che condivisibile ma già ampiamente assorbito nel corso della via crucis dei protagonisti. Ciò che guasta la visione, una volta che lo schermo è tornato alla sua opacità originale, è allora la sensazione di una programmaticità eccessiva, come se la lunga sequela di avversità non fosse altro che la dimostrazione di una tesi decisa sin dall’inizio e ogni piccola divagazione – invero ben accetta – venisse richiusa in fretta per evitare di perdere il bandolo della matassa.

Ben inteso, non ci troviamo dalle parti del film con messaggio incorporato o peggio ancora del cinema d’impegno (all’italiana, magari, ad aggiungere ignominia), i Dardenne hanno sempre saputo quello che fanno. E tuttavia, purtroppo, unito alla prevedibilità e alla meccanicità della trama, tutto ciò fa sì che resti l’amaro in bocca per qualcosa che sarebbe potuto essere più appassionante, se gli autori avessero accettato di dare spazio a qualche artificio o all’imprevisto, così come accade nella vita.

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in Tori e Lokita tutto quello che può andar male ci andrà, in una catena impossibile da spezzare fatta di scelte avventate immerse in un contesto completamente ostile. Ma, appunto, difficile dire che il film non sia riuscito o non raggiunga gli obiettivi che si pone. Il problema semmai è che, per quanto i Dardenne abbiano ripreso aria con Tori e Lokita dopo essere giunti un po’ sfiatati agli ultimi film, resta un senso di programmaticità eccessivo, una tensione esagerata per dimostrare una tesi (per quanto giusta, ovviamente, visto che il film parla di quanto poco siamo accoglienti in Europa) che in fondo è ben sintetizzata dalla canzone di Angelo Branduardi Alla fiera dell’Est, che i due protagonisti cantano in italiano, avendola imparata in Sicilia dove sono inizialmente sbarcati. Anche nel film arriva il bastone che picchia il cane che morse il gatto che si mangiò il topo: il solo ordine riconosciuto, per loro, sarà quello della forza, del più “grande” che divora il più piccolo. Ma la domanda circa i Dardenne resta: si può fare cinema per decenni senza cambiare mai, seguendo sempre la strada tracciata? Il che non significa non perdere la propria identità (sulla Croisette si è appena visto il nuovo film di Cronenberg, che ha mutato pelle e stile tante volte senza mai perdere la propria salda chiarezza concettuale e la propria teoresi), ma proprio non ripensarsi mai, seguire una formula collaudata fatta di contenuti molto simili raccontati in modi molto simili. Magari con risultati alterni e dunque anche discreti o buoni come questo Tori e Lokita, il miglior film dei Dardenne da anni. Ma è sufficiente?

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2 commenti:

  1. sì, però... i Dardenne di film "necessari" ne hanno fatti tanti, e questo è quello più debole. Stereotipato e mancheo, non mi ha smosso niente sebbene l'argomento sia importante. Ma sul tema sono stati girati film decisamente migliori di questo (per me)

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    1. certo, non sarà nei film più forti dell'anno, è molto manicheo, e quindi più "facile", ma va sempre bene.
      ho letto, anche su imdb, che producono film di giovani autori, attività meritoria, e se son rose fioriranno

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