un padre e un figlio, una mamma disperata, una minaccia criminale, mors tua vita mea, una grande sorpresa finale.
un'americanata francese che non delude gli amanti del cinema tutto di corsa, attori bravi, bambino compreso.
buona (polar) visione - Ismaele
…Senza discostarsi dallo spirito poliziesco
della sua antecedente produzione cinematografica, Cavayé realizza con Mea Culpa un thriller ancora più rapido, crudo e
violento dei precedenti. Scene di lotta e inseguimenti rocamboleschi si
avvicendano in un caotico e coerente flusso di reazioni a catena fino al
“duello finale” che permetterà a tutti i differenti piani della narrazione di
confluire e intersecarsi, ridisegnando così una nuova trama, riveduta e
corretta per entrambi i protagonisti. Realizzato con esperienza e intelligenza, Mea Culpa è un prodotto cinematografico di
intrattenimento assolutamente ben confezionato (che nulla ha da invidiare alle
produzioni action di Hollywood). Privilegiando lo stile al
contenuto e giocando egregiamente tra generi, Cavayé fa confluire a tratti il
noir nel melodramma e il poliziesco nel thriller, confermandosi, con Olivier
Marchal, tra i registi più di talento dell’odierno cinema d’azione francese.
…Convincono i due attoroni
francesi protagonisti: Vincent Lindon e Gilles Lellouche. Il primo in
particolare stupisce per l’abilità con cui mette in scena la durezza e il
tormento di un personaggio dal passato tormentato, proprio come i migliori
anti-eroi da film noir. Il secondo lo spalleggia con mestiere, senza mai
rubargli la scena.
Mea culpa è quindi
uno di quei film che, pur indossando più maschere e costumi di genere, sceglie
di privilegiare lo stile al contenuto, cosciente di come l’ingerenza del primo
possa compensare il secondo. In fin dei conti, il cinema è anche questo:
mixage, equilibrio, capacità di tenere in pari l’ago della bilancia.
Se c'è un genere in cui i film francesi non mi deludono mai,
sono i "polar", un po' la loro versione, più raffinata, dei nostri
"poliziotteschi" degli anni settanta. I registi francesi che vi si
cimentano, non sbagliano praticamente mai un colpo. Cavayé, poi, sceglie i volti
perfetti del grande Vincent Lindon e del bravo Gilles Lellouche, scavati il
giusto, facce da pugni e disperazione in ogni ruga, e aggiunge una presenza
femminile importante, nella bellissima attrice libanese Nadine Labaki, già
protagonista di "Caramel". Insomma, per fare dei buoni polar ci
vogliono buone facce, un po' come per fare i buoni western, di cui, in fondo,
sono una versione moderna e virata di notte e pioggia. "Mea Culpa" è
un film portentoso, di una forza spaventosa, con una storia di tradimenti,
redenzioni e amicizie virili, tutto piuttosto tipico, che non concede un attimo
di tregua, e ha, nel suo svolgersi, almeno due sequenze memorabili,
specialmente quella finale, sul treno. C'è azione, certo, ma mai superficiale o
tanto al chilo, proprio per la bravura dei protagonisti, e dello sceneggiatore,
nel dare parecchio spessore ai loro personaggi. C'è, come sempre, una sottile
patina di malinconia e di sconfitta che aleggia per tutta la durata del film,
che davvero fila spedito e sicuro fino allo splendido finale. Il regista, nella
sua bravura, è capace di "scomparire" nelle scene più importanti, e
questo è un punto importante a suo favore, rispetto all'egocentrismo di altri
colleghi molto più quotati. Niente, nessun punto debole: purissimo Cinema. Da
recuperare assolutamente.
5 raisons pour lesquels le
troisième film de Fred Cavayé est un authentique film de merde.
1. Fred Cavayé semble déterminé à transposer tous les
stéréotypes et les vices du nanar hollywoodien dans un paysage de téléfilm
français, y compris la promotion de l’auto-justice et de la loi du talion.
2. Dans la même idée, le film est baigné d’une misogynie
crasse. C’est simple, il n’y a que deux personnages féminins : le premier est
une ex-femme ingrate, le deuxième une pute.
3. Mea Culpa « bénéficie » en outre de
l’interprétation monolithique et crispée de Vincent Lindon (acteur généralement
des plus intéressants et fins) qui sait probablement qu’il est dans un navet
mais s’en fout, voire s’en amuse.
4. Incroyable mais vrai : ce cinéma binaire, principalement
constitué de gentils et de méchants qui se poursuivent et se tapent dessus
passe pour un chantre d’obsessions d’auteur auprès de certains crétins de la
critique.
5. En bonus, un ultime effet de manche scénaristique, livré
dans un flashback à la truelle, qui se veut touchant et inattendu mais qui n’est
que pathétiquement grotesque.
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