mercoledì 16 novembre 2022

Mea culpa - Fred Cavayé

un padre e un figlio, una mamma disperata, una minaccia criminale, mors tua vita mea, una grande sorpresa finale.

un'americanata francese che non delude gli amanti del cinema tutto di corsa, attori bravi, bambino compreso.

buona (polar) visione - Ismaele


 

 

Senza discostarsi dallo spirito poliziesco della sua antecedente produzione cinematografica, Cavayé realizza con Mea Culpa un thriller ancora più rapido, crudo e violento dei precedenti. Scene di lotta e inseguimenti rocamboleschi si avvicendano in un caotico e coerente flusso di reazioni a catena fino al “duello finale” che permetterà a tutti i differenti piani della narrazione di confluire e intersecarsi, ridisegnando così una nuova trama, riveduta e corretta per entrambi i protagonisti. Realizzato con esperienza e intelligenza, Mea Culpa è un prodotto cinematografico di intrattenimento assolutamente ben confezionato (che nulla ha da invidiare alle produzioni action di Hollywood). Privilegiando lo stile al contenuto e giocando egregiamente tra generi, Cavayé fa confluire a tratti il noir nel melodramma e il poliziesco nel thriller, confermandosi, con Olivier Marchal, tra i registi più di talento dell’odierno cinema d’azione francese.

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Convincono i due attoroni francesi protagonisti: Vincent Lindon e Gilles Lellouche. Il primo in particolare stupisce per l’abilità con cui mette in scena la durezza e il tormento di un personaggio dal passato tormentato, proprio come i migliori anti-eroi da film noir. Il secondo lo spalleggia con mestiere, senza mai rubargli la scena.

Mea culpa è quindi uno di quei film che, pur indossando più maschere e costumi di genere, sceglie di privilegiare lo stile al contenuto, cosciente di come l’ingerenza del primo possa compensare il secondo. In fin dei conti, il cinema è anche questo: mixage, equilibrio, capacità di tenere in pari l’ago della bilancia.

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Se c'è un genere in cui i film francesi non mi deludono mai, sono i "polar", un po' la loro versione, più raffinata, dei nostri "poliziotteschi" degli anni settanta. I registi francesi che vi si cimentano, non sbagliano praticamente mai un colpo. Cavayé, poi, sceglie i volti perfetti del grande Vincent Lindon e del bravo Gilles Lellouche, scavati il giusto, facce da pugni e disperazione in ogni ruga, e aggiunge una presenza femminile importante, nella bellissima attrice libanese Nadine Labaki, già protagonista di "Caramel". Insomma, per fare dei buoni polar ci vogliono buone facce, un po' come per fare i buoni western, di cui, in fondo, sono una versione moderna e virata di notte e pioggia. "Mea Culpa" è un film portentoso, di una forza spaventosa, con una storia di tradimenti, redenzioni e amicizie virili, tutto piuttosto tipico, che non concede un attimo di tregua, e ha, nel suo svolgersi, almeno due sequenze memorabili, specialmente quella finale, sul treno. C'è azione, certo, ma mai superficiale o tanto al chilo, proprio per la bravura dei protagonisti, e dello sceneggiatore, nel dare parecchio spessore ai loro personaggi. C'è, come sempre, una sottile patina di malinconia e di sconfitta che aleggia per tutta la durata del film, che davvero fila spedito e sicuro fino allo splendido finale. Il regista, nella sua bravura, è capace di "scomparire" nelle scene più importanti, e questo è un punto importante a suo favore, rispetto all'egocentrismo di altri colleghi molto più quotati. Niente, nessun punto debole: purissimo Cinema. Da recuperare assolutamente.

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5 raisons pour lesquels le troisième film de Fred Cavayé est un authentique film de merde.

1. Fred Cavayé semble déterminé à transposer tous les stéréotypes et les vices du nanar hollywoodien dans un paysage de téléfilm français, y compris la promotion de l’auto-justice et de la loi du talion.

2. Dans la même idée, le film est baigné d’une misogynie crasse. C’est simple, il n’y a que deux personnages féminins : le premier est une ex-femme ingrate, le deuxième une pute.

3. Mea Culpa « bénéficie » en outre de l’interprétation monolithique et crispée de Vincent Lindon (acteur généralement des plus intéressants et fins) qui sait probablement qu’il est dans un navet mais s’en fout, voire s’en amuse.

4. Incroyable mais vrai : ce cinéma binaire, principalement constitué de gentils et de méchants qui se poursuivent et se tapent dessus passe pour un chantre d’obsessions d’auteur auprès de certains crétins de la critique.

5. En bonus, un ultime effet de manche scénaristique, livré dans un flashback à la truelle, qui se veut touchant et inattendu mais qui n’est que pathétiquement grotesque.

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